terça-feira, novembro 28, 2006

Capitulo 19 : La degustazione visiva


LA DEGUSTAZIONE VISIVA

Il primo contatto con il vino è l’ esame visivo che dovrà analizzare sia il colore che la limpidezza.
Il vino va “ guardato “ nelle migliori condizioni di luce possibili, cioè con la luce naturale oppure in un ambiente a luce indiretta ma sufficientemente chiara.
Vetri colorati o tubi al neon possono modificare anche di molto la reale situazione, così come i bicchieri lavorati artisticamente o colorati.
Nelle condizioni ideali si possono valutare la fluidità e la limpidezza di un vino, determinarne con esattezza il colore nonché le varie tonalità cromatiche.
Operazione, quest’ ultima, che si effettuerà inclinando il bicchiere in controluce, osservando la superficie del liquido.
Come dare quindi un primo giudizio a quel vino solo osservandolo ?
In primo luogo cerchiamo di analizzare la veste che è l’ aspetto di un vino : quando ci trasmette una impressione di potenza, il vino sarà dotato di buona intensità, al contrario una veste tenue ci induce a una impressione negativa che si ripercuoterà anche sulle analisi successive ( olfattiva e gustativa ).
L’ intensità del colore di un vino è dovuta all’ abbondanza di pigmenti coloranti e si valuterà con uno spessore di luce normale ( né direttamente verso il sole ma neanche verso una luce molto tenue ) e in funzione del tipo di vino che esamineremo.
Ognuno di loro infatti ha le proprie caratteristiche e non possiamo pretendere di trovare la stessa intensità di colore in un Barolo e in un Lambrusco.
La graduazione dell’ intensità parte da incolore, passando per pallido, chiaro, carico, scuro, cupo, denso, fino a raggiungere il massimo livello che è intenso.
In ogni tipo di tinta, l’ intensità rispecchia la qualità di un vino, evidenziando il tipo di vinificazione e il futuro di quel vino analizzato.
Quando il colore è molto tenue può significare che il vino è leggero e di breve invecchiamento, ma anche di una annata mediocre.
Le cause possiamo trovarle in una vinificazione non corretta, uve ancora non sufficientemente mature, annata piovosa, mancata estrazione dei pigmenti coloranti, viti ancora giovani o resa elevata dell' uva per ettaro.
Quando al contrario il colore è vivace e intenso, significa che ci troviamo generalmente di fronte a un buon vino con un futuro promettente.
In questo caso la resa per ettaro sarà quella giusta, l’ estrazione dei pigmenti coloranti corretta, annata climatica felice, buona maturazione delle uve, viti di età matura e vinificazione ben eseguita.
Altro fattore determinante nella analisi visiva di un vino è la limpidezza.
Questa, denominata anche chiarezza, non ha nulla a che fare con l’ intensità del colore.
Può essere limpido anche un vino rosso violaceo scuro.
La forma più corretta per esaminare la limpidezza di un vino è collocare un bicchiere davanti a una fonte luminosa e sopra un panno scuro.
Quando presenti, gli elementi torbidi del vino appariranno distintamente.
La limpidezza di un vino comprende vari termini e parte da feccioso, opaco e torbido ( per vini svinati recentemente ), per passare a velato, lattiginoso, opalescente ( vini molto probabilmente affetti da una malattia batterica ) e raggiungere i livelli più desiderabili che sono trasparente, limpido e cristallino.
In questo tipo di analisi gli specialisti attribuiscono il livello massimo a un vino che in trasparenza presenta la limpidezza di un cristallo puro, senza la minima imperfezione.
Ulteriore analisi è quella della brillantezza del vino, cioè la sua proprietà di riflettere la luce, come se fosse una pietra preziosa.
Quest’ analisi dovrà essere effettuata collocando il bicchiere su di un panno bianco, alla luce naturale ed esaminando la superficie del vino nel bicchiere.
Quando il colore è brillante può anche non essere totalmente trasparente, ma mai presenterà particelle in sospensione o velature.
La scala dei termini che compongono l’ analisi della brillantezza partono da opaco, per passare a spento, chiaro, luminoso, lucente, brillante, fino a scintillante.
Per quello che riguarda la fluidità le considerazioni che seguono sono più utili a chi vuole diventare degustatore di professione che per chi è un semplice amatore.
Ma anche in quest’ ultima ipotesi è bene porre attenzione a certi particolari che possono porre sulla direzione giusta per farsi una opinione completa e corretta di un vino.
Passo quindi a riassumere la scala dei termini che racchiude la definizione di fluidità.
Si dice che un vino è fluido quando, versandolo, scorre con molta scioltezza e facilità.
È scorrevole se scende dalla bottiglia con una certa agilità che può essere notata rapidamente.
Diventa invece spesso e glicerico quando, per l’ elevata percentuale di zuccheri, scende dal collo della bottiglia quasi come uno sciroppo, cioè lentamente.
Il vino è infine oleoso e vischioso quando non scorre e resta compatto come se fosse olio : in questi casi il vino è difettoso o malato e bisogna accertarsi se è bevibile oppure no.
Quando lo facciamo ruotare, sulle pareti del bicchiere il vino lascia delle tracce a forma di arco che colano più o meno lentamente : sono i cosiddetti “ archetti “ o “ lacrime “.
In genere indice di qualità, questa caratteristica dipende dalla presenza di glicerina ed è più o meno intensa a seconda della gradazione alcolica.

È il tenore di alcool infatti a modificare la tensione superficiale.
In un vino in buona salute, quindi lacrime abbondanti che scendono lentamente, stanno a evidenziare l’ alto tenore alcolico.
Ultima analisi visiva, quella più classica e in certa forma la più semplice, è il colore del vino.
Le varie tonalità del colore hanno sempre un significato relativo alla età, alle tecniche di vinificazione, allo stato di conservazione del vino e al suo apogeo.
Nel corso dell’ invecchiamento, breve o lungo che sia, bisognerà prestare attenzione all’ eventuale rischio di ossidazione che è l’ alterazione del colore causata dal contatto con l’ ossigeno presente nell’ aria.
Del tutto normale nei vini che raggiungono il loro apogeo, questo fenomeno può diventare sospetto quando lo si riscontra in vini ancora giovani e destinati a un ben più prolungato invecchiamento.
Le cause possono essere molteplici : tra queste si distinguono una non corretta vinificazione da parte del produttore o un tappo difettoso.
Quando la quantità di ossigeno in botte o in bottiglia è elevata, il vino evolverà troppo rapidamente, affaticandosi, senza rispettare il giusto processo.
Riscontreremo quindi nei bianchi il colore ambrato o mogano, nei rosati il mattone, il buccia di cipolla intenso o il bruno, e nei rossi il ruggine o il marrone.
Ricordiamoci in ogni caso che queste tonalità non sempre sono dei difetti : dipenderà dalla tipologia di vino o dalle caratteristiche del suo vitigno principale.
Nella peggiore della ipotesi, provvedere al rapido consumo della bottiglia sarà la miglior soluzione.
*
I vini bianchi possono essere di vario tipo.
Cominciamo quindi dalle tonalità più chiare, continuando fino a quelle più intense.

- BIANCO CARTA : caratteristica di un vino molto giovane, con moderna vinificazione in tino ;

- GIALLO PAGLIERINO CON : vino giovane o molto giovane dove il giallo si avverte appena e, in
RIFLESSI VERDOLINI
trasparenza, si notano i riflessi verdi. Questa caratteristica è propria
dei grandi vini. Il giallo chiarissimo sta a significare una tonalità
pregevole : denota perfetto stato di conservazione, vinificazione

accurata e doti di freschezza ;

- GIALLO PAGLIERINO : colore che si nota velocemente e corrisponde a vini deivati da vitigni
SCARICO con uve di colorazione più accentuata ;

- GIALLO CHIARO
: normale per alcuni bianchi, in altri può denotare un eccessivo
invecchiamento o vinificazione non perfettamente eseguita.
Importante è che un vino, per quanto riguarda il colore, corrisponda sempre
al suo prototipo. Bisogna tenere conto in questo che il vino varia anche
anche di colore, da annata a annata, però sempre entro certi limiti ;


- GIALLO PAGLIA O : vino maturo, vinificato forse in botti di legno. Questo colore è tipico di
GIALLO ORO vini ottenuti da uve molto mature, per lo più provenienti dal Sud ;

- GIALLO ORO ANTICO
: vino già vecchio. È una caratteristica che si riscontra prevalentemente nei
vini da dessert, molti dei quali ottenuti da uve lasciate appassire. Non può
in alcun caso essere una caratteristica di vini giovani, freschi e secchi ;


- GIALLO AMBRATO
: anche questo colore è la tonalità che caratterizza di solito i vini passiti e vari
vini da dessert. Il giallo ambrato che ricopre la veste di un vino bianco
leggero da antipasto o da pesce, sta a significare che quel vino
è irrimediabilmente ossidato.

*
Il vino rosato può avere diverse sfumature, con colorazione più o meno intensa, però dovrà sempre essere dotato di una certa vivacità e non presentarsi opaco e spento.


- BUCCIA DI CIPOLLA CHIARA
: i vini rosati con colore caratteristico di buccia di cipolla chiara tendente al rosa, sono provenienti da bucce di uve nere poste a
macerare con il mosto per un tempo relativamente breve ;


- BUCCIA DI CIPOLLA INTENSA
: è un colore che contraddistingue i rosati molto vecchi e che hanno
superato l’ apogeo di maturazione. Nei casi peggiori può essere
anche un segnale di ossidazione ;


- CERASUOLO
: è un caratteristico colore che rammenta la buccia delle ciliegie con
tonalità rosate più o meno accentuate ;


- CHIARETTO
: il Chiaretto è un vino che tende al colore rosso ma è molto trasparente.
Questo colore è dovuto a una macerazione delle bucce nel mosto più
prolungata rispetto ai rosati dotati di colore buccia di cipolla chiara.
*
Grande è la gamma di colorazioni assunte dai vini rossi. Vediamo di ricordarne alcune tra le più diffuse.


- VIOLACEO
: il vino di questo colore indica prevalentemente una origine meridionale, adatto per
essere bevuto da giovane. Presenta riflessi violacei anche nella schiuma.
Questa tinta è eccellente quando presente nei vini novelli, quei vini cioè da bere
tra i 6 e i 18 mesi successivi alla vinificazione ;


- BLUASTRO
: se un vino rammenta il colore dell’ inchiostro stilografico, sta a indicare una
caratteristica completamente negativa. Può essere che ci si trovi di fronte a un
prodotto sofisticato chimicamente ;


- MARRONE
: qualunque sia la tonalità e il genere di vino è sempre da considerare una
caratteristica negativa ;


- VOLPINO
: quando il vino presenta un colore che ricorda quello del pelo della volpe, va tenuto
in sospetto, poiché tale caratteristica non può che essere negativa ;

- ROSSO CUPO
: in genere è un vino molto giovane e ricco di estratti, purché la tonalità, scura fin che
si vuole, si mantenga sempre sul rosso e contraddistinta anche da molta vivacità ;


- ROSSO PORPORA
: il colore cardinalizio, cioè il porpora, un rosso intenso tendente al viola,
è caratteristico di molti vini della Italia centro-meridionale, non molto ricchi di
acidità fissa, ma comunque sempre gradevoli e di ottima beva ;


- ROSSO RUBINO
: è il colore che caratterizza la maggior parte dei migliori vini da pasto e, a seconda
delle tonalità o vivacità, può essere definito rubino brillante, rubino puro o rubino
smagliante. Questo colore si riconosce a prima vista con un minimo di attenzione
e costituisce subito una prima garanzia visiva di piacevole aspetto. Il rosso rubino
contraddistingue vini né giovani né passati. È la tinta ottimale per quei vini che
non vanno bevuti né velocemente, né dopo un lungo invecchiamento
( tra i due e i tre anni ) ;


- ROSSO GRANATO
: è una tonalità che caratterizza vini di corpo, austeri ancora in fase di crescita crescita qualitativa. È un rosso scuro che assomiglia all’ omonima pietra preziosa dalla
quale ha preso il nome. È il colore ottimale per l’ apogeo di quei vini di medio
invecchiamento ( tra i tre e i cinque anni ) ;


- ROSSO MATTONE
: è il colore caratteristico dei grandi vini che raggiungono l’ apogeo con questa tinta
( tra i cinque e i dieci anni ). Questo colore ricorda le terre ferrigne, rivestendo quei
quei vini che sono stati sottoposti a un corretto e accurato processo di
invecchiamento.


Vi ricordo che in tutti i casi le sfumature delle varie tinte le osserveremo sulla superficie del vino collocato nel bicchiere.

In questo caso potremo notare riflessi verdi in un vino bianco ( quando è una caratteristica di quel vino ), oppure riflessi aranciati in un vino rosso rubino.
Vediamo ora di analizzare nel loro colore le tipologie di vino più classiche, cominciando da quelli bianchi.

Un vino bianco dovrà essere di norma limpido e brillante.
La sua trasparenza rivela facilmente ogni possibile impurità, sarà quindi molto facile osservarlo lateralmente per valutarne le buone qualità organolettiche visive.
La superficie del disco dovrà essere lucente ; al contrario il vino risulterà opaco e spento.
Si potrà anche notare lo sprigionarsi di anidride carbonica che in certi vini si manifesta con la presenza di bollicine più o meno piccole.
Un bianco molto pallido sarà il risultato di nuove tecniche di vinificazione altamente tecnologiche, un bianco dalla veste più intensa può essere il risultato di una fermentazione in botti di legno.
Questa diversificazione dovrà essere giudicata in base al vino analizzato : alcuni bianchi infatti
“ devono “ essere bianco-carta, altri giallo paglierino, e cosí via.
Nella fase iniziale della vita di un vino bianco, una componente blu sommandosi al giallo ( che è la componente principale di tutta la gamma dei vini bianchi ) può conferire riflessi verdognoli, verdastri o verdi.
Con il passare del tempo una componente bruna conferirà tonalità dorate.
Quando la componente bruna prende il sopravvento ( sinomino di un avanzato processo di decadenza ) il vino assumerà una tonalità color ambra che può diventare anche ruggine o mogano.
I vini bianchi da invecchiamento o capaci di invecchiare non sono numerosi, ma quando hanno la struttura e l’ equilibrio necessari in collaborazione a vinificazioni particolari in botti, dano origine a prodotti entusiasmanti come lo Chardonnay, il Riesling, o i campani Greco di Tufo e Fiano di Avellino.

Il vino rosato è probabilmente il più stimolante, dal punto di vista visivo, per le papille degustative di chi lo analizza.
La sua intensità, sia tenue che marcante, non deve essere giudicata frettolosamente come una caratteristica negativa.

Quando abbinata al vino rosato giusto può essere in ogni caso una qualità.
Avendo caratteristiche che li accomunano più ai vini bianchi che ai rossi, la luminosità e la limpidezza sono le prerogative necessarie di un buon rosato.
A queste il degustatore avrà cura di definire il colore esatto che può cominciare da buccia di cipolla chiara, passando per rosa pallido, rosa, ciliegia, lampone, fragola, rosa antico, rosa aranciato, albicocca, salmone, corallo, fino alla buccia di cipolla scura o ruggine.

Osservando l’ intensità di colore e la tinta di un vino rosso potremo ottenere rapidamente varie informazioni : l’ età, la densità, la finezza e lo stato di conservazione.
Dopo aver valutato la limpidezza e la trasparenza, dovremo aver cura anche di analizzare la superficie del disco che il vino forma nel bicchiere dove, oltre a risaltarsi la brillantezza, non dovranno essere presenti particelle in sospensione.

Se prestiamo attenzione anche ai bordi del disco potremo notare le varie sfumature che si aggiungono al colore di base del vino.
I vini rossi giovani normalmente presentano una tinta violacea con sfumature bluastre.
Con il passare del tempo il colore del vino perde progressivamente queste tonalità, orientandosi verso tinte più aranciate, in quanto i pigmenti responsabili del colore del vino rosso ( gli antociani ) si combinano con i tannini.
Passeremo quindi a una intensità del colore più tenue e a una tinta che varierà da rosso rubino a granato-mattone, per arrivare alla tonalità mogano che rappresenta l’ apogeo per un grande vino invecchiato.
Nelle fasi successive il vino rosso entra nelle tonalità bluastro, bruno, marrone, segnalando che il vino sta entrando in decadenza o e già ossidato.
Prima di osservare un vino spumante, è gradevole accostare il bicchiere all’ orecchio, ascoltando il simpatico mormorio prodotto dal gas e divertendoci a giudicarlo già con questa diversa tecnica di degustazione.
È interessante notare come in questo caso che la degustazione di un vino, a volte, abbraccia anche il senso dell’ udito.
Come un vino normale, lo spumante verrà analizzato visivamente in base all’ intensità del colore, la tinta (che può variare dal giallo chiaro fino al rosso rubino intenso, passando per molte tonalità ), la brillantezza, la trasparenza, la lucentezza e la vivacità.
Fino a qui differenze sostanziali con gli altri vini non esistono.
Sorgono al momento in cui studieremo la spuma e le bollicine che sono alcuni degli elementi chiave per la classificazione qualitativa di uno spumante.

Operazione questa, va detto, abbastanza complessa.
Innanzitutto va valutato che la pressione del gas dipende dalla tecnica con la quale è stato prodotto lo spumante e dalla temperatura di servizio.
Più un vino è freddo maggiore è la quantità di gas disciolta ; minore quindi la pressione esercitata alla superficie del liquido.

L’ aspetto della spuma dipende più che altro dalla presenza di sostanze tensioattive come le proteine, che favoriscono la formazione e la persistenza.
Quando la spuma primaria scompare, lascerà lo spazio a una sottile corona di bollicine sulla superficie del vino.
Approfitteremo quindi per valutare la consistenza di questa corona, la sua dimensione e la sua durata nel tempo, avendo cura di analizzarla sia con il liquido a riposo, sia dopo una breve rotazione del bicchiere.
Le bollicine dovranno essere analizzate con il seguente criterio : un vino spumante di qualità ne presenta numerose e che si riproducono velocemente, rapidità nel salire verso la superficie e di dimensioni relativamente piccole.

Infine i vini liquorosi dove la veste che presentano è sempre più intensa e profonda che di quella di un vino secco.
Nel momento in cui verseremo un vino liquoroso nel bicchiere ci accorgeremo rapidamente della sua densità, in quanto il liquido forma abbondanti lacrime o archetti sulla parete interna del bicchiere stesso.
Ciò è tipico, come abbiamo già visto, di vini con alto tenore alcolico e ricchezza di zuccheri.
Nel giallo dei vini liquorosi non esistono i riflessi verdognoli tipici dei vini bianchi secchi e giovani.
La tonalità dominante è quella dorata, con sfumature che vanno dall’ oro pallido, passando per il giallo dorato, l’ oro lucido, fino all’ oro antico.

Quando invecchiati i vini liquorosi tendono a diventare ambrati per poi passare a ruggine, bruno e mogano.
Tutte qualità, queste, senza dubbio positive nel caso di vini sottoposti correttamente a un invecchiamento.
La parte della degustazione riguardante l’ analisi visiva è terminata.
In base alle conoscenze organolettiche di un singolo vino e con il ripetersi degli esercizi, ci renderemo conto che nel giro di poco tempo saremo in grado di dare un giudizio spontaneo sulla qualità, solamente “ guardando “ quel vino.
Giudizi, una volta espressi, che si avvicineranno automaticamente sempre di più alla realtà.

sexta-feira, novembro 24, 2006

Capitulo 20 : Umbria



U M B R I A



POSIZIONE GEOGRAFICA

L’ Umbria è una regione dell’ Italia Centrale.
È l’ unica di tutta l’ Italia Centro – Meridionale a non avere sbocchi sul mare. Confina a Ovest e Nord – Ovest con la Toscana, a Nord e a Est con le Marche, a Sud con il Lazio.

GEOGRAFIA FISICA

Prevalentemente collinare ( 69,3 % ) e montuosa ( 29,4 % ), l’ Umbria ha pochissime aree pianeggianti ( 1,3 % ) che si estendono lungo la Valle del Tevere e nella conca occupata dal Lago Trasimeno.
Nella catena degli Appennini Umbro - Marchigiano svetta con i suoi 2.476 metri, la montagna più alta della regione che è il Monte Vettore.
Questa catena è il confine naturale tra l’ Umbria e le Marche ed è interrotta da alcuni passi, come la Bocca Trabaria, il Passo Cornello, la Bocca Serriola e Scheggia, che mettono in comunicazione i due versanti della penisola italiana. Ad Ovest del Tevere l’ Umbria è quasi interamente collinare, con degli sporadici rilievi montuosi che non superano i 1.000 metri di altezza.
Nei pressi del confine con la Toscana si estende il Lago Trasimeno che con i suoi 128 chilometri quadrati rappresenta il più grande lago dell’ Italia Centrale e Meridionale e il quarto di tutta la penisola.
Ha una forma tondeggiante, le acque sono poco profonde ( massimo 6 metri ), è un lago particolarmente pescoso, comunica con il Tevere mediante un canale artificiale ed ha tre piccole isole molto caratteristiche.
Oltre al Lago Trasimeno, nella regione sono presenti il piccolo ma molto pittoresco Lago di Piediluco e il Lago di Corbara, lago artificiale che nasce dal fiume Tevere, ricco di fauna ittica e produttore di energia elettrica.
Il fiume più grande è il Tevere ( terzo per lunghezza in Italia) che attraversa la regione completamente da Nord a Sud, tutti gli altri sono degli affluenti che contribuiscono alla buona portata d’ acqua del fiume principale.
Tra questi affluenti laterali del Tevere vale la pena citare il Chiascio, il Topino e il Nera.
Nei pressi di Terni, le acque del fiume Velino si gettano in quelle del Nera, formando la Cascata delle Marmore, che con i suoi 160 metri di altezza è la più alta d’ Europa.
Anche l’ Umbria come la maggior parte delle regioni italiane, è una zona dell’ Italia con elevata intensità sismica, come dimostra l’ ultimo terremoto del settembre 1997, che ha danneggiato gravemente Assisi e la Basilica Superiore di San Francesco, Foligno e la zona appenninica.

GEOGRAFIA POLITICA

La superficie territoriale dell’ Umbria è di 8.456 chilometri quadrati, occupa così la 16 ª posizione come dimensione tra le venti regioni d’ Italia.
Le province che la compongono sono due : Perugia e Terni.
Gli abitanti sono poco più di 800.000.
La maggiore città è il capoluogo regionale Perugia con 150.000 abitanti, segue Terni con 110.00.
Altre importanti città della regione dal punto di vista demografico sono Foligno ( 52.500 ), Spoleto ( 38.000 ), Gubbio ( 30.000 ), Assisi ( 24.700 ), Orvieto ( 22.000 ), Castiglione del Lago, Amelia, Magione, Valfabbrica e Città di Castello.
Questa regione dal punto di vista delle vie di comunicazione ha sempre sofferto di una certa emarginazione. Le due direttrici autostradali che collegano l’ Italia Settentrionale a quella Meridionale passano lateralmente alla regione ; appena la A – 1 ( Milano – Napoli ) entra in territorio umbro nei pressi di Orvieto, ma appena per pochi chilometri.
A questa ‘‘ esclusione ’’ si è sopperito in parte con il Raccordo Autostradale Perugia – A –1 e il miglioramento di due vecchie provinciali, che collegano da secoli i litorali romagnoli e marchigiani a Roma, attraversando completamente da Nord a Sud e da Est a Sud la regione.


CLIMA

Il clima umbro è per lo più mite, rigido appena nei rilievi maggiori. Gli inverni sono caratterizzati da temperature che si aggirano tra gli 0 e i 10 gradi, le precipitazioni sono scarse nelle valli interne, più abbondanti nelle altitudini, frequenti le precipitazioni nevose, in alcuni casi anche abbondanti.
Le estati raggiungono temperature medie di circa 28 – 30 gradi, sono generalmente secche e con scarse precipitazioni.


STORIA DELLA REGIONE

Nei pressi di Terni, il ritrovamento di una necropoli e di numerosi utensili risalenti all’ età del ferro, rivelò che l’ Umbria fu un antico insediamento preistorico fin dal X – VIII º sec. a. C..
In seguito la regione fu popolata dagli Umbri, un fiero e combattivo popolo italico che allargarono i loro territori anche alle vicine Marche e parte del Lazio.
Quando arrivarono gli Etruschi nel VI º sec. a. C., gli Umbri vennero scacciati ma la regione divenne rapidamente una delle più importanti dell’ Italia centrale, grazie allo sviluppo agricolo e alla fondazione di alcuni centri urbani, Perugia tra questi.
Conquistata da Roma nel 310 a. C., nei dintorni del Lago Trasimeno avvenne la cruenta battaglia del 217 a. C. tra Cartaginesi e Romani, dove l’ esercito di Annibale inflisse a Roma una delle più pesanti sconfitte della sua storia.
Tra il 41 e il 40 a. C. Perugia venne totalmente distrutta da Ottaviano, perché rea di essersi alleata con Antonio.
Dopo l’ Impero Romano, l’ Umbria fu soggetta a delle rapide scorrerie barbariche da parte di Goti, Ostrogoti e Longobardi, i quali, quest’ ultimi, regnarono per quasi quattro secoli.
A partire dal XI º secolo nell’ Umbria vennero istituiti comuni indipendenti ( Perugia, Foligno, Gubbio, alcuni tra questi ) e potenti ducati come quello di Spoleto, che dominarono la regione fin quasi tutto il XIV º secolo.
In questa epoca nell’ Umbria nacquero famosi personaggi consacrati dalla religione cattolica : San Francesco di Assisi, Santa Chiara di Assisi, Santa Rita da Cascia, San Benedetto da Norcia, Santa Scolastica da Norcia, Sant’ Ubaldo di Gubbio e San Valentino di Terni.
È per questo che l’ Umbria è denominata anche ‘‘ Terra di Santi ’’.
Questa regione inoltre diede i natali anche al grande Pietro Vannucci, conosciuto anche come il ‘‘ Perugino ’’ , grande pittore e maestro artistico di Raffaello Sanzio.
Nel XV º secolo la regione venne annessa a più riprese allo Stato Pontificio e tutti i liberi e potenti comuni umbri oltre al Ducato di Spoleto seguirono le sorti politiche della Chiesa fino al 1860 quando la regione fece parte del nuovo Regno d’ Italia.

ATTIVITÀ ECONOMICHE

Emarginata da secoli dalle grandi vie di comunicazione, l’ Umbria ne ha profondamente risentito per il suo sviluppo economico.
Una crescita lenta, continua e di qualità, senza dubbio, ma che generalmente non ha mai raggiunto livelli internazionali, se si esclude appena a qualche sporadica realtà industriale e artigianale.
L’ agricoltura è ancora tra le principali attività, anche se ha visto un progressivo abbandono negli ultimi decenni.
Le coltivazioni più diffuse sono quelle riservate al grano e al mais, ai foraggi, ortaggi, frutta, olive, uve da vino e tabacco.
Molto sviluppato è l’ allevamento suino dove operano molte aziende specializzate nella produzione di salumi, della quale la regione è particolarmente conosciuta in Italia.
Tra le industrie si distaccano quelle siderurgiche, meccaniche e chimiche della provincia di Terni, e quelle alimentari, dolciarie, dell’ abbigliamento, del tessile e dell’ editoriale nella provincia di Perugia.
Attivo è l’ artigianato, specialmente nella località di Deruta, dove le sue ceramiche artistiche vengono esportate in tutto il mondo.
Nonostante sia l’ unica regione dell’ Italia Centro - Meridionale che non ha sbocchi sul mare, l’ Umbria vede una certa vivacità anche nella pesca, grazie soprattutto al lago Trasimeno ricco di lucci, tinche, cefali, carpe e anguille.
Per le sue bellezze naturali, per i suoi monumenti e per la sua denominazione ‘‘ Terra di Santi ’’ l’ Umbria ha nel turismo la sua maggior fonte di ricchezza, in quanto città come Assisi e Cascia con rispettivamente i corpi di San Francesco e Santa Rita, attraggono pellegrini da ogni angolo del pianeta e in qualsiasi mese dell’ anno.

LA VOSTRA VACANZA

La mia regione è piccola ma ricca, molto ricca, di monumenti, di arte, di bellezze della natura, di succulenta cucina e di gente, forse un poco timida e chiusa, ma cordiale e ospitale nei momenti giusti.
Entrando da Nord dalla vecchia provinciale che unisce la costa romagnola a Roma, poco dopo essere entrati nella regione fermatevi a Città di Castello.
Il nucleo storico di stile medioevale, ricco di interessanti chiese e palazzi gotici e rinascimentali come quello dei Priori, è circondato da mura e torri.
Da Città di Castello ora dirigetevi verso Gubbio, piccola ma incantevole località medioevale.
Visitate il Teatro romano, il gotico Palazzo dei Consoli, il rinascimentale Palazzo Ducale, il Duomo e la Chiesa di San Francesco del XIII º secolo, le chiese di San Domenico e Santa Maria Nuova. Ora scendete fino al capoluogo regionale distante circa 35 chilometri.
La vecchia ‘‘ Augusta Perusia ’’ ha origini pre-romane, come lo confermano le mura di cinta, l’ Arco Etrusco e l’ Ipogeo dei Volumni.
Visitate il simbolo della città, la centralissima e splendida Piazza IV Novembre con la Fontana Maggiore, una delle più belle fontane medioevali italiane, costruita nel ‘200 dai famosi architetti dell’ epoca Pisano, composta da due vasche concentriche decorate da numerose statue rappresentanti le quattro stagioni più una tazza centrale di bronzo ; il Duomo edificato tra il 1345 e il 1490 ; il maestoso Palazzo dei Priori, di stile gotico costruito tra il 1293 e il 1443 con ampia scalinata esterna e le statue del grifo e del leone in bronzo situate all’ entrata dell’ originalissima Sala dei Notari, posta all’ interno del Palazzo oggi sede Comunale.
Sempre nella città vale la pena inoltre visitare il Palazzo Gallenga Stuart, di fronte all’ Arco Etrusco sede dell’ Università per Stranieri, la Chiesa di San Costanzo del XII º secolo, quella di San Domenico in un bellissimo stile romanico e con annesso il Museo Archeologico dell’ Umbria con importanti reperti etruschi e romani, San Pietro del 1475 in stile romanico – gotico, quella paleocristiana di Sant’ Angelo edificata tra il V º e l’ VIII º secolo, il rinascimentale Oratorio di San Bernardino ( 1457 – 1461 ), la Rocca Paolina, abitazione fortezza delle Signorie che governarono la città, dove all’ interno vi è una elegante scala mobile che vi condurrà fino al centralissimo Corso Vannucci.
Non mancate inoltre di passeggiare proprio in quest’ ultimo dove la sera è luogo di ritrovo dei perugini e giovani di diverse nazioni, studenti della famosa Università per Stranieri.
Sempre nel Corso potrete ammirare tra i più bei negozi della città, visitate il Collegio del Cambio dove sono presenti degli importanti affreschi del Cinquecento, ed entrate nella porta laterale del Palazzo dei Priori per visitare la Galleria Nazionale dell’ Umbria contenente grandi opere pittoriche del ‘‘ Perugino ’’ e di altri artisti dal ‘200 al ‘700.
Perugia, a conferma della sua importanza culturale, è anche sede di una importante Università e di una Accademia delle Belle Arti.
Da Perugia ora spostatevi verso Torgiano, poco più di 15 chilometri, una bella cittadina di origini medioevali con resti delle mura e la torre, simbolo della località.
Proseguite verso Deruta e visitate i numerosi negozi di ceramiche artigianali, famose in tutto il mondo.
Indirizzatevi ora verso Assisi, una delle mete di pellegrinaggio religioso più frequentate del mondo.
Di origini romane, Assisi è zeppa di luoghi turistici, raggruppati tutti in una breve distanza : l’ Anfiteatro Romano, il Tempio di Minerva edificato sempre nel periodo Imperiale, l’ Oratorio di San Damiano del 1205, la Chiesa di Santa Chiara, grande esempio gotico – romanico del XIII º secolo contenente il corpo della Santa, l’ Eremo delle Carceri con la grotta dove San Francesco pregava e una Chiesa del XIV º secolo, la Rocca, imponente costruzione medioevale e distrutta dalle guerre tra Perugia e Assisi, dominante la cittadina e con un panorama meraviglioso della Valle del Tevere, il Duomo di San Rufino edificato tra il IX º e il XIII º secolo con facciata scandita da tre piani orizzontali e verticali e tre portali e, per concludere in bellezza, la Basilica di San Francesco, di stile gotico – romanica, edificata tra il XII º e il XIII º secolo.
Si divide in Basilica Superiore e Basilica Inferiore : nella parte Superiore troverete gli importanti affreschi di Giotto raffiguranti la vita del Santo che qui nacque nel 1181 o 1182, nella Basilica Inferiore è conservato il corpo del Santo oltre ad affreschi di Giotto, Cimabue, Martini e dei Lorenzetti.
Poco fuori Assisi, in Santa Maria degli Angeli, da visitare la gigantesca chiesa del XVI º secolo, edificata nel luogo dove morì San Francesco, contenente la Cappella della Porziuncola, donata nel 1211da parte dei benedettini al Santo, che vi costituì il suo ordine religioso, e la Cappella del Transito, dove appunto San Francesco morì nel 1226.
Andate ora in direzione di Foligno ma prima fermatevi a Spello.
Il piccolo borgo medioevale è adagiato sopra una collina in una splendida posizione ; tutto il nucleo storico, composto da vecchi edifici e vie particolarmente strette, è racchiuso tra mura e porta romane.
Lasciata l’ incantevole Spello proseguite sino a Foligno, distante meno di 10 chilometri, dove potrete visitare la chiesa romanica di Santa Maria Infraportas, la Chiesa di San Nicolò e quella di San Giovanni Profiamma, la Chiesa della Nunziatella edificata nel 1494 in stile rinascimentale e contenente quadri del Perugino, Palazzo Deli una delle più belle opere rinascimentali di Foligno, Palazzo Trinci con la sua Pinacoteca e Museo Comunale e il Palazzo Comunale con la sua Torre gravemente danneggiata nel terremoto del 1997.
Da Foligno dirigetevi assolutamente verso Montefalco, denominata anche ‘‘ La terrazza dell‘ Umbria ’’ per i suoi meravigliosi panorami, e visitate il Palazzo Comunale del 1270, la Chiesa di San Francesco del 1300 ora Pinacoteca, la Chiesa di Sant’ Agostino del 1285, e le mura e porte del ‘300 che circondano il nucleo cittadino.
Tornate di nuovo sulla provinciale e andate in direzione di Spoleto, ma prima godetevi la celebre e suggestiva località delle Fonti del Clitumno, piccola oasi di laghetti poco profondi con numerose piante che li circondano ; vi è presente un tempietto romano perché nel periodo Imperiale le Fonti del Clitumno erano frequentate sia come centro termale che come luogo di culto.
Raggiungete Spoleto e visitate il Duomo innanzitutto, bellissimo esempio di stile romanico del XII º secolo, non perdete inoltre la chiesa paleocristiana di San Salvatore quella di stile romano di San Gregorio. Visitate anche le vecchie opere romane dell’ Arco di Druso, il Teatro e il gigantesco Ponte Sanguinario.
La bella città spoletina ospita una delle rappresentazioni culturali più importanti d’ Europa che è il Festival dei Due Mondi.
Da Spoleto ora entrate in pieni Appennini e fermatevi a Norcia. Nella città di San Benedetto potrete ammirare la favolosa piazza dedicata al Santo, la Chiesa di San Benedetto e di Sant’ Agostino, il Duomo, la Castellina, antica rocca del XVI º secolo.
Sempre nella antica ‘‘ Nursia ’’ non mancate di assaporare il tartufo nero locale e le specialità gastronomiche a base di carne di maiale, dove Norcia ne è famosa in tutto il mondo.
Percorrete 20 chilometri e andate a Cascia, dominata dal gigantesco Santuario dedicato a Santa Rita, dove è conservato il corpo della ritenuta Santa dei casi impossibili, conosciuta e venerata in tutta Europa e altri angoli del pianeta.
Da Cascia ora spingetevi fin verso Terni dove potrete visitare resti dell’ Anfiteatro e Teatro romano, la Chiesa di San Francesco, la Chiesa di San Salvatore, San Lorenzo del XIII º secolo, la bella Piazza della Repubblica, il Palazzo Mazzancolli, elegante opera rinascimentale del XIV º secolo e, prendendo la direzione di Rieti, poco fuori dalla città ternana, la imponente Cascata delle Marmore, aperta al pubblico solo il sabato e la domenica. Fate una escursione anche a Narni, nelle prossimità del capoluogo, dove potrete ammirare questa bella città medioevale e il suo Ponte romano, edificato nel periodo di Augusto.
Da Terni ora salite verso Orvieto, stupenda città edificata su una montagna di roccia tufacea.
Qui visitateci il Duomo del XIII – XIV º secolo, una delle più belle espressioni gotiche italiane, contenente importanti affreschi del Signorelli, del Beato Angelico, del Pinturicchio e di altri grandi artisti dell’ epoca, il Palazzo Papale, il Palazzo dei Capitani del Popolo in stile gotico del XIII º secolo, la necropoli etrusca, la Chiesa di Sant’ Andrea, e il mitico Pozzo di San Patrizio, fatto scavare dal Papa Clemente VII dietro al progetto dell’ architetto Sangallo per abbeverare gli animali da trasporto.
Questo originale pozzo ha due scale a chiocciola di 248 gradini scavati nelle pareti di roccia, e disposte in modo che potessero formarsi due file di animali, una in discesa e una in salita.
Da Spoleto ora percorrete una quarantina di chilometri e dirigetevi verso Todi, in una delle località con la miglior qualità di vita del mondo.
A Todi visitate la bella chiesa rinascimentale di Santa Maria della Consolazione, la chiesa gotica di San Fortunato, il Duomo di stile romanico, edificato all’ inizio del XII º secolo e terminato nei due secoli successivi, con grande rosone centrale, ampia scalinata e campanile laterale.
Sempre nella Piazza Vittorio Emanuele dove è situato il Duomo, potrete visitare anche il Palazzo del Popolo ( 1213 – 1233 ), il Palazzo del Capitano con materiale archeologico etrusco, il Palazzo dei Priori e la Piazza Garibaldi.
Dopo tutte queste meraviglie umbre, concedetevi ora un meritato riposo nelle cittadine circostanti il Lago Trasimeno.
Al buon vino, piatti a base di pesce di lago e vino bianco locale, abbinateci delle escursioni a : Castel Rigone ( panorama sulla pianura e sul lago, Santuario del 1490 ), Passignano sul Trasimeno ( chiesa del 1200, mura e torri, lungolago ), Tuoro sul Trasimeno ( traghetto per l’ isola Maggiore e spiaggia ), Castiglione del Lago ( città vecchia di stile medioevale, un castello con panorama sulla totale estensione del lago ), Piegaro ( bellissimo Santuario rinascimentale della Madonna di Mongiovino ), Panicale ( medioevale, Chiesa di San Sebastiano con affreschi del Perugino ), Monte San Savino ( piccolo e ridente borgo medioevale ), Città della Pieve ( antico borgo, situato in un alto colle, contornato da una bella campagna, diede i natali al Perugino, la medioevale Torre del Pubblico, Duomo del XII º successivamente rifatto, Oratorio di Santa Maria della Mercede con uno dei più bei affreschi del grande pittore umbro ) e Magione ( accogliente e organizzato borgo medioevale ).
Questa è la mia regione, forse emarginata dalle grandi vie di comunicazione, ma estremamente bella, intima e tranquilla ; un viaggio del genere è una vacanza che rilassa l’ anima e la mente, e vi assicuro, ci tengo a dirlo, che non è demagogia.


STORIA VINICOLA

Le grandi tradizioni storiche e culturali di questa regione, unite alle numerose bellezze paesaggistiche che gli hanno attribuito la denominazione di “ Cuore verde d’ Italia “, donano grande fama a questa “ terra di santi “, patria di San Francesco di Assisi, Santa Rita da Cascia, San Benedetto di Norcia, Santa Chiara di Assisi e Sant’ Ubaldo di Gubbio.
Pochi però sanno che l’ Umbria è anche una terra di vini, forse perché l’ immagine tradizionale è maggiormente legata all’ arte, alla religione e alle bellezze naturali come il Lago Trasimeno e la Cascata delle Marmore ad esempio.
Più collinosa che montagnosa, l’ Umbria favorita da un clima particolarmente soave, gode in realtà di una accentuata vocazione vinicola. Infatti le caratteristiche geologiche dei terreni, generalmente permeabili, e le dolci pendenze collinari, favoriscono la crescita e la piena maturazione delle uve.
I turisti italiani e stranieri dell’ Umbria che richiedono e apprezzano le specialità regionali della cucina, vogliono anche le migliori bottiglie di vino umbro, espressione dell’ ambiente e di un popolo cordiale, intelligente e tranquillo.
In questi ultimi trenta anni, dopo una vasta e coraggiosa operazione di reimpiantazione di vigneti, più adeguati all’ ambiente locale ed in grado così di migliorare la qualità dei vini, e una radicale ristrutturazione delle imprese del settore allo scopo di ottenere una vinificazione sempre migliore, i vini dell’ Umbria hanno ottenuto importanti successi in Italia ed ai turisti stranieri, sempre massicciamente presenti, offrono una rinnovata immagine della viticoltura umbra.
La produzione del vino ha origini molto remote come testimoniano varie giare, anfore, vasi e altri strumenti di lavoro appartenenti al periodo di civilizzazione etrusca, esposte nel Museo del Vino di Torgiano.
È proprio in questa ridente cittadina alle porte di Perugia, dove l’ Umbria ha ottenuto la prima riconoscenza ufficiale : la D.O.C. del 1968. Il “ Cuore verde “ è l’ unica regione del Centro–Sud d’ Italia a non essere bagnata dal mare, non è attraversata da grandi vie di comunicazione ed ha una estensione che la colloca al quint’ ultimo posto tra le regioni italiane.
Nonostante questo si può qualificare per la presenza di due vini D.O.C.G. ( Torgiano rosso Riserva e Sagrantino di Montefalco ) e una decina di vini D.O.C. .
La produzione complessiva di vino è poco oltre il milione di ettolitri annui che colloca l’ Umbria al 15 º posto in Italia, posizione che sale alla 13 ª nel caso dei vini D.O.C. che rappresentano il 23 – 25 % dell’ intera produzione vinicola regionale.
I vitigni a bacca nera maggiormente coltivati in Umbria sono il Sangiovese, il Canaiolo nero, il Ciliegiolo, il Barbera, il Merlot, il Montepulciano, il Sagrantino, il Cabernet Sauvignon, il Gamay e il Pinot nero.
Quelli relativi alla produzione dei vini bianchi, nonché ad alcuna partecipazione nelle vinificazioni di rossi e rosati, sono : Trebbiano Toscano, Malvasia del Chianti, Verdicchio, Verdello, Grechetto, Chardonnay, Malvasia di Candia, Garganega, Pinot bianco, Pinot grigio e Drupeggio.
I vini principali dell’ Umbria rappresentati dalle loro zone di produzione, sono : Colli Perugini, Colli Martani, Colli Altotiberini, Colli del Trasimeno, Colli Amerini, Montefalco, Torgiano, Assisi, Orvieto.

APPUNTI DI VIAGGIO

I Colli del Trasimeno, per quantità, sono senza dubbio i secondi tipi di vini tra quelli da me più degustati nel corso degli anni.
Vengono appena dietro a quelli dei Colli Perugini che, come vedremo poco più avanti, hanno avuto grande importanza in una larga parte della mia vita vinicola.
A questo il responsabile unico è il buon Marco, un mio grande amico ed ex – compagno di scuola, ora produttore di quei vini a non molta distanza dal grande lago dell’ Umbria.
Come spesso succede, anche nel suo caso fu una attività tramandata da padre in figlio e Marco in pochi anni riuscì a trasformarla da una modesta realtà familiare a una azienda vinicola vera e propria, riconosciuta con tanto di denominazione di origine.
L’ elevazione di qualità dei suoi vini occorsa negli anni, lo ha anche portato a commercializzare i suoi vini fuori dai ristretti confini dell’ Umbria.
Questo tentativo ha avuto dei gratificanti risultati, specialmente nelle regioni del Lazio e della Campania.
Dopo l’ ultimo anno di scuola perdemmo i contatti tra di noi, ma fu Massimo che ricollegò i legami con una sorprendente visita nella mia casa insieme a Marco.
La passione identica che era quella del vino più lo stesso lavoro ( responsabili di vigneti e produttori ), anche se da parte di Marco praticamente a tempo pieno, rafforzò ancor di più la nostra vecchia amicizia.
Diventò una abitudine quella di invitarmi nelle sue cantine per bere il vino nuovo ad ogni primavera e per conoscere la mia opinione, come divenne una tradizione anche quella di recarmi ogni anno alla ‘‘ Sagra ’’ paesana di Monte San Savino, una scusa per degustare ancora una volta i suoi vini e mangiare le prelibatezze gastronomiche del Trasimeno.
Nacque anche una collaborazione vinicola che coinvolsero altre regioni come la Campania e la Calabria, con relative e ulteriori preziose mie esperienze.
Le degustazioni dei suoi vini di cui conservo il ricordo più bello, furono senz’ altro in quelle serate festose di agosto degli anni ’90, alla festa del suo paese, dove Marco era costantemente uno degli organizzatori.
La ‘‘ Sagra ’’ era sempre impostata come l’ anno precedente, con le stesse attrazioni folcloristiche e con gli identici piatti regionali, ma sempre ospitalissima e pronta ad offrire una serata tranquilla e divertente.
Il tutto dentro un piccolissimo borgo con caratteristica impronta medioevale.
Quelle serate erano sempre divise in tre parti.
La prima era riservata alla cena con tagliatelle o gnocchi al ragù ‘‘ fatto in casa ’’, spiedini misti di maiale o pollo e coniglio arrosto o zuppa di pesce di lago o arrosto misto di pesce di lago, bagnati naturalmente con i prodotti enologici di Marco.
La seconda era quella di partecipare a qualche gioco locale e fare quattro salti nella piazza centrale al suono di un gruppo musicale.
Come terza e ultima parte si andava in un’ altra piazzetta del borgo, completa di sedie e tavoli per un dolce, un gelato, un digestivo o più semplicemente ‘‘ quattro chiacchiere ’’ sopra un qualsiasi argomento, immersi in una oasi di tranquillità e di ‘‘ relax ’’.
Non mancarono anche delle bevute esagerate con una mescolanza di vini che spaziavano in ogni colore e che portavano quasi inevitabilmente a delle allegre ‘‘ sbronze ’’.
Ne sa qualcosa il mio amico e compaesano Fabrizio che, in una di quelle sere per calmare la sua euforia, un gruppo composto dal sottoscritto, Massimo, Dario, Luigi e Marco stesso, decise di portarlo fino alla riva del lago e immergerlo nell’ acqua, naturalmente con le dovute cautele visto lo stato precario in cui si trovava.
Quelle serate calde favorivano dei bagni notturni nel Trasimeno, pertanto la persona che esagerava con il vino o altri alcolici normalmente era sottoposta a quella specie di punizione.
Il buon Marco, che rivedremo anche in alcuni capitoli seguenti, mi propose in più di una occasione di lavorare con lui ; ciò non avvenne per altri impegni, ma mai la nostra amicizia fu crinata a causa di questo.
Una amicizia che ci ha legato in numerose e indimenticabili esperienze vinicole, alcune anche prestigiose e di grande valore.
Di valore un pò come la sua passione che lo lega alla vite e al suo prodotto finale : un Colli del Trasimeno in varie tipologie, che gli sta regalando delle enormi e giuste soddisfazoni.
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Il Lago Trasimeno è il quarto maggiore lago italiano, orgoglio turistico e vinicolo del ‘‘ Cuore verde d’ Italia ’’.
Regione tipicamente etrusca, la vite in Umbria si insediò sin dal V º secolo a. C. e successivamente furono i Romani a svilupparla.
L’ emarginazione di questa piccola regione dale grandi vie di comunicazione medioevali ha reso piuttosto anonima la produzione di vini locali per vari secoli.
Nel Rinascimento l’ Umbria passò uno scuro periodo di storia ; in quell’ epoca in queste terre prosperavano numerosi liberi comuni ma l’ annessione allo Stato della Chiesa, che vide numerose repressioni umane ed economiche, comportò un impoverimento generale della regione comprendente anche l’ agricoltura che subì duri colpi alla produzione.
Con l’ unificazione nazionale l’ Umbria fu protagonista di un lento ma costante sviluppo socio – economico. Con l’ arrivo della prima D.O.C. della regione ( il Torgiano nel 1968 ) la viticoltura locale ebbe un notevole impulso e sono diversi oggi i vini apprezzati nella penisola intera, prodotti da una regione prevalentemente collinare, piccola ma di grandi potenzialità.
Tra questi vini si distaccano quelli dei Colli del Trasimeno, che si sviluppano in tutti i comuni circostanti il lago.
Le versioni principali sono il Bianco e il Rosso, entrambi D.O.C. dal 1972.
Il Bianco è prodotto con uve Trebbiano Toscano tra il 60 e l’ 80 % e una composizione formata da Malvasia del Chianti, Verdicchio, Verdello e Grechetto, che da sole o congiuntamente non possono superare il 40 %.
Il profumo è vinoso. piacevole, bouquet sottile e fruttato, sapore asciutto, armonico, equilibrato.
Il Rosso ha il Sangiovese come vitigno principale ( 60 – 80 % ), al quale vengono aggiunte le uve Ciliegiolo e Gamay ( massimo 40 % ) e Malvasia del Chianti e/o Trebbiano Toscano ( non oltre il 20 % ).
L’ aroma è delicato e vinoso, sapore asciutto, armonico, leggermente tannico.
Il Bianco, da buon vino di lago, accompagna numerose preparazioni a base di pesci d’ acqua dolce, non disdegna quelli di acque salate, eccellente con risotti o paste con verdure e legumi.
Il Rosso è un buon vino per paste con ragù saporiti, carni bianche con salse colorite e carni rosse in preparazioni non molto elaborate.

CARATTERISTICHE DEI COLLI DEL TRASIMENO

GRADAZIONE ALCOLICA - Bianco 11 gradi Rosso 11,5

COLORE - Bianco - giallo paglierino più o meno intenso Rosso – rosso granato più o meno intenso

TEMPERATURA DI SERVIZIO - Bianco 8 – 10 gradi Rosso 16 – 18
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Enorme fu il piacere e la soddisfazione che mi diede quella e-mail ricevuta nel gennaio del 1999 da parte di Alfonso, uno dei miei migliori amici di San Paolo.
Lo conobbi quando lui lavorava in un ristorante dell’ Avenida Paulista, nelle vicinanze del ‘‘ Bistrot ’’ di Donaldo, quel simpatico ‘‘ grassoccio ’’ che già ne ho parlato nel Capitolo dedicato all’ Emilia – Romagna e che rivedremo anche in quello del Lazio.
La sua discendenza italiana, esattamente di Salerno, e il suo divertente tentativo di difendersi con la lingua italiana, facilitò la crescita di una sincera amicizia.
Oggi, tra tutte le conoscenze brasiliane che ancora conservo gelosamente, quella di Alfonso è senz’ altro la più forte.
In quella lettera elettronica mi comunicò che tra circa una quindicina di giorni si sarebbe recato a Napoli per lavoro, dove da lì poi si sarebbe spostato verso il Nord Italia, con inclusa una breve ‘‘ scorreria ’’ in Austria, il tutto per una decina di giorni.
Mi disse inoltre che se la prima metà del viaggio sarebbe stato tutto riservato a quell’ attività di cui faceva parte, la seconda diventava puramente una vacanza.
Ricevuta quella lettera mi affrettai a rispondergli chiedendogli che al momento che sarebbe uscito dalla Campania doveva ‘‘ obbligatoriamente ’’ passare nella mia regione, perlomeno per passare una giornata insieme, prima di dirigersi verso Milano.
La sua risposta fu affermativa e mi disse che al momento che stava in Italia mi avrebbe contattato per concordare il giorno e il luogo d’ incontro.
Quando telefonò non mi trovò in casa.
Lasciò il suo numero dell’ albergo dove era ospitato a mia madre, così al mio ritorno lo chiamai.
‘‘ Grande Alfonso ( la mia forma di chiamarlo sia per il suo simpatico carisma che per quei ‘‘ chiletti ’’ di troppo che vorrebbe, ma che non riesce a liberarsene ) benvenuto in Italia ’’ .
‘‘ Grazie Giovanni, como estai ? ’’.
Quel miscuglio italo – portoghese era sempre lo stesso, inequivocabile.
‘‘ Benissimo Alfonso, adesso anche meglio che ho il piacere di risentirti, quanto ti fermi là in Napoli ? ’’.
‘‘ Fino venerdì sera, dormo aqui e sabato mattina prendo il treno para Milano ’’.
‘‘ No aspetta, fai una cosa, domani cerca di avere informazioni su come arrivare a Chiusi, prendi il biglietto solamente fino a lì dove sabato sarò là ad aspettarti ’’.
‘‘ Va bene Giovanni, ma Chiusi onde è ? ’’.
‘‘ È al confine tra l’ Umbria e la Toscana, non ti sarà difficile raggiungerlo perchè è la stazione di una importante linea ferroviaria, poi la sera o la mattina successiva ti riaccompagno nuovamente nella stessa stazione dove potrai continuare il tuo viaggio fino a Milano ’’.
Il giorno dopo mi telefonò nuovamente, la sera questa volta, e mi disse che sarebbe arrivato nella piccola località toscana alle 10,10 di sabato mattina.
E fu proprio a Chiusi che dopo molto tempo ebbi la gioia di riabbracciare ( con le dovute difficoltà ) il grande Alfonso.
Ci recammo immediatamente nel bar situato proprio di fronte alla stazione, mio vecchio punto di riferimento serale di sedici – diciasette anni prima per le tante attese del treno che mi avrebbe portato fino a Bologna, durante il servizio militare.
Una leggera colazione visto che Alfonso era nel bel mezzo di una rigidisima dieta, e via a stilare un abbozzo di programma per come trascorrere quel sabato.
La prima cosa fu quella di rimediare un albergo per Alfonso per la notte di sabato e subito dopo comprare il biglietto del treno per il giorno dopo.
La mia idea era di far conoscere la mia città, Perugia, ma per Alfonso il sogno era conoscere Cascia, visto l’ alto culto che nutre nei confronti di Santa Rita.
Via verso Cascia quindi, passando rapidamente nelle prossimità del Lago Trasimeno, con successiva vista panoramica di Perugia e Assisi, solamente però da lontano.
Attraversammo l’ intera regione da Ovest a Est e in poco più di due ore raggiungemmo la cittadina.
Dopo aver visitato il bellissimo Santuario e la ‘‘ Grotta ’’ dove la Santa si raccoglieva in preghiera, pensai di spostarmi a Norcia per pranzare.
‘‘ Alfonso che ne pensi di dare uno strappo alla tua dieta e di mangiare delle specialità indescrivibili ? ’’.
L’ amico alzò le spalle fin quasi le orecchie e si racchiuse in una rammaricante espressione : ‘‘ Não posso infelicemente, gli ultimos esami não sono dos megliori, è meglio che non interrompo a mia meticolosità, poderia tornare ai ritmi anterori ’’.
Decisi a malincuore, quindi, di evitare gli appetitosi piatti norcini e prendemmo la direzione di Orvieto, scelta da lui fra le possibilità che gli proposi.
Il tempo a disposizione era veramente poco purtroppo, pertanto la moltitudine di bellezze della mia regione da mostrargli erano da rinviare quasi interamente in una prossima occasione.
Arrivati a Orvieto lo guidai alla visita dello spettacolare Duomo e del curioso Pozzo di San Patrizio, due tappe obbligatorie della splendida città medieovale.
‘‘ Giovanni, io não sono come te um grande estimatore di vinhos, porém gostaria de portare uma bottiglia della tua regione a um amigo de São Paulo ! ’’
‘‘ Nessun problema grande Alfonso, proprio qui potrai approfittare di uno dei migliori bianchi dell’ Umbria, un vino ricco di storia e di grande qualità ’’.
‘‘ Allora raccontami qualche coisa così quando la consegnerò farei una impressione ainda maggiore ’’.
Il tempo di un leggero spuntino, di acquistare quella bottiglia di Orvieto e un breve racconto sul suo acquisto che io e Alfonso ci incamminammo nuovamente verso Chiusi.
Verso le 19,30 eravamo nei paraggi di Passignano sul Trasimeno e per chiudere la nostra intensa ma corta giornata dissi ad Alfonso : ‘‘ In una qualsiasi dieta che io sappia, è previsto mangiare del pesce, lasciami allora offrirti una cena ’’.
‘‘ Ta bom Giovanni, immagino che anche tu como io estai morendo di fome ! ’’. ‘‘ Con certezza ! ’’.
Il mio ristorante di pesce preferito dell’ Umbria, anche quella sera come tutti i sabato era pieno di gente, comunque un tavolo libero con due posti ci fu rapidamente assegnato.
Quel ristorante è formato da due ampie sale interne più una esterna, che per dimensioni ha una capienza di persone uguale alla altre due messe insieme.
Naturalmente in quel freddo periodo dell’ anno la grande sala all’ aperto era chiusa e per questo il ristorante ‘‘ traboccava ’’ con i suoi affezionati e appassionati clienti.
L’ Umbria pur essendo una regione non lambita dal mare ha una forte tradizione peschereccia grazie ai numerosi laghi e laghetti presenti nel suo territorio, dove abbondano pesci di acqua dolce come capitoni, tinche, anguille, trote, carpe, lucci, etc… .
Sconosciuti per la maggior parte di loro dal buon Alfonso, rispettando il più possibile la sua dieta, consigliai una deliziosa trota in salsa verde, luccio al pomodoro, anguilla allo spiedo e un classico ‘‘ Tegamaccio ’’ del Trasimeno con una selezione totale dei migliori pesci del lago.
A quelle ricchissime portate di pesce di lago ci abbinammo un Bianco dei Colli del Trasimeno, prodotto naturalmente da Marco.
Alla fine della cena comprai anche un Colli del Trasimeno rosso, sempre del mio vecchio amico di Monte San Savino e lo offrì ad Alfonso : ‘‘ Non puoi uscire dall’ Umbria appena con uno squisito bianco, per questo te lo faccio bilanciare con un altrettanto delizioso ‘‘ tinto ’’ ’’.
Poco prima delle 23,00 riaccompagnai il buon amico italo – paulistano nel suo albergo di Chiusi.
‘‘ Grande Alfonso, è stato tutto molto rapido, un altro giorno o due e avresti conosciuto altre cose meravigliose della mia regione ’’.
‘‘ Tutto bene Giovanni, serà para a prossima volta, ma para restituirti la tua ospitalità ci rivediamo a fim do ano em São Paulo. Certo ?! ’’. ‘‘ Certo Alfonso, in settembre sarò là e presto ci rivedremo ! ’’.
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La bella città medioevale di Orvieto è centro di una delle zone vitivinicole più interessanti dell’ Umbria.
Gli Etruschi, che fondarono la città nell’ epoca preromana, ottenevano un vino già particolarmente prelibato, visto che alcuni ritrovamenti storici testimoniano una forte commercializzazione del prodotto anche con altre regioni limitrofe.
In quell’ epoca, la vinificazione da parte di questo glorioso popolo italico, veniva effettuata nelle case in tre piani differenti : nel piano terreno l’ uva veniva pigiata, il mosto veniva lasciato fermentare nella cantina situata al piano inferiore e il vino ottenuto era collocato in capienti anfore e portato in una ulteriore cantina scavata nel tufo ( tipo di roccia che compone la rupe di Orvieto ) e situata proprio sotto la precedente, dove il vino veniva lasciato maturare.
Successivamente con i Romani, la vinificazione subì un processo di cambiamento, in quanto nell’ epoca imperialista, si usava ‘‘ completare ’’ il vino con alloro, miele, pepe o altro, sia per migliorarne il gusto, che per favorirne la conservazione.
L’ area di Orvieto divenne così importante per il vino che nel XII º secolo il Governo comunale impose ai cittadini di coltivare la vite anche negli spazi intorno alle case, normalmente impiegati per verdure, ortaggi e legumi.
Nei secoli successivi, la città era descritta come un giardino dove metà dello spazio era riservato alla vite.
Si racconta che il noto pittore Signorelli, che dipinse l’ interno del Duomo, venne pagato con mille litri di vino all’ anno per lungo tempo. Papa Gregorio XVI ordinò nel testamento di essere lavato con il vino di Orvieto prima di essere sepolto e il poeta Gabriele d’ Annunzio lo definì ‘‘ sole d’ Italia in bottiglia ’’, per la fragranza, la forza e il colore.
In effetti a tutt’ oggi l’ Orvieto è un vino pregevole, beverino, non impegnativo e preferibilmente da bersi giovane. D.O.C. dal 1971, il Disciplinare prevede che i vitigni utilizzati per l’ Orvieto siano il Trebbiano Toscano tra il 50 e il 65 %, il Verdello ( 15 – 25 % ) e il Grechetto, Canaiolo e Malvasia Toscana ( quest’ ultimo non più del 20 % ) per il restante 20 – 30 %.
È prodotto anche nella varietà Classico, quando proviene dalle zone di origine più antiche circostanti la città, e una speciale versione Botriticinata, cioè prodotto con uve colpite dalla ‘‘ Botrytis Cinerea ’’, molto speciale e ottimo vino da meditazione, ma di difficile reperibilità a causa della bassa quantità.
il profumo è delicato e gradevole, il sapore è asciutto con piacevole retrogusto amarognolo, oppure abboccato, fine e delicato. Accompagna preparazioni non sofisticate a base di verdure o pesci, sia di acqua dolce che salata, risotti con legumi e primi piatti con sughi leggeri.

CARATTERISTICHE DELL’ ORVIETO

GRADAZIONE ALCOLICA - 11,5 gradi

COLORE - bianco paglierino più o meno carico

TEMPERATURA DI SERVIZIO - Tranquillo 8 – 10 gradi
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Il ricordo più significativo alle mie varie degustazioni di Sagrantino di Montefalco, fu senza dubbio in una domenica di settembre del 1995, al compleanno di un simpatico personaggio assisano : il mio amico Massimiliano, conosciuto soprattutto come ‘‘ Max ’’.
Era esattamente il giorno seguente di un altro compleanno, quello di Lino di Ortona, dove partecipai fino a notte inoltrata e che mi comportò un ritorno in casa ‘‘ semplicemente ’’ alle 05,00 della mattina.
Poche ore di sonno e via a prepararmi per raggiungere la festa di Massimiliano che si sarebbe tenuta in piena Piazza del Duomo a Spoleto.
Mezzo assonnato a causa di ‘‘ appena ’’ quattro ore di sonno, arrivai comunque puntualmente in quel locale situato nelle vicinanze della grande scalinata che si erge proprio di fronte alla splendida chiesa spoletina.
Riabbracciai la simpatica famiglia di ‘‘ Max ’’, educati e ospitali proprietari di una attività commerciale in Santa Maria degli Angeli, poco distante da Assisi.
In tutti eravamo circa una ventina di persone, tra queste Dario, altro amico di vecchia data del festeggiato.
Il locale prescelto per lo svolgimento della festa, aveva l’ aspetto più di un bello e organizzato bar che di un vero e proprio ristorante.
I proprietari erano dei grandi amici di famiglia di Max, per questo la scelta cadde su Spoleto e non sulla ben più vicina città di San Francesco.
Non passò molto tempo che scoprì con immenso piacere ( avevo ancora dentro di me l’ abbondante cena precedente, sia nella mente che nel corpo ) che quello che Max organizzò non era la solita ‘‘ abbuffata ’’ di specialità umbre, ma una serie di assaggi a ripetizione di piccole porzioni.
La grande tavola impiantata nella grande sala di quel locale era tappezzata di bottiglie, soprattutto bibite di tutti i tipi, più amari e qualche super alcolico.
Giovanni ho scelto per te un vino tipicamente di Spoleto, il Sagrantino, anche nella sua versione Passito, spero che non ti deluderà – disse Max.
‘‘ Chiaro che no, la D.O.C.G. di Spoleto è uno dei miei vini umbri preferiti, non potevi scegliere di meglio, anche se il compleanno è tuo, mi hai fatto un grande regalo e con questo contraccambio ’’.
Dopo aver offerto il mio regalo di compleanno a Massimiliano, ci accomodammo tutti quanti al bordo di quella tavola.
Il primo giro di degustazione fu con un ‘‘ fresco ’’ e meraviglioso Prosecco del Veneto abbinato a delle scaglie di Parmigiano Reggiano.
Seguirono bruschette al pomodoro con origano, bruschette al tartufo, crostini di interiora di pollo, crostini con pasta di olive, crostini alla mozzarella e prosciutto crudo, crostini di cavolfiore, torta al testo con coppa o prosciutto crudo o salame, e schiacciata con cipolle o con salvia e rosmarino.
La torta al testo e la schiacciata sono due specialità gastronomiche di quasi esclusività della mia regione.
Le ‘‘ schiacce ’’ erano delle lastre di pietra levigate, spesse circa 3 centimetri e di varia larghezza.
Erano utilizzate fino alla fine del XIX º secolo e permettevano, alle famiglie che non avevano un forno, di cuocere le svariate qualità di impasti di farina di grano sopra il fuoco del camino.
Agli inizi del secolo scorso sono state sostituite dal ‘‘ testo ’’, un utensile con le stesse caratteristiche della ‘‘ schiaccia ’’ ma realizzato con un impasto di piccole scaglie di marmo impastate e cotte con la creta, di forma circolare e alta sempre 3 centimetri.
Il ‘‘ testo ’’ può essere riscaldato sia al contatto della brace del fuoco ancora accesa, sia sopra la fiamma del gas.
Il punto giusto per cuocere le torte o le schiacciate è quando il testo avrà assunto un colore biancastro, a quel punto questo accessorio della cucina contadina permetterà una cottura uniforme dell’ impasto conferendo al prodotto finito quel tipico sapore di farina ‘‘ mezza bruciacchiata ’’, caratteristico della più genuina cucina umbra.
La differenza principale tra la torta al testo e la schiacciata e la torta al testo è che quest’ ultima, fatta con farina di grano e uova e alta perlomeno un centimetro, ha una sostanziosità maggiore, mentre la schiacciata è preparata con pasta di pane ed è generalmente più fine e croccante.
Alla fine di quei numerosi assaggi, che risultarono abbondanti tanti quanti un ricco pranzo, ci venne servita una splendida torta di castagne e mandorle dolci, dove ci abbinai quel delizioso Passito di Sagrantino a coronamento di una differente ma gustosissima festa di compleanno.
I miei migliori complimenti per come hai impostato questo pranzo, a volte le cose più semplici concedono dei piaceri al palato allo stesso livello dei grandi piatti della cucina nazionale – dissi a Max.
‘‘ E il vino, ho scelto altrettanto bene ? ’’. ‘‘ Che posso dire Max, il Sagrantino è uno spettacolo di vino.
Se nella tua festa erano presenti appena piatti di fagioli ( senza offesa per quel buon legume ), abbinandoci questo vino nessuno avrebbe motivo di recriminare ’’ .
Non è una mia esagerazione o voluta decantazione di quel capolavoro spoletino : provarlo per crederci.
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Plinio il Vecchio raccontava di una uva denominata ‘‘ Itriola ’’, tipica dell’ Umbria e in cui qualcuno pensa di riconoscere l’ attuale Sagrantino.
La tradizione vinicola più significativa di Montefalco comunque risale al Medioevo grazie ai monaci francescani e benedettini, che una volta bonificate queste terre, cominciarono a dedicarsi all’ agricoltura ed alle viti in particolare.
Infatti il vino prodotto veniva spesso utilizzato nelle loro ritualità liturgiche ed il nome ‘‘ Sagrantino ’’ sembra che sia strettamente legato ai sacramenti stessi.
Nel Rinascimento i vini prodotti in questa zona erano molto apprezzati nelle mense dei Papi e di vari Governatori, come evidenzia uno scritto di elogio dal Provveditore della Fortezza di Perugia.
Ma se le comunità religiose contribuirono ad uno sviluppo economico dell’ intera regione, lo Stato papale lo pregiudicò con pesanti repressioni per l’ annessione della regione allo Stato della Chiesa.
Nei secoli successivi, però, la fama del vino Sagrantino rimase inalterata anche se il consumo spesso era confinato al ristretto ambito locale. Ma con la D.O.C. del 1980 ed in particolare la D.O.C.G. del 1992, a questo vino si sono presentate opportunità di successo commerciale sia sul mercato italiano che su quello estero.
Per la produzione del Sagrantino di Montefalco si utilizza il vitigno omonimo in purezza e a volte un apporto di Trebbiano Toscano in misura non maggiore del 5 %.
È previsto un invecchiamento minimo di 31 mesi, dei quali almeno 12 in botte, prima della commercializzazione.
Esiste anche la versione Passito ottenuto dall’ appassimento delle uve provenienti dagli stessi vitigni del Sagrantino tradizionale.
Il bouquet è delicato, caratteristico, con sentore di more di rovo, sapore asciutto, caldo, armonico, pieno, vellutato, strutturato, a volte elegantemente pastoso.
Il Passito ha un bouquet simile alla varietà precedente, il sapore è abboccato, piacevolmente corposo.
Nella sua veste più classica il Sagrantino accompagna preparazioni di carni saporite ed elaborate, oltre a capi nobili di selvaggina e di cacciagione.
Il Passito è un grande vino da meditazione, ma si abbina meravigliosamente anche alla pasticceria da forno e formaggi erborinati o molto piccanti.

CARATTERISTICHE DEL SAGRANTINO DI MONTEFALCO

GRADAZIONE ALCOLICA : - Sagrantino 13 gradi Passito 14,5

COLORE : - rosso rubino tendente al granato con l’ invecchiamento

TEMPERATURA DI SERVIZIO : - Sagrantino 18 – 20 gradi Passito 16 – 18
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Perugia, Corso Vannucci, Bar Medioevo : uno dei posti preferiti per godermi, quando possibile, alcune ore di riposo, guardando il continuo flusso di persone che sempre movimentano la più bella passeggiata della mia città.
Un giorno stavo là in compagnia di Mario, un noto sommellier della zona, conversando sopra il vino e la recente acquisizione della D.O.C.G. del suo preferito : il Torgiano.
‘‘ Da giovane ero appassionato dell’ ‘‘ Odissea ’’ Giovanni, le avventure di Ulisse mi conquistarono, specie quella con Polifemo.
Ecco Ciclope, ora che hai mangiato la carne dell’ uomo, bevi del vino : saprai così quale bevanda stavamo nascondendo nella nave.
Polifemo prese la tazza di vino e bevendo il dolce liquido con piacere indescrivibile, ne chiese dell’ altro : dammene ancora ti prego, e subito dimmi il tuo nome, perché possa offrirti il dono degli ospiti che, sono sicuro, ti farà felice.
Se per te tutto è cominciato da quell’ anno del militare, per me tutto partì dal mio eroe preferito ’’.
‘‘ Come Mario, spiegati meglio ?! ’’.
‘‘ Ero talmente affascinato da quel romanzo che pensai : - Se Ulisse sconfisse il gigantesco Polifemo con l’ aiuto del vino, forse anche io con una bottiglia posso riuscire a conquistare quella donna che tanto mi interessava - .
Quella donna oggi è mia moglie.
Da quel giorno il vino divenne la mia vita e una delle mie attività preferite ’’.
Continuammo a parlare in totale apnea fino all’ imbrunire.
Tra un mese ci sarà una degustazione di Torgiano Chardonnay nel museo del vino, vuoi partecipare ? – mi chiese.
Ovviamente un mese dopo stavo là.
Fu la prima delle tre volte che entrai in quel bel museo, collocato nel seicentesco Palazzo Graziani Baglioni e funzionante sin dal 1974.
Sono conservate delle brocche, dei vasi ittiti, dei bronzi etruschi, delle anfore vinarie e dei vetri risalenti all’ epoca romana, che testimoniano la notevole presenza del vino nelle civiltà dei paesi del Mediterraneo.
Il museo ospita inoltre anche una grande raccolta di ceramiche sempre inerenti al vino e dei manufatti che vanno dall’ età medioevale sino ai giorni d’ oggi.
Questa collezione è disposta secondo uno schema che illustra il vino come alimento ( boccali, fiaschi, borracce, coppe, etc…), come medicamento ( vasi farmaceutici, edizioni antiquarie e manoscritti ) e come prodotto mitologico.
Una ricca collezione di incisioni e disegni comprendono numerose opere di autori antichi e contemporanei, come Picasso ad esempio.
A tutto questo si aggiunge una biblioteca di editoria antiquaria con testi di letteratura e trattatistica, e una interessante raccolta di libri a soggetto vitivinicolo.
Immersi in quei tesori, gli invitati già stavano degustando le varie bottiglie di Torgiano presenti in una tavola imbandita dentro una delle sale.
Mario che conosceva praticamente tutti, compreso il proprietario dell’ azienda vinicola organizzatrice dell’ evento, ad un certo momento riuscì a dedicarmi qualche minuto dove mi illustrò tutte le varie D.O.C. del Torgiano e mi invitò a degustare l’ ultimo nato, appunto lo Chardonnay.
La mia idea del giorno precedente era quella di sperimentare ogni Torgiano presente che ancora non conoscevo, ma ricordo perfettamente che il fastidioso mal di testa di quel sabato mi tolse gran parte del piacere che provavo alla scoperta di nuovi prodotti enologici.
Per questo mi limitai appena a mezzo bicchiere del protagonista principale più alcuni patè di carne presenti nella tavola dei vini.
L’ antipatica emicrania comunque non ostacolò più di tanto di apprezzare quel profumo delicato, caratteristico, molto gradevole, meravigliosamente elegante, con un sapore asciutto, pieno e superlativamente aristocratico.
Non mancarono le occasioni in futuro per degustare altri vini di Torgiano, orgogli vinicoli della mia regione.
La brevissima distanza che separa Torgiano dal mio piccolo paese aiutò anche in questo.

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La più piccola zona viticola D.O.C. dell’ Umbria, posta in un ristretto numero di colline nei pressi della confluenza tra i fiumi Tevere e Chiascio e nei dintorni della cittadina medioevale di Torgiano, da origine al primo vino D.O.C. della regione ( Torgiano Rosso ) ed al primo vino D.O.C.G. ( Torgiano Rosso Riserva ) della regione stessa.
La composizione del suolo, il clima favorevole e l’ ottima esposizione al sole, rendono le colline di Torgiano particolarmente vocate alla coltura della vite e alla produzione di eccellenti vini.
Le origini sono millenarie e le tecniche di coltivazione tipicamente etrusche ( viti abbinate ad alberelli ) hanno resistito in molte zone sino alla metà del secolo passato.
Oggi, all’ appoggio della natura, si affiancano nuove tecniche di coltivazione che danno risultati sempre più stimolanti e una sperimentazione continua e all’ avanguardia.
Il nome Torgiano deriva da una contrazione della ‘‘ Torre di Giano ’’, una torre che è il resto di un castello medioevale e che è diventata il simbolo cittadino.
Giano, secondo una leggenda, sarebbe il biblico Noè, che quando scese in Italia dopo il diluvio universale, si fermò in queste zone nella riva sinistra del Tevere.
L’ importanza del vino ha sempre assunto dimensioni importanti nell’ economia di Torgiano, al punto che già nel Medioevo ‘‘ Gli Statuti di Torgiano ’’ prevedevano sanzioni particolarmente severe per chi danneggiava uve e vigneti.
Però in seguito nel XVI º secolo le truppe guidate da Cesare Borgia ( quasi esclusivamente composte da soldati di Luigi XII di Francia ) agli ordini del Papa Alessandro VI, attaccò le piccole Signorie locali che si ribellavano al progetto di unificazione dell’ Italia centrale.
I soldati oltre a saccheggiare impietosamente case e cantine, distrussero anche i vigneti, piegando facilmente l’ economia della cittadina.
Arrivando agli ultimi decenni, la D.O.C. del 1968 ha raddoppiato gli stimoli dell’ unica azienda vinicola di questo vino, che contribuì in modo determinante alla creazione nel 1974 del ‘‘ Museo del vino ’’ in Torgiano.
Questo museo, luogo di visita per gli appassionati del vino di tutto il mondo, presenta reperti archeologici etruschi e romani decisamente interessanti, vecchie strutture vinicole, e una serie di maioliche di età medioevale, barocca e rinascimentale, riguardanti tutte il vino che lo raffigurano nella salute, nell’ alimentazione e nella mitologia.
La consacrazione di tutta questa storia prestigiosa e a tutti gli sforzi effettuati per il raggiungimento della grande qualità del Torgiano di oggi, arrivò nel 1991 con la qualifica massima dei vini italiani : la Denominazione di Origine Controllata e Garantita alla varietà Torgiano Rosso Riserva.
La continua ricerca nelle sperimentazioni di nuovi vitigni come lo Chardonnay, il Pinot grigio, il Pinot Nero, il Riesling Italico e il Cabernet Sauvignon, ha portato oggi a Torgiano una serie di vini veramente notevole che arricchiscono sempre di più la fama di questa zona.
Mi limiterò a ricordare le versioni base che sono alla radice di tanto successo : il Bianco, il Rosso e il Rosso Riserva.
Il Torgiano Bianco che nasce dalle vinificazioni del Trebbiano Toscano ( tra il 50 e il 70 % ), il Grechetto ( 15 – 35 % ) e la Malvasia Toscana, Malvasia bianca di Candia e Verdello ( fino a un massimo del 15 % ).
Ha un profumo molto gradevole e vinoso, il sapore è fresco, leggermente fruttato, piacevolmente acidulo.
È un classico bianco da abbinare a preparazioni leggere di verdure o di pesce, oppure a dei formaggi freschi.
Per il Torgiano Rosso e Rosso Riserva, il Disciplinare prevede l’ utilizzo del Sangiovese ( 50 – 70 %), il Canaiolo ( 15 – 30 % ), il Trebbiano Toscano ( sino al 10 % ) ed eventualmente altri vitigni come il Ciliegiolo e Montepulciano ( per un massimo del 10 % ).
Nella versione Riserva inoltre è previsto un invecchiamento minimo di 36 mesi nei luoghi di produzione, prima della immissione nel mercato.
Ha un bouquet vinoso e delicato, intenso e penetrante quando invecchiato, il sapore è asciutto, di giusto corpo, armonico, equilibrato e strutturato.
Il Torgiano Rosso accompagna carni arrostite, pollame cotto nel forno, carni bianche con preparazioni saporite ed elaborate, e formaggi saporiti di media e lunga stagionatura.
Il Riserva dopo 5 anni diventa più armonico e avvolgente, oltre che alle stesse portate del Rosso accompagna perfettamente la selvaggina di pelo in generale.

CARATTERISTICHE DEL TORGIANO

GRADAZIONE ALCOLICA : - Bianco 11,5 gradi Rosso 12 Rosso Riserva 12,5

COLORE : - Bianco – giallo paglierino brillante Rosso – da rosso rubino brillante a rosso rubino con
sfumature aranciate quando invecchiato


TEMPERATURA DI SERVIZIO : - Bianco 10 gradi Rosso 16 – 18 Rosso Riserva 18
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Se devo rispondere alla domanda ‘‘ Qual’ è il vino che hai più volte degustato ? ’’, non avrei il minimo dubbio : il Bianco e il Rosso dei Colli Perugini.
Hanno fatto parte della mia vita per numerosi anni, prima nell’ azienda vinicola di mio padre e in seguito di un’ altra ‘‘ cantina ’’ sempre produttrice di quei vini che sovrastano le zone circostanti alla mia città.
Mio padre cominciò a dedicarsi quasi per ‘‘ hobby ’’ a un vigneto a partire dal 1975, sette anni più tardi lo affiancai prima come vivaista e co-responsabile del vigneto, poi mi trasformai in cantiniere e responsabile alle vendite.
La decada degli anni ‘ 80 fu particolarmente intensa e ricca di soddisfazioni sotto il profilo enologico.
La qualità del nostro vino raggiunse livelli ottimali e i vitigni erano quelli che il Disciplinare prevedeva, volendo si poteva anche chiedere il riconoscimento D.O.C. .
Però con una eventuale denominazione il legame con il vigneto sarebbe divenuto eccessivamente forte e questo avrebbe potuto pregiudicare in parte le nostre attività principali.
Quindi sia io che mio padre decidemmo di rimanere in una pura ma genuina produzione ‘‘ artigianale ’’.
L’ approvazione dei nostri clienti sul prodotto finale comunque ci diede lo stimolo per continuare fino alla vendemmia del 1988.
Imprevisti problemi di salute e un sensibile calo di consumo pro – capite ci portarono a una decisione triste e inevitabile : togliere più della metà delle viti occupanti il terreno di mio padre e lasciarne il sufficiente per il consumo familiare.
La notizia della mezza rinuncia nel continuare ad essere un discreto produttore di vino, raggiunse velocemente anche Stefano, grande amico di mio padre, il quale proprio in quel periodo aveva bisogno di un venditore per le sue D.O.C. Colli Perugini.
Giovanni può interessarti l’ idea di collaborare nelle vendite dei miei vini ? – mi disse una sera quando fece una visita nella mia casa.
‘‘ Perché no Stefano, ma non posso dedicarmi a tempo pieno alla tua azienda, visto che ho anche un’ altra attività da seguire ’‘.
Seguì una lunga discussione fino a notte inoltrata, alla fine trovammo un accordo sul periodo di tempo settimanale che io potevo dedicare a quella nuova esperienza.
Una esperienza che all’ inizio consisteva nel contattare telefonicamente eventuali nuovi clienti di ogni parte d’ Italia, comportando di tanto in tanto anche qualche viaggio verso sedi di importanti reti di supermercati o di enoteche, o anche più semplicemente verso alcune piccole realtà, soprattutto del Centro e del Nord Italia.
Questo lavoro capillare e attenzioso diede dei buoni risultati al punto che nel 1990 Stefano mi fece una proposta per occuparmi dei suoi vini a tempo pieno e non più appena qualche ora alla settimana.
Tra contabile e venditore di una concessionaria di auto, lavoro che svolgevo fin dal 1983, e venditore di vini, oltre tutto di grande qualità, optai per la seconda ed entrai ufficialmente nell’ azienda di Stefano.
Furono anni determinanti per il mio affinamento al vino e per questo devo ringraziare il mio ‘‘ vecchio ’’ datore di lavoro, visto che ho avuto l’ opportunità di degustare numerosi vini d’ Italia, e partecipare a varie fiere, riunioni e presentazioni, dove ho potuto approfondire la storia e la cultura vinicola di tutte le regioni d’ Italia.
L’ ufficio di Stefano era una vera e propria biblioteca enologica e molto spesso gli chiedevo in prestito qualche libro di vinificazione, di specifiche regioni o di specifici vini.
Fu proprio con Stefano che effettuai il mio primo viaggio all’ estero per una vendita di una certa quantità di vini, nel 1991 a Marsiglia in Francia.
Quel successo fu da assegnare totalmente a lui, il quale conobbe un distributore di quella città francese al Vinitaly di Verona dell’ aprile di quell’ anno.
Questo distributore si entusiasmò così velocemente con quella degustazione che non perse tempo e lo stesso mese fece un ordine.
Coraggio Giovanni, fra qualche giorno prendi il camioncino della ditta e ti fai un viaggetto – mi disse Stefano una mattina.
Ma non costa meno procurare uno spedizionere ? – risposi sorpreso.
‘‘ La differenza maggiore sarà compensata da una premurosa consegna del vino più la possibilità di vedere con i nostri occhi la struttura di questo cliente, perlomeno la prima volta ’’.
Fu la prima consegna di un rapporto felice e duraturo.
Nel 1993 i Colli Perugini di Stefano oltre che in quelli francesi, erano presenti anche in quelli tedeschi, spagnoli e olandesi.
A questa espansione, seguì l’ interesse di esplorazione del Nuovo Continente.
Lui si occupò personalmente degli Stati Uniti, a me vennero assegnati il Brasile e l’ Argentina.
Esattamente nell’ agosto del 1993, dopo vari contatti telefonici con due importatrici di San Paolo e una di Buenos Aires, conosciute da me e Stefano in una Fiera di Colonia in Germania, organizzai il mio primo viaggio sudamericano.
Stefano mi aveva fornito una impressionante serie di accessori che mi diedero non poche difficoltà per la sistemazione in valigia dei miei effetti personali.
Avevo una infinità di depliant, bottigliette di 375 millilitri di tutti i vini che Stefano produceva, un album di foto che narrava la storia totale dell’ azienda, più alcuni prodotti alimentari da omaggiare alle importatrici interessate ; oltre a tutto questo alcuni quaderni contabili da compilare per una eventuale nascita di una relazione commerciale.
L’ investimento di Stefano su quel mio viaggio ebbe un ritorno grazie a Lucio, un simpaticissimo paulistano discendente del nobile popolo giapponese, il quale si convinse sul possibile successo di quel vino umbro nei ristoranti di San Paolo.
Per quello che riguarda l’ Argentina l’ interesse su quei vini fu altissimo, ma le uniche condizioni commerciali dettate da quella importatrice non convinsero Stefano e quel contatto non ebbe un seguito.
Dopo la vendemmia del 1994 ricevetti una offerta da una rete di supermercati sempre per il settore vini, alla quale era impossibile resistergli.
Mi sentivo come se fossi stato un giocatore di calcio di Serie B ( ma non per questo considero l’ azienda di Stefano di categoria inferiore ) e improvvisamente con una proposta da una squadra di Serie A e con forti ambizioni al titolo.
L’ amico e ‘‘ fratello ’’ datore di lavoro comprese il mio imbarazzo nel rifiutare quella ‘‘ chiamata ’’ e, da persona intelligente come lui è, mi lasciò andare.
Terminò quindi dopo dodici anni la relazione diretta con i vini della mia città.
Ringrazio il mio ‘‘ vecchio ’’ per quei passaggi fondamentali di padre un figlio sulle nozioni basiche della vite e del vino, ringrazio Stefano per l’ opportunità concessami di lavorare nella sua azienda, per tutte quelle degustazioni, per le tante bottiglie di Colli Perugini regalatemi, e soprattutto ringrazio tutti e due per aver fortificato quel piacere che un calice di vino già mi concedeva da tempo.
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Nelle colline dell’ Umbria centrale, a Sud di Perugia e alla destra del fiume Tevere, si estende la zona di produzione dei vini ‘‘ Colli Perugini ’’.
Questo territorio è stato contrassegnato con la D.O.C. nel 1982, è quindi una delle più recenti denominazioni controllate della regione.
Con questo riconoscimento la zona ha registrato un veloce e significativo rinnovamento delle tecnologie, abbinato comunque sempre alle antiche tradizioni di vinificazione, tipiche delle colture umbre.
Una intensa specializzazione dei vigneti e una corretta scelta di vitigni hanno contribuito in maniera determinante a un’ alta qualificazione vinicola.
Qui le differenze di clima e di terreni, nonché di ottima esposizione solare, hanno creato dei favorevoli habitat sia per i classici vitigni della zona che per quelli nuovi soggetti a delle nuove sperimentazioni.
I vitigni a bacca rossa prevalenti nella zona dei Colli Perugini sono il Sangiovese, il Montepulciano, il Merlot, il Barbera e il Ciliegiolo.
Nell’ ambito dei frutti a bacca bianca al Trebbiano Toscano che è il più diffuso, si affiancano il Grechetto, il Verdicchio, il Garganega, la Malvasia del Chianti e il più recente Chardonnay.
Da un punto di vista storico e ampelografico è interessante rilevare che in queste zone sono ancora presenti, anche se in basse quantità e non molto utilizzati, dei vitigni autoctoni e secolari come il Pecorina, il Lupeccio, il Mostiola e il Tintarolo.
Per questa D.O.C. sono da considerarsi esclusi i vigneti ubicati in terreni di piano o fondovalle, e quelli ad una quota superiore i 450 metri sul livello del mare.
Le tre denominazioni D.O.C. dei Colli Perugini sono il Bianco ( Trebbiano Toscano 65 – 85 %, Verdicchio, Garganega e Malvasia del Chianti 15 – 35 %, il Malvasia non oltre il 10 % ), il Rosso ( Sangiovese 65 – 85 %, Montepulciano, Ciliegiolo, Barbera e Merlot 15 – 35 %, il Merlot non oltre il 10 % ) e il Rosato ( stessi uvaggi del Rosso ).
Il Bianco presenta un odore etereo, gradevole, molto fine, al gusto si presenta asciutto, fresco, leggermente fruttato ; si sposa alla perfezione con antipasti di mare, piatti di pesce e crostacei, indicato anche come aperitivo.
Il Rosso ha un profumo delicato, vinoso, caratteristico, il sapore è asciutto, sapido, mediamente corposo ; ideale con paste vigorose, arrosti e grigliate e selvaggina di piuma.
Il Rosato ha un bouquet fine, fruttato, delicato, vinoso, il sapore è asciutto, fresco, armonico, morbido e vellutato, invitante perché particolarmente beverino ; si associa stupendamente ad antipasti misti a base di salumi, primi piatti leggeri non speziati, e carni arrostite o grigliate, specialmente quelle di maiale.

CARATTERISTICHE DEI VINI DEI COLLI PERUGINI

GRADAZIONE ALCOLICA : Bianco 11 gradi Rosso 11,5 Rosato 11,5

COLORE : Bianco – giallo paglierino con riflessi verdognoli Rosso – rosso rubino più o meno intenso tendente al granata se invecchiato Rosato – rosa salmone più o meno intenso

TEMPERATURA DI SERVIZIO : Bianco 10 – 12 gradi Rosso 16 – 18 Rosato 12 – 14