sexta-feira, outubro 27, 2006

Capitulo 40 : Sardegna


S A R D E G N A


POSIZIONE GEOGRAFICA

L’ isola della Sardegna è situata a Ovest della penisola italiana e fa parte dell’ Italia Insulare.
La sua forma ricorda approssimativamente un rettangolo in posizione verticale.
La punta Nord, in linea d’ aria, è distante circa 350 chilometri dalla provincia di Latina nel Lazio, mentre l’ estremità Sud, sempre in linea d’ aria, ha una distanza di circa 650 chilometri dalla provincia di Cosenza, in Calabria.
Confina a Nord con le Bocche di Bonifacio, un breve tratto di mare che la divide dall’ isola francese della Corsica, a Est con il Mar Tirreno, a Sud e a Ovest con il Mar di Sardegna o Mar Mediterraneo.


GEOGRAFIA FISICA

La Sardegna ha un territorio composto da vari massicci disposti irregolarmente che coprono il 13 % della regione, è prevalentemente collinare ( 68 % ) e le aree pianeggianti, il restante 19 %, sono costituite nella maggior parte dalla pianura di Alghero e dall’ ampia fascia del Campidano, che da Cagliari sale fino a Oristano.
Il Monte La Marmora ( 1.834 metri ) appartenente al Massiccio del Gennargentu, è la vetta più alta dell’ isola.
La composizione del territorio, formatasi in ere geologiche antichissime, è di natura rocciosa – argillosa.
Nel sottosuolo la Sardegna possiede numerosi e piccoli giacimenti di carbone, piombo e zinco.
La costa, che ha un perimetro complessivo superiore ai 1.000 chilometri, è a tratti sabbiosa, ma soprattutto rocciosa e frastagliata. La povertà di acqua è un grave problema della regione.
I pochi fiumi hanno regime irregolare e torrentizio ; i più importanti sono il Flumendosa, il Mannu, il Tirso e il Coghinas. L’ assenza di importanti laghi naturali è stata sopperita, in parte, dalla creazione di bacini artificiali.
Il lago di Omodeo, sul fiume Tirso, è il più grande Italia ; di buona importanza anche quello del Coghinas, creato sempre con sbarramento artificiale del fiume omonimo.



GEOGRAFIA POLITICA

La Sardegna ha una estensione territoriale di 24.089 chilometri quadrati.
Queste notevoli dimensioni la collocano al secondo posto tra le isole di tutto il Mediterraneo, e al terzo tra le venti regioni italiane, preceduta appena da Sicilia e Piemonte.
Il lento sviluppo economico viaggia proporzionalmente alla bassa crescita demografica.
La regione ha ‘‘ appena ’’ 1.650.000 abitanti, con una media di 68 persone ogni chilometro quadrato ( la più bassa d’ Italia ). La Sardegna è una delle cinque regioni italiane a statuto speciale, ed è divisa nelle quattro province di Cagliari, Sassari, Nuoro e l’ ultima nata Oristano.
Cagliari, oltre a essere il capoluogo regionale, è la città con il maggior numero di abitanti ( 210.000 ), segue Sassari ( 120.000 ), Alghero ( 39.000 ), Nuoro ( 38.000 ) e Oristano con 31.000.
Oltre alle sopracitate, altre località di buon interesse demografico regionale sono Iglesias, Olbia, Carbonia, Quartu S. Elena, Ozieri, Porto Torres, Tempio Pausania e Santa Teresa di Gallura.
Alla regione appartengono le isole di Sant’ Antioco, San Pietro, l’ Asinara, e l’ Arcipelago della Maddalena composto da sette isole, tra le quali Caprera e La Maddalena.
Le vie di comunicazione sono ancora lente, scarse e insufficienti per il traffico commerciale, seppur di relative dimensioni, della regione.


CLIMA

L’ isola gode di clima mite praticamente tutto l’ anno. Immersa in pieno Mediterraneo, il clima della Sardegna ha maggiori analogie con quello dell’ Africa Settentrionale che con l’ Italia continentale.
Gli inverni sono corti, relativamente umidi e miti.
Al contrario le estati sono lunghe, calde e ben asciutte.
Le precipitazioni sono presenti per lo più nel periodo a cavallo tra l’ autunno e l’ inverno, mentre sono scarse in primavera e praticamente assenti in estate.

Questa carenza di piogge favorisce il propagarsi degli incendi da un lato e siccità dall’ altro.


STORIA DELLA REGIONE

La Sardegna ha una storia millenaria.
Nel XX º sec. a. C. giunsero i primi abitanti provenienti dalla terraferma, attraversando la mitologica striscia di terra ‘‘ Tirrenide ’’ che collegava l’ isola alla penisola italiana.
Tra il 1800 e il 500 a. C. si sviluppò la civiltà del popolo nuragico.
Fiere e combattive, queste genti avviarono intensi traffici commerciali con le varie civiltà che entrarono

nell’ isola : fenicia, etrusca, greca e punica.
Durante quest’ ultima, la Sardegna rappresentò per Cartagine il maggior punto commerciale e militare di tutto il Mediterraneo.
Le migliaia di nuraghi, case – fortezza in pietra ancora presenti e disseminate un pò in tutta l’ isola, testimoniano il buon livello di civiltà di quel popolo dedito esclusivamente alla pastorizia e che visse circa 40 secoli fa.
Nel III º sec. a. C. la Sardegna fu uno dei motivi di conflitto tra Roma e Cartagine.
Alla fine della Terza Guerra Punica ( 146 a. C. ) l’ isola fu definitivamente annessa all’ Impero Romano.
Nel X º secolo vennero instituiti nell’ isola dei ‘‘ Giudicato ’’, cioè delle province indipendenti dal governo bizantino, ognuno dei quali comandati da un Giudice ; i più importanti furono quelli di Cagliari, Gallura, Arborea, Torres e Logudoro.
Nel XII º secolo la Sardegna fu soggetta alle scorrerie delle Repubbliche Marinare di Genova e Pisa.
Nel XV º secolo venne conquistata dagli Aragonesi che se da un lato incentivarono l’ agricoltura con nuove tecniche produttive, dall’ altro condannarono l’ isola a un grave periodo di decadenza.
Successivamente con l’ annessione al Regno sardo – piemontese dei Savoia, l’ isola rifiorì.
Dal 1860 appartenne al nuovo Regno d’ Italia.

ATTIVITÀ ECONOMICHE

Per decenni fuori dallo sviluppo industriale e commerciale, la Sardegna ha visto negli ultimi tempi una crescita lenta ma costante.
Oggi l’ agricoltura riveste ancora primaria importanza nelle attività sarde.
Le colture più intense vedono olive e uve da vino innanzitutto, ma anche fiori e prodotti ortofrutticoli in generale.
Intenso è l’ allevamento del bestiame, specialmente ovino e caprino, con notevole produzione di latte, formaggi, carne e lana.
La pesca è molto praticata ( molto famosa è quella dell’ aragosta ), ma più sviluppata ancora è l’ allevamento ittico.
Tra le produzioni tipiche dell’ isola va ricordato il sughero, del quale la Sardegna è una delle zone produttrici più importanti nel mondo.
Nella parte Sud – occidentale, nei pressi di Iglesias, è attiva l’ estrazione di carbone, mentre intorno a Cagliari la presenza di grandi lagune salate favoriscono una cospicua estrazione e lavorazione di sale destinato all’ uso alimentare. Le industrie principali operano nei settori petrolchimico, tessile, metallurgico, metalmeccanico, cartiero e alimentare, con produzioni di latte, vino, formaggi, olio e farina.
Il turismo vede nel patrimonio naturalistico dell’ isola il suo punto di forza.
La Costa Smeralda, La Maddalena, Carloforte, il Golfo di Orosei, sono annualmente luoghi di riferimento per chi ama spiagge piccole e appartate e mare cristallino di colore verde smeraldo.
Alle località balneari si affianca il Parco del Gennargentu, molto caratteristico e di notevole bellezza, situato nel cuore dell’ isola.


LA VOSTRA VACANZA

Organizzare una rapida e dettagliata escursione turisitica nella bella Sardegna, non è cosa tra la più semplici.
L’ isola è molto grande e i luoghi suggestivi o d’ attrattiva sono molteplici, ma anche particolarmente distanti fra loro.
A questo se aggiungo la non brillante presenza di veloci vie di comunicazione, fa capire il perché la regione ‘‘chieda’’ ai suoi visitatori un periodo medio di permanenza che va dai dieci ai quindici giorni, necessari per una esaudiente ‘‘ gita ’’ sarda.
Andiamo a cominciare quindi.
Primo punto di riferimento il capoluogo regionale.

Cagliari situata nel Golfo degli Angeli, estremità Sud dell’ isola, è il principale porto commerciale della Sardegna, secondo dopo Olbia per traffico di passeggeri.
La città fu Municipio romano con il nome di ‘‘ Caralis ’’, mentre nel Medioevo, tra i vari ‘‘ Giudicato ’’ sardi, province indipendenti da Bisanzio e comandate da un Giudice, quello di Cagliari era il più potente.
Oggi la città conserva importanti resti della civiltà Imperiale come l’ Anfiteatro contenente ancora la fossa dove venivano custodite le belve, la Torre medioevale di San Pancrazio costruita nel 1305, la Cattedrale del XIII º sec., ristrutturata in stile barocco tra il XVII º e il XVIII º sec., l’ imponente Palazzo Comunale del XVII º sec., e la Cittadella dei Musei dove potrete ammirare il Museo Archeologico Nazionale con importanti reperti risalenti a varie civiltà, tra le quali quella nuragica e romana.
Oltre a tutto questo meritano una visita, sempre nella Cittadella, la Pinacoteca Nazionale, il Museo Cardu e la curiosa collezione delle Cere.
Uscendo da Cagliari dirigetevi verso Iglesias distante circa 60 chilometri e visitate il Castello del XIV º sec., e la Cattedrale sempre dello stesso periodo.
Lungamente disputata per la ricchezza mineraria delle zone circostanti, tra i Pisani e i Conti della Gherardesca prima, e tra i Spagnoli e la Casa d’ Arborea poi, Iglesias contiene anche varie chiese di grande importanza e interesse turistico.
Da Iglesias portatevi sulla strada che lega Cagliari a Oristano e dirigetevi verso quest’ ultima.
Non mancate di ammirare il Castello di Eleonora d’ Arborea del XIII º sec. in Sanluri, e poco distante, a Sardara, la chiesa romanico – gotica di San Gregorio del XIV º sec. .
Dopo quaranta chilometri arriverete a Oristano, passando per la piccola località di San Giusta con una imponente chiesa romanica del XII º sec. .
I principali monumenti del capoluogo di provincia sono il Duomo del 1200, ricostruito nel XVIII º sec. , la Chiesa di San Francesco del XIX º sec., e l’ affascinante Torre medioevale di San Cristoforo del XIII º secolo.
Ora il prossimo obiettivo è Sassari distante poco meno di 120 chilometri da Oristano.
Durante il percorso fermatevi a Bosa per ammirare la bella chiesa in stile romanico di San Pietro Extramúros e il Castello di Serravalle, e poco più avanti non mancate di deviare per Alghero.
La bella città in provincia di Sassari conserva un affascinante centro storico circondato da mura e torri di origine catalane, il Forte della Maddalena, importante piazzaforte che testimonia l’ importanza strategica della località, la Torre dello Sperone di origini trecentesche ma con aspetto che ricorda l’ architettura spagnola, e la Cattedrale divisa in stile gotico – catalano ( parte posteriore e campanile) e neoclassico ( parte anteriore ).
Da qui dirigetevi verso Sassari lontana una trentina di chilometri, sede di una antica Università fondata nel 1562.
Nel capoluogo visitate la SS. Trinità di Saccargia, bellissima chiesa in stile gotico – aragonese edificata tra la fine del XV º e l’ inizio del XVI º sec., e le due chiese romaniche di San Pietro in Silki e Santa Maria di Betlemme, entrambe costruite nel 1200.
Da Sassari spostatevi più a Nord nel Golfo dell’ Asinara e più esattamente a Castelsardo dove si trova la curiosa opera della natura ‘‘ Roccia dell’ elefante ’’, uno dei simboli della regione.
Salite ora verso l’ estremità Nord dell’ isola rappresentato dall’ Arcipelago della Maddalena, qui potrete visitare una serie di bellissime isole ; tra queste, per gli appassionati di storia, quella di Caprera che conserva la tomba di Giuseppe Garibaldi e la casa dove il celebre personaggio vi soggiornò dal 1856 al 1882.
Dall’ Arcipelago riportatevi sulla costa sarda entrando così nella zona turistica di maggior importanza di tutta l’ isola : la Costa Smeralda.
L’ originalità del litorale, il mare limpidissimo e famosissime località balneari, attraggono ogni anno di più turisti da tutta Europa, ma anche personalità dello sport, dello spettacolo e della politica di ogni angolo del mondo.
Da non perdere Santa Teresa di Gallura, Baia Sardinia e Olbia.
Quest’ ultima è il maggior porto della Sardegna per transito di passeggeri.
Attivissima nella produzione artigianale del legno e della ceramica, a Olbia non mancate di deliziare il vostro palato con ostriche e aragoste.
Nei pressi di questo antichissimo centro greco, cartaginese e romano, visitate le due suggestive spiagge della Tavolara e di Molara, nelle quali si aprono numerose grotte marine naturali di grande bellezza.
Da Olbia ora scendete verso Orosei sempre sul Mar Tirreno, dove oltre il bellissimo golfo potrete ammirare le colonie di foca monaca, che impreziosiscono la fauna dell’ isola.
Da Orosei dirigetevi nell’ entroterra verso Nuoro, distante 105 chilometri da Olbia.
Il piccolo capoluogo di provincia, di origine preromana con il nome di ‘‘ Nugorio ’’, conserva un nucleo storico molto suggestivo con vicoli stretti e contornati da archi in pietra.
Al centro di questo nucleo si trova la Chiesa di San Salvatore, che insieme al Duomo di stile neoclassico del XIX º sec. e la Chiesa di Nostra Signora della Solitudine, rappresentano i monumenti principali della città.
La provincia di Nuoro, la meno popolata della regione, comprende la caratteristica regione della Barbagia e il Gennargentu, la catena montuosa più alta della Sardegna.
Vale la pena entrare in entrambe perché va detto e ripetuto che l’ isola sarda non si limita appena alle coste ma riserva molte altre belle sorprese.
Pertanto da Nuoro dirigetevi a Gavoi, nella Barbagia, lontana 46 chilometri e situata nei pressi del lago di Gusana : qui visitate la chiesa gotica di San Savino del XVI º sec. .
Proseguite in pieno Gennargentu ad Aritzo, cittadina che conserva la Chiesa di San Michele Arcangelo del XIV º sec. . Da Aritzo spostatevi a Laconi, poco distante, da ammirare i resti di un Castello dell’ XI º sec. .
Le bellezze dei luoghi dell’ entroterra sardo, unite a località di villeggiatura ben organizzate con alberghi e ristoranti, daranno alla vostra gita contorni definiti di una vacanza unica e indimenticabile.
Il lungo viaggio in Sardegna potrebbe anche terminare qui.
Ma come escludere le suggestive ‘‘ Rocce rosse ’’ di Arbatax, collocate nel litorale tirrenico a Sud del
Golfo di Orosei, le caratteristiche località disseminate nella Piana di Alghero tra l’ isola dell’ Asinara e il Capo Caccia, l’ isola di Sant’ Antioco, la dolce Carloforte, nota località balneare della piccola isola di San Pietro, Capo Carbonara, Capo Spartivento, Capo Teulada ( tutte nella parte Meridionale dell’ isola ).
Come escludere le numerose chiesette in stile romanico, pisano e lombardo, come quelle di Sant’ Antioco di Bisarcio, Santa Maria di Monserrato a Tratalias, San Nicola a Ottana, San Gavino a Porto Torres, Santa Maria del Regno ad Ardara, San Pietro di Sorres e tante altre disseminate nell’ isola intera.
E come evitare i ‘‘ nuraghi ’’, le antiche abitazioni in pietra di una civiltà risalente a oltre 35 secoli fa, sparse in ogni angolo della bellissima Sardegna.
Tutto questo naturalmente da valutare nell’ ambito del vostro tempo a disposizione, evitando però il più possibile di catalogare alcune di queste attrattive tra le vostre occasioni perdute.



LA STORIA VINICOLA

La coltivazione della vite in Sardegna ha origini millenarie.
Già l’ antichissimo popolo nuragico ( 1800 – 500 a. C. ) conosceva la viticoltura, ampliata e migliorata negli anni 1000 – 300 a. C. dai Fenici, Etruschi, Greci e Cartaginesi.
A conferma di questo sono il ritrovamento di bellissime anfore per il vino nelle necropoli puniche della provincia cagliaritana.

Si narra inoltre che Amilcare, figlio di Annibale, il terribile nemico di Roma, decise di stabilirsi in Sardegna proprio per dedicarsi alla coltivazione dei vigneti.
Quando arrivarono i Romani l’ isola divenne un importante centro vinicolo, continuando fino a tutto il periodo bizantino.
Tra il X º e il XIV º sec. i vini sardi conobbero un periodo di grande splendore con legislazioni perfette che davano garanzie sia sulla qualità che sulle tecniche di produzione.
Tutto questo grazie ai buoni governi dell’ epoca e alla forte convinzione degli abitanti dell’ isola che tutto il lavoro che realizzavano era ausiliato e protetto da ‘‘ Sardus Pater ’’, l’ antico Dio della Sardegna.
Alla fine del 1500 Andrea Bacci, noto enologo dell’ epoca, scrisse il primo libro italiano interamente dedicato ai vini prodotti in quel periodo.
In questa opera egli definì la grande isola come ‘‘ Sardinia insula vini ’’, perché considerava la sua posizione nel Mediterraneo privilegiata e i suoi terreni e clima favorevoli alla produzione di vino ( unico ostacolo la persistenza dei venti ).
Dopo la dominazione spagnola che vide l’ introduzione di nuovi vitigni, ma anche un forte periodo di recessione economica, l’ isola fu annessa al Regno di Piemonte dei Savoia.
In quel periodo l’ alta corposità e l’ elevato tenore alcolico di molti vini sardi contribuirono a rafforzare vari vini francesi, spagnoli e tedeschi, questo fino a tutta la prima metà del Novecento.
Se da un lato l’ isola esportava grandi quantità, dall’ altro tutti i suoi vini erano completamente mascherati da belle etichette di altri paesi.
Dagli anni Sessanta – Settanta però l’ enologia sarda mutò radicalmente le sue tecniche produttive in quanto obsolete per le nuove richieste di mercato.
Ai grandi vini liquorosi, caldi e corposi, nella Sardegna di oggi si affiancano produzioni più leggere, fresche e beverine.
Attualmente nell’ isola vengono prodotti 1.050.000 ettolitri all’ anno collocandosi così al 14 º posto tra le regioni italiane per la produzione di vino ; posizione che sale all’ 11 º nella quantità dei vini D.O.C. che rappresentano il ragguardevole 25 % di tutto il patrimonio enologico.
I vitigni a bacca bianca maggiormente coltivati sono il Nasco, il Torbato, il Vernaccia, il Vermentino, il Trebbiano, il Malvasia di Sardegna e il Moscato.
Quelli a bacca nera invece sono il Bovale sardo, il Bovale di Spagna, il Cannonau, il Monica, il Girò, il Carignano, il Sangiovese e il Pascale.
Numerosi sono i grandi vini della regione.
Tra questi il Cannonau di Sardegna, i vini di Arborea, quelli di Alghero, il Campidano di Terralba, il Carignano del Sulcis, il Girò di Cagliari, i Malvasia di Bosa e di Cagliari, il Mandrolisai, i Monica di Sardegna e di Cagliari, i Moscato di Cagliari, di Sorso-Sennori e di Sardegna, il Nasco di Cagliari, il Nuragus di Cagliari, il Vermentino di Gallura e di Sardegna, e il Vernaccia di Oristano.



APPUNTI DI VIAGGIO

Maggio 1982, dopo 10 giorni di permesso, Alfredo, un collega di Oliena nei pressi di Nuoro, rientrò all’ Ospedale Militare dove prestava servizio nel mio stesso reparto e di Lino l’ abruzzese.
Il simpatico sardo arrivò a Bologna in maggio di quell’ anno dopo aver prestato, a detta di lui, un pesante servizio di due mesi nel Friuli – Venezia Giulia.
Ottenne la licenza straordinaria ( troppo poco tempo passato dal primo giorno di servizio per guadagnare un riposo così prolungato ) purtroppo per motivi familiari.
Sua nonna, martoriata da gravi problemi di salute, si spense un giorno prima che Alfredo tornò in casa.
La burocrazia militare, normalmente lenta a quell’ epoca, non riuscì a velocizzarsi nemmeno in casi umani come questi.
Alfredo dopo aver ricevuto una telefonata sulle cattive condizioni della nonna, perse più di 48 ore tra visti, timbri, firme e attesa del biglietto che non arrivava mai.
Ma entriamo ora nella parte del racconto più rilassante.
Io e i miei amici, sette giovani militari appartenenti allo stesso settore, decidemmo di organizzare un piccolo comitato di ricevimento al rientro di Alfredo dalla Sardegna.
Era un ragazzo minuscolo, molto educato, sempre pronto nell’ aiutare il prossimo.
Per questo il disagio e tristezza con il quale se ne era andato volevamo compensarlo con un suo rientro più allegro, per quanto fosse possibile.
Comprammo con grande sforzo economico, torte, pasticcini e qualche bottiglia di Spumante.
Conservammo il tutto nel frigorifero privato del Capitano, scongiurandolo di non toccare nulla perché erano tutti prodotti destinati a una opera buona.
Sebbene grandissimo goloso, l’ ufficiale ravennate riuscì nell’ impresa.
Il rientro di Alfredo era previsto ( come effettivamente accadde ) nel tardo pomeriggio del giorno seguente ai nostri acquisti. Tutto perfetto ? Macché !
Al ritorno dalla pasticceria venni informato che ero stato estratto come uno dei componenti del gruppo di guardia a cominciare dalle otto della mattina successiva.
I miei turni di controllo, spezzati da quattro ore di riposo, erano così suddivisi : 12,00 / 14,00,18,00 / 20,00, 24,00 / 02.00, 06,00 / 08,00 .
Praticamente non avrei potuto partecipare né all’ organizzazione della piccola festa, né al rientro di Alfredo previsto per le sei del pomeriggio.
Alla fine del secondo turno di guardia mi diressi rapidamente al mio reparto e quello che trovai fu una autentica sorpresa.

Erano tutti intenti a spazzolare una ricca cena sarda.
Quello che avevamo organizzato per il buon amico di Oliena era nulla in proporzione a quello che lui aveva preparato per noi.
Un borsone pieno zeppo di prelibatezze isolane : il pane tipico della Sardegna, basso, bassissimo, come quello siriano, ma croccante tipo cracker, pecorino sardo, almeno tre forme, sufficienti per un mese a una famiglia di quattro persone, ma che sparirono tutte regolarmente dopo neanche un’ ora, deliziosamente piccante e con un profumo che veleggiò nell’ aria per due giorni, salame sempre piccante che invitava a bere ogni volta che si collocava una fettina in bocca.
Alfredo sapeva benissimo che quell’ invito era altamente possibile se non scontato per ognuno di noi.
Per ‘‘ precauzione ’’ quindi portò oltre a tutto quel ben di Dio, due bottiglie da due litri ognuna di Cannonau prodotto da suo padre, una bottiglia di Grappa sarda con un tenore alcolico che sfiorava gli ‘‘ 8.000 gradi ’’, sempre di produzione familiare, e una di Monica di Sardegna regolarmente etichettata, di una azienda vinicola del Nuorese.
Se aggiungo a tutto questo liquido anche le tre bottiglie di Spumante, in otto persone avevamo a disposizione quasi un litro a testa. Poco ?! Assolutamente no !
Quei vini attraversavano varie fasce di colori, dal bianco trasparente della Grappa, passando per il giallo dorato dello Spumante, fino al rosso rubino dei due vini, e la loro forza alcolica era notevole :
lo Spumante di 12, il Cannonau di 13, il Monica di 11 e la Grappa di 42 gradi, davano una media complessiva di 16 gradi in ogni bicchiere che ingurgitavamo avidamente.
Il risultato fu scontato : i nostri palati sempre brucianti precisavano sempre di essere bagnati, prima dal vino poi dalla Grappa, dalla Grappa di nuovo seguita dal vino, anche grappa e vino insieme.
A chiudere canzoni sarde a squarciagola che nessuno ( tranne Alfredo ) ne conosceva l’ esistenza, e allegra bevuta finale di Spumante.
Se però per tutti gli altri allegri partecipanti della festa la serata si concludeva in una bella dormita, io al contrario dovevo effettuare il mio terzo turno di guardia da mezzanotte alle due.
Tra il nascondere lo stato euforico – confusionale davanti i Sottoufficiali e cercare di fermare continuamente l’ intero Ospedale Militare che mi ruotava velocemente intorno, vi assicuro che furono tra le più lunghe due ore della mia vita. Per fortuna tutto terminò tranquillamente.
Negli anni successivi passare di fronte a una bottiglia di Cannonau in qualche punto vendita di vini fu relativamente semplice in quanto è abbastanza diffuso nella Penisola, più complicato invece è incontrare il Monica di Sardegna, limitato per lo più ai confini regionali.
Ma in ogni occasione che i miei occhi si fermarono di fronte a uno di quei vini, nella mente riapparivano immagini, un poco sbiadite dal tempo ma sempre piacevoli, di quella incredibile serata e di quelle due ore infinite, piene di severa responsabilità e di fumi dell’ alcool.
*
Il vitigno Cannonau è diffuso praticamente in ogni angolo dell’ isola della Sardegna, a tal punto che da solo copre circa il 20 % di tutta la superficie vitata del territorio.
Le origini e la provenienza di questo vitigno non sono conosciute con certezza assoluta, ma la maggior parte degli studiosi in merito sono concordi ad affermare che fu importato nell’ isola dagli Spagnoli e che il nome deriva dal ‘‘ Canonazo di Siviglia ’’, vitigno presente in Spagna anche con il nome di ‘‘ Granaxa Aragonese ’’, e nel Sud della Francia con ‘‘ Grenache ’’.
Gli impulsi maggiori dati alla viticoltura sarda, oltre che dai Romani che dominarono l’ isola per oltre cinque secoli, provenirono anche dal Governo del Regno di Piemonte e di Sardegna, dove in quel periodo i vini caldi e corposi prodotti in territorio sardo erano molto apprezzati dai consumatori del continente europeo.
Negli ultimi decenni una famosa azienda vinicola locale utilizzò nuovi sistemi di impanti e di vinificazione, trasformando così il Cannonau da imperioso e potente a un vino con tenore alcolico più contenuto e di più facile approccio al gusto dei consumatori attuali.
Il disciplinare prevede nella produzione di questo vino che i terreni coprino esclusivamente l’ ambito territoriale della Sardegna, che siano derivati da recenti alluvioni e non eccessivamente calcarei, e non particolarmente interessati da fenomeni di salinizzazione come nel caso di alcuni suoli costieri.
Nonostante la grande diffusione del vitigno, la quantità del Cannonau era abbastanza limitata fino a non molto tempo fa.
La produzione di uva infatti era di appena 30 – 40 quintali per ettaro contro i 110 previsti dal disciplinare : questo era dovuto a una antica usanza di effettuare potature cortissime su impianti ad alberello con tagli drastici alla produzione.
Oggi la tecnica di coltura della vite, come già detto, sta mutando nei sistemi più tradizionali e la reperibilità del vino Cannonau si va via via espandendo sempre di più anche in regioni lontane dalla Sardegna.
Il vitigno omonimo entra nel 90 % della vinificazione, mentre per il restante vengono utilizzati il Bovale grande, Bovale sardo, Carignano, Monica e Pascale di Cagliari, che sono i vitigni raccomandati o autorizzati dal disciplinare.
Il Cannonau può essere prodotto in molteplici versioni :
- Tranquillo con invecchiamento minimo di quattro mesi e contenuto massimo in zuccheri residui di 20 gr. / litro ;
- Superiore con invecchiamento obbligatorio di un anno, almeno sei mesi in botte, e che si divide in Superiore Naturalmente Secco ( 10 gr. / litro di zuccheri residui ), Superiore Naturalmente Amabile ( tra i 10 e i 25 gr. / litro ), e Superiore Naturalmente Dolce ( 40 gr. / litro ).
Queste varietà che seguono sono più rare e difficilmente reperibili :
- Riserva con invecchiamento minimo di due anni di cui almeno sei mesi in botte ;
- Rosato prodotto mediante fermentazione in bianco ;
- Liquoroso con aggiunta di alcool di origine viticola, al mosto o al vino naturale, e che si divide in Liquoroso Secco ( 10 gr. / litro di zuccheri residui ) e Liquoroso Dolce Naturale ( 50 gr. / litro ), entrambi con invecchiamento di un ano in botti di rovere o di castagno.
Queste ultime varietà sono vinificate con uve appassite naturalmente.
Il Cannonau in generale ha un profumo molto gradevole, leggermente vinoso, caratteristico, il sapore va dal secco al dolce, sapido, caldo, armonico, talvolta giustamente tannico.
La versione Tranquilla accompagna primi piatti ben strutturati come paste ripiene ( cannelloni, lasagne, tortellini, ravioli, etc…), carni in umido sia bianche che rosse, bolliti misti, grigliate di carne e arrosti di vitello o di maiale.
Le versioni invecchiate secche, dotate di maggiore struttura, oltre alle sopracitate preparazioni della varietà base, sono ottime da proporre al fianco di carni rosse lungamente cotte o selvaggina di pelo come il cinghiale, la lepre, il daino, il capriolo, etc… .
Eccellenti nell’ accompagnamento di formaggi saporiti e stagionati.
Il Rosato, bevuto tra il secondo e il terzo anno di età, accompagna carni bianche con salse ben saporite, carni rosse non molto elaborate, e pesci molto saporiti come il baccalà.
Le versioni Liquoroso si abbinano alla pasticceria secca ( Dolce Naturale ) o come vino da meditazione ( Secco ).

CARATTERISTICHE DEL CANNONAU

GRADAZIONE ALCOLICA - Tranquillo 12,5 gradi Riserva 13,5 gradi Sup. Nat. Secco 15 Rosato 12,5
Sup. Nat. Amabile 15 Liq. Dolce 18 Sup. Nat. Dolce 14 Liq. secco 19

COLORE - Rosso rubino più o meno intenso con tendenza all’ arancione quando invecchiato

TEMPERATURA DI SERVIZIO - Tranquillo 16 – 18 - Riserva 18 Sup. Nat. Secco 18 Rosato 12 – 14
Sup. Nat. Amabile 16 – 18 Liq. Dolce 14 – 16 Sup. Nat. Dolce 14 – 16 Liq. secco 16
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L’ uva Monica probabilmente fu importata in Sardegna dalla Spagna con il nome di ‘‘ Morillo ’’, successivamente ‘‘ Uva Mora ’’ per poi essere ‘‘ italianizzata ’’ nel nome attuale.
Altri attribuiscono la provenienza con l’ invasione dei Mori, basandosi sempre sul nome Morillo come ancora quest’ uva viene chiamata nell’ entroterra dell’ isola.
Questa seconda ipotesi però non è del tutto attendibile, in considerazione del fatto durante le invasioni dei Saraceni nell’ isola, la Sardegna passò il suo più brutto periodo di storia, dove era molto difficile sopravvivere tra guerre e la malaria.
Non è molto credibile pertanto che esistesse qualcuno in quegli anni che si dedicava alla coltura di nuove piante.
La produzione del Monica di Sardegna prevede un invecchiamento minimo obbligatorio di sei mesi ; gli uvaggi sono composti dall’ uva omonima per l’ 85 % con l’ aggiunta di altri vitigni a frutto rosso raccomandati o autorizzati per la regione con un massimo del 15 % ( in prevalenza Pascale di Cagliari e/o Carignano ).
Un poco differente la vinificazione dell’ altra D.O.C. Monica di Cagliari dove le uve Monica entrano nel 95 % degli uvaggi o addirittura in purezza.
Il vino Monica è prodotto nell’ intero territorio regionale, escludendo i terreni male esposti e quelli di debole spessore derivati da rocce compatte, le dune attuali, terreni salsi, terreni derivati da alluvioni recenti interessati dalla falda freatica, e i terreni situati a oltre 400 metri sul livello del mare.
Il profumo è molto intenso, etereo, gradevole, il sapore asciutto o amabile, sapido, media corposità, morbido, caldo, piacevolmente armonico.
È prodotto nelle versioni Tranquillo, Frizzante, Amabile e Superiore, quest’ ultimo dotato di maggiore struttura.
La versione Tranquillo accompagna primi piatti con sughi di carne saporiti, carni bianche arrostite, carni rosse alla griglia, mentre il Frizzante può anche accompagnare portate più grasse come fritti misti di carne.
La versione Amabile è ideale invece con formaggi piccanti o pasticceria secca.
Il Monica Superiore infine, stessi piatti della versione Tranquilla più carni rosse con preparazioni elaborate, selvaggina di piuma come germano reale, fagiano, starna, pernice, e formaggi a pasta dura lungamente stagionati.

CARATTERISTICHE DEL MONICA

GRADAZIONE ALCOLICA - Tranquillo 11 gradi Frizzante 11 Amabile 11 Superiore 12,5


COLORE - Rosso rubino chiaro e brillante, con riflessi porpora tendenti all’ amaranto quando invecchiato

TEMPERATURA DI SERVIZIO - Tranquillo 16 – 18 Frizzante 16 Amabile 14 – 16 Superiore 18
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Fino al momento in cui sto scrivendo questo libro non ho ancora avuto la fortuna di entrare in Sardegna.
È senza dubbio una fortunata occasione quella di entrare in terra sarda visto che a detta di tutti la regione è semplicemente ‘‘ linda ’’.
Insieme al Molise e alla Basilicata, l’ isola fa parte di quel trittico di regioni italiane dove le mie lacune vinicole – turistiche sono ancora in gran parte da colmare.
Ma se le due piccole regioni del Sud Italia ho avuto l’ opportunità di attraversarle, sia pur rapidamente, come già accennato nella grande isola purtroppo non ho mai collocato un piede.
Nonostante questo ho sempre rivolto un occhio di riguardo alla storia sarda, in particolare a quella vinicola, e in ogni occasione – praticamente tutte indirette – che ho avuto di degustare del buon vino di quella terra, ho cercato di carpirne i segreti e di immagazzinare più informazioni possibili.
In questo ringrazio Giuseppe e Stefania di Perugia per la magnifica cena di pesce di qualche anno fa, anticipata da cacio sardo e Vernaccia di Oristano, complementata da una bottiglia di Nuragus, e superbamente conclusa da una incredibile Vernaccia di Oristano Liquorosa.
Ringrazio ancora il mio grande amico ed ex compagno di scuola, frequentatore incallito della Costa Smeralda, per la squisita bottiglia regalatami di Vermentino di Sardegna, inusuale e sorprendente per la freschezza, in quanto vino prodotto in zone molto soleggiate e temperature medie piuttosto elevate.
Ho sempre quindi degustato vini sardi lontano dalla loro zona d’ origine, provando ogni volta ammirazione e stupore per la grande qualità raggiunta dai vini di quel’ isola.
Ma la mia ambizione a una maggiore scoperta dei vini sardi non voglio farla terminare qui.
Berli un giorno nella Gallura, nella Barbagia, ai piedi del Gennargentu, nel Campidano, o di fronte a quel tanto decantato mare di colore verde smeraldo, significherà ampliare ulteriormente le non facilmente descrivibili sensazioni che un qualsiasi vino sardo riesce a trasmettere.
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Il nome del vitigno Vernaccia deriverebbe da ‘‘ Vite Vernacula ’’ che significa vite del posto, nome attribuito alla pianta dall’ agronomo latino Marco Giulio Columella, quando venne scoperta nell’ entroterra della città di Tharros vicino a Oristano, dove reperti archeologici testimoniano la presenza della vite.
Una leggenda, per alcuni meno attendibile, narra che la provenienza del nome deriverebbe dalla storia che gira intorno alle lacrime di Santa Giusta patrona di Oristano.
La malaria allora imperversava nell’ isola e causava vittime giorno dopo giorno.
I sardi, impotenti a questo misterioso male, implorarono l’ aiuto di Dio, e fu così che Santa Giusta, scesa dal cielo, si trovò di fronte a una triste realtà e cominciò a piangere.
Dove caddero le lacrime nacquero delle pianticelle che successivamente dettero dei frutti ; nel timore che tutto ciò sparisse velocemente come altrettanto velocemente era apparso, gli uomini raccolsero i frutti, li pigiarono e il succo ottenuto lo posero in grandi anfore.
Appena i malati, arsi dalla febbre, bevevano un poco di quello strano liquore si sentivano immediatamente meglio.
Da allora i sardi hanno combattuto la malaria bevendo Vernaccia, il cui nome proviene ‘‘ Vernum ’’, primavera, la stessa sbocciata nell’ isola per l’ effetto benefico del nettare bevuto dai suoi abitanti.
Nel 1335 la ‘‘ Giudichessa ’’ Eleonora d’ Arborea emanò la carta rurale ‘‘ Corte de Logu ’’, dove venivano stabilite delle norme di disciplina per la coltura dei vigneti della Vernaccia e per la raccolta delle uve.
Fino alla metà del secolo passato la Vernaccia era un prodotto artigianale, le sue produzioni erano incostanti e l’ invecchiamento veniva effettuato molte volte in locali inadeguati.
Nel 1953 iniziò invece una vera e propria produzione aziendale che mutò sia le coltivazioni sia, soprattutto, le tecniche di vinificazione e i tempi e i luoghi per l’ invecchiamento.
È interessante notare che anche la Vernaccia nasce all’ interno di una fascia di territorio compresa tra il 35 º e il 42 º parallelo : è la fascia mitica dei vini liquorosi ; infatti qui nascono i vini dell’ isola di Madeira, il Porto, lo Sherry, il Marsala, e appunto la Vernaccia di Oristano.
La vendemmia è tardiva garantendo all’ uva un alto tasso zuccherino e il vino ottenuto viene collocato in botti senza riempirle completamente.
Nella superficie con il contatto tra il vino e l’ aria, si forma una pellicola di lieviti chiamata ‘‘ flor ’’ ( come nello Sherry ), che protegge il vino dall’ ossidazione e comunica allo stesso il particolare bouquet.
In questa singolare vinificazione, le uve del vitigno omonimo sono utilizzate in purezza, e il vino ottenuto è sottoposto a un invecchiamento minimo di 30 mesi.
La Vernaccia ha un profumo delicato, etereo, con un intenso bouquet dal caratteristico sentore di mandorlo in fiore, il sapore è asciutto, sapido, fine, sottile, caldo, su di un fondo leggermente amaro di mandorle.
D.O.C. dal 1971 la Vernaccia di Oristano è prodotta anche nelle seguenti versioni :
- Superiore con invecchiamento di 42 mesi ;
- Superiore Riserva con invecchiamento di 54 mesi ;
- Liquorosa con invecchiamento di 30 mesi e un contenuto in zuccheri tra i 50 e gli 80 gr. / litro ;
- Liquorosa Dry con invecchiamento di 30 mesi ma con un contenuto in zuccheri non superiore ai 40 gr. / litro ;
Essendo un vino di forte gradazione alcolica il suo abbinamento al cibo risulta essere una operazione piuttosto complicata, si può provarlo con pesci affumicati dal sapore abbastanza marcato, o con carni rosse lungamente cotte, magari in una salsa bagnata con la stessa Vernaccia.
Le varietà invecchiate o quelle liquorose possono essere proposte a 6 – 8 gradi di temperatura come aperitivo con formaggi saporiti e stagionati, oppure a temperature ambiente come vino da meditazione.

CARATTERISTICHE DELLA VERNACCIA DI ORISTANO

GRADAZIONE ALCOLICA - Tranquilla 15 gradi Superiore 15,5 Superiore Ris. 15,5
Liquorosa 16,5 Liquorosa Dry 18

COLORE - Giallo ambrato più o meno carico a seconda dell’ invecchiamento

TEMPERATURA DI SERVIZIO - Tranquilla 6 – 8 gradi Superiore 8 – 18 Superiore Ris. 8 – 18
Liquorosa 8 – 18 Liquorosa Dry 8 – 18
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In Sardegna il Nuragus è senza dubbio il vino che gode della maggiore presenza quantitativa ; i suoi vigneti coprono circa il 33 % dei suoli vitati.
Intorno al 1800 a. C. il popolo dei Nuragi invase l’ isola e disseminò sul territorio i nuraghi, che sono abitazioni in pietra, molte delle quali sono sopravvissute ai millenni.
Queste antichissime genti, che già conoscevano la vite, svolgevano intensi traffici commerciali con i Fenici, i Greci, gli Etruschi, e i Cartaginesi.
Un loro eroe, Sardus, passò alla leggenda e i Romani in onore a questo personaggio chiamarono l’ isola ‘‘ Sardinia ’’, successivamente trasformatosi nel nome attuale.
L’ origine del vitigno Nuragus non è certa ; alcuni sostengono che fu importato dai Fenici, altri ritengono che sia invece un vitigno autoctono nato in prossimità dei nuraghi.
Nonostante l’ origine incerta, il Nuragus comunque è diventato il simbolo enologico dell’ intera isola.
Nel suo percorso attraverso i secoli il Nuragus, vitigno particolarmente resistente a adattabile a diversi terreni, uscì praticamente indenne dalle crisi causate da epidemie crittogamiche.
Queste malattie che devastarono molti vigneti, giovarono al Nuragus, permettendogli di conquistare i vuoti lasciati da altre varietà ed espandere ulteriormente il proprio vitigno.
Né gli sbalzi di temperatura che occorrono nei mesi di febbraio e marzo, quando le viti entrano nel risveglio vegetativo, intimoriscono il Nuragus.
Infatti la sua fioritura avviene tardivamente a primavera inoltrata, e la sua fruttificazione è talmente elevata che il Disciplinare prevede per queste uve la resa per ettaro di 200 quintali, quando invece la media degli altri vini D.O.C. italiani è intorno ai 100 – 120 quintali.
Questa elevata quantità però può anche incidere negativamente sul prodotto finale, cosicché nelle annate eccezionali i produttori più attenti riducono le rese per realizzare un vino qualitativamente migliore.
Nel 1975 venne riconosciuta la Denominazione di Origine Controllata al Nuragus di Cagliari.
Le zone di produzione comprendono tutta la provincia di Cagliari, numerosi comuni in provincia di Oristano e alcuni nella provincia di Nuoro.
Sono da considerarsi esclusi i terreni situati oltre i 500 metri sul livello del mare, quelli con microclima umido e ventoso, i suoli salsi, idromorfi, eccessivamente liscivati, poco profondi, rocciosi e quelli sabbiosi delle zone costiere.
Il vino Nuragus è ottenuto impiegando l’ omonimo vitigno minimo all’ 85 %, con eventuali aggiunte di altri vitigni a frutto bianco non aromatici, raccomandati o autorizzati per la zona.
Il Nuragus è prodotto in quattro versioni diverse : Secco, Tranquillo, Secco Frizzante, Amabile Tranquillo e Amabile Frizzante.
Generalmente presenta un aroma vinoso più o meno intenso, armonico, fruttato e floreale, il sapore è sottile, leggero, fresco, gradevolmente acidulo, piacevolmente secco o amabile a seconda delle produzioni.
La varietà Secco Tranquillo accompagna piatti delicati a base di pesce o verdure, e formaggi freschi.
La varietà Secco Frizzante si presta ad accompagnare preparazioni fritte di pesce o di verdure, portate più grasse in quanto la presenza di anidride carbonica effettua una azione ripulente della bocca.
Gli ‘‘ Amabile ’’ sono consigliati per accompagnare dessert : dolci lievitati e ripieni di creme, crostate di frutta, torte secche ( Tranquillo ), e pasticceria da forno e dolci al cucchiaio ( Frizzante ).

CARATTERISTICHE DEL NURAGUS

GRADAZIONE ALCOLICA - 10,5 gradi

COLORE - Giallo paglierino tenue talvolta con leggeri riflessi verdolini

TEMPERATURA DI SERVIZIO - Secco Tranquillo 8 – 10 Secco Frizzante 6 – 8
Amabile Tranquillo 8 – 10 Amabile Frizzante 8
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Il vitigno Vermentino oggi è coltivato in una fascia che parte dall’ isola di Madeira, passando per i territori costieri della Spagna orientale, il Sud della Francia, la Liguria, fino a scendere alle isole della Corsica e della Sardegna.
Qui arrivò con gli Spagnoli e l’ area iniziale dove si radicò corrisponde alla Gallura, una regione nel Nord della Sardegna compresa tra le città di Olbia e Sassari.
Negli anni `30 del secolo scorso cominciò a diffondersi nel resto dell’ isola, principalmente nei dintorni di Alghero ( provincia di Sassari ) e nella provincia di Cagliari.
Negli anni `60 il Vermentino era ancora un vino corposo e alcolico e tali caratteristiche impedivano al prodotto di decollare nel mercato continentale.
Fu nel decennio successivo, quando vennero adottate nuove tecniche di vinificazione che il ‘‘ nuovo ’’ Vermentino, più leggero, fresco e aromatico, valicò i confini isolani ottenendo un veloce successo.
Un successo che portò alla D.O.C. nel 1989 per il Vermentino di Sardegna e addirittura la D.O.C.G. per quello di Gallura che l’ ha recentemente acquisita.
Benché oramai diffuso in tutta l’ isola, in Gallura, terra arsa e ostica alle più comuni coltivazioni agricole, incessamente battuta dai venti di Maestrale, il Vermentino riesce a esprimersi con caratteristiche di spiccata personalità.
Ciò è dovuto principalmente, oltre alle condizioni microclimatiche, alla particolare conformazione dei terreni caratterizzati da un substrato di natura granitica alquanto magro e povero.
Ne deriva un vino più profumato dove in perfetta armonia si fondono buona gradazione alcolica, fragranza e corposità.
Diversamente dalla Gallura, le altre zone della Sardegna in cui viene coltivato il Vermentino presentano terreni più ricchi e fertili che permettono produzioni per ettaro più elevate e un vino dal tenore alcolico più contenuto, gentile e beverino, con personalità meno prorompente ma ben delineata, differenziata da zona a zona.
Per la vinificazione del Vermentino di Sardegna viene utilizzato il vitigno omonimo minimo all’ 85 %, con aggiunte che non possono superare il 15 % di altri vitigni a bacca bianca.
Nella zona di Gallura le uve Vermentino raggiungono negli uvaggi la percentuale minima del 95 %.
Nei pressi di Alghero è ancora in atto la vinificazione in purezza, cioè uve Vermentino al 100 %.
Il Vermentino di Sardegna ha profumo caratteristico, delicato e gradevole, il sapore è secco, sapido, fresco, acidulo, con leggero retrogusto amarognolo.
Il Vermentino di Gallura ha un aroma intenso, sottile, con bouquet delicato, il sapore è secco, alcolico, morbido, bassa acidità, con un fondo amarognolo decisamente gradevole.
Alla D.O.C. Vermentino di Sardegna si affianca anche la varietà Spumante, con caratteristiche simili alla versione base, più una spuma intensa con perlage fine e persistente, e la varietà Amabile.
La D.O.C.G. Vermentino di Gallura è prodotta anche nella versione Superiore, con maggiore gradazione alcolica, ricca di calore e personalità.
Generalmente è un vino da antipasti leggeri a base di pesce o crostacei, primi piatti marinari, pesci al forno, verdure bollite, eccezionale con l’ aragosta, ma non sfigura al fianco di carni bianche grigliate come nel caso del Vermentino di Gallura.
La varietà Spumante è indicata ad accompagnare fritture di pesce e crostacei, ma anche zucchine e melanzane sempre in preparazioni fritte.
La varietà Amabile accompagna pasticceria da forno e torte con frutta.

CARATTERISTICHE DEL VERMENTINO

GRADAZIONE ALCOLICA - Vermentino di Sardegna 9,5 gradi Amabile 9,5 Spumante 10
Vermentino di Gallura 12 Vermentino di Gallura Superiore 13

COLORE - dal bianco carta al giallo paglierino tenue per il Vermentino di Sardegna ;
giallo paglierino con leggeri riflessi verdolini per il Vermentino di Gallura

TEMPERATURA DI SERVIZIO - Vermentino di Sardegna 8 gradi Spumante 6 – 8 Amabile 8
Vermentino di Gallura 10 Vermentino di Gallura Superiore 12

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