
T O S C A N A
POSIZIONE GEOGRAFICA
La Toscana è la maggior regione dell’ Italia Centrale.
Confina a Nord – Ovest con la Liguria, a Nord con l’ Emilia – Romagna, a Est con le Marche e l’ Umbria, a Sud con il Lazio e a Ovest è bagnata dal Mar Tirreno.
GEOGRAFIA FISICA
Il territorio della Toscana è prevalentemente collinare ( 66,5 % ) e montagnoso ( 25,1 % ).
Le poche pianure ( 8,4 % ) sono distribuite nella bassa valle dell’ Arno e nella fascia costiera, in ampiezze variabili, dalla Versilia nei pressi di Viareggio, fino alla Maremma ai confini con il Lazio.
Il confine settentrionale è delimitato dalla catena appenninica Tosco – Emiliano con delle cime che non superano i 2.000 metri.
Numerosi sono i passi che solcano questa catena e che facilitano l’ accesso alla confinante Emilia – Romagna : Porretta, Futa, Cisa, Abetone, Cerreto e Muraglione.
Nella parte Centro – Occidentale della regione è situato l’ Antiappennino delle Alpi Apuane, che degradano nelle famose zone collinari del Chianti e delle Metallifere.
A queste colline si aggiungono numerose vallate che separano in molti tratti l’ Appennino dall’ Antiappennino : tra queste vale la pena ricordare quella della Lunigiana, il Mugello, la Garfagnana, il Valdarno e la Val di Chiana.
Le coste sono in prevalenza basse e sabbiose, un tempo totalmente paludose, oggi completamente bonificate.
Quello che è rimasto dopo la bonificazione sono il Lago di Massaciuccoli e la Laguna di Orbetello.
Se si esclude l’ Arno, non sono presenti fiumi di particolare importanza, essendo per lo più irregolari e a regime torrentizio : Sieve e Era ( affluenti dell’ Arno ), Serchio, Magra, Ombrone, e Albegna tra i più importanti.
Nella parte Centro – Occidentale della regione è situato l’ Antiappennino delle Alpi Apuane, che degradano nelle famose zone collinari del Chianti e delle Metallifere.
A queste colline si aggiungono numerose vallate che separano in molti tratti l’ Appennino dall’ Antiappennino : tra queste vale la pena ricordare quella della Lunigiana, il Mugello, la Garfagnana, il Valdarno e la Val di Chiana.
Le coste sono in prevalenza basse e sabbiose, un tempo totalmente paludose, oggi completamente bonificate.
Quello che è rimasto dopo la bonificazione sono il Lago di Massaciuccoli e la Laguna di Orbetello.
Se si esclude l’ Arno, non sono presenti fiumi di particolare importanza, essendo per lo più irregolari e a regime torrentizio : Sieve e Era ( affluenti dell’ Arno ), Serchio, Magra, Ombrone, e Albegna tra i più importanti.
GEOGRAFIA POLITICA
La Toscana è la quinta regione d’ Italia con una estensione territoriale di 22.993 chilometri quadrati.
Gli abitanti sono 6.530.000 ( seconda per numero dopo la Lombardia ) distribuiti in 10 province : Firenze. Pisa, Livorno, Pistoia, Prato, Grosseto, Arezzo, Siena, Lucca e Massa-Carrara.
Il capoluogo regionale è Firenze che è anche la maggior città ( 780.000 ), seguono Livorno ( 171.000 ), Prato ( 167.000 ), Pisa ( 101.500 ), Arezzo ( 91.600 ), Pistoia ( 89.500 ), Lucca ( 87.000 ), Grosseto ( 72.000 ), Massa e Carrara ( 67.000 ) e Siena ( 58.500 ).
Altre città di buona importanza per le loro dimensioni sono Empoli, Viareggio, Pietrasanta, Volterra, Piombino, Sinalunga, Montepulciano, Bibbiena, Signa, Sansepolcro, Montevarchi, Cortona, Chiusi, San Gimignano, San Giovanni Valdarno, Follonica, Orbetello e Montecatini Terme.
Alla regione appartengono tutte le isole facenti parte dell’ Arcipelago Toscano : Elba, Capraia, Gorgona, Montecristo, Pianosa, e Giglio.
La bellezza dei luoghi, la forte concentrazione demografica e l’ eccellente economia hanno portato alla creazione di vari snodi autostradali di rilevante interesse : la A – 1 che scende da Bologna, passa per Firenze, prosegue verso Roma, attraversando il lato orientale della regione da Nord a Sud, la caratteristica e molto famosa A – 11 ( Firenze – Mare ) che unisce il capoluogo regionale alla Versilia e alla provincia di La Spezia nella Liguria, la A – 12 ( Genova – Pisa – Livorno ) che si interrompe a metà regione e che a lavori completati sostituirà la vecchia ‘‘ Tirrenica ’’, unendo Genova a Roma.
Alla regione appartengono tutte le isole facenti parte dell’ Arcipelago Toscano : Elba, Capraia, Gorgona, Montecristo, Pianosa, e Giglio.
La bellezza dei luoghi, la forte concentrazione demografica e l’ eccellente economia hanno portato alla creazione di vari snodi autostradali di rilevante interesse : la A – 1 che scende da Bologna, passa per Firenze, prosegue verso Roma, attraversando il lato orientale della regione da Nord a Sud, la caratteristica e molto famosa A – 11 ( Firenze – Mare ) che unisce il capoluogo regionale alla Versilia e alla provincia di La Spezia nella Liguria, la A – 12 ( Genova – Pisa – Livorno ) che si interrompe a metà regione e che a lavori completati sostituirà la vecchia ‘‘ Tirrenica ’’, unendo Genova a Roma.
A completamento vanno segnalati anche due importanti raccordi autostradali che sono quello che unisce Firenze a Siena e le province di Arezzo e Siena all’ Umbria.
CLIMA
Tipicamente mediterraneo tutto l’ anno lungo la fascia costiera, il clima della Toscana diventa più rigido verso l’ interno, dove assume caratteri continentali.
Nei mesi invernali le temperature medie si aggirano intorno ai 10 gradi, più fredde in prossimità degli Appennini e degli Antiappennini.
Durante le estati le temperature tendono a elevarsi considerevolmente sul litorale, mentre all’ interno sono più fresche.
Durante le estati le temperature tendono a elevarsi considerevolmente sul litorale, mentre all’ interno sono più fresche.
Le precipitazioni sono buone nelle stagioni intermedie, ma scarse in quelle estive.
STORIA DELLA REGIONE
La Toscana fu la culla della grande civiltà etrusca.
Radicati nelle belle colline dei luoghi fin dal VIII º secolo a. C., gli Etruschi diedero vita a una delle più significative civilizzazioni pre-romane dell’ intera penisola.
Dalla Toscana, dove fondarono numerosi e importanti nuclei urbani, si diffusero in gran parte dell’ Italia Centrale e Settentrionale, scendendo anche nella Campania.
Agli Etruschi seguì la colonizzazione romana dove la regione continuò la sua imponente crescita culturale – commerciale.
Agli Etruschi seguì la colonizzazione romana dove la regione continuò la sua imponente crescita culturale – commerciale.
Con le invasioni barbariche, la Toscana ne soffrì parzialmente in quanto fu la direttrice adriatica dell’ Italia Centrale ( Roma e il Lazio esclusi ) la più colpita.
A partire dall’ anno 1000 nella regione cominciarono a costituirsi i primi comuni autonomi come Firenze, Arezzo e Pisa.
Quest’ ultima divenne una potente Repubblica Marinara e lottò contro Genova per il possesso della Sardegna, ma nel 1284 venne sconfitta dalla città ligure.
Nel XIII º secolo Firenze vide la cruenta battaglia tra i Guelfi ( sostenitori del papato ) e i Ghibellini ( sostenitori dell’ impero germanico ).
Quest’ ultima divenne una potente Repubblica Marinara e lottò contro Genova per il possesso della Sardegna, ma nel 1284 venne sconfitta dalla città ligure.
Nel XIII º secolo Firenze vide la cruenta battaglia tra i Guelfi ( sostenitori del papato ) e i Ghibellini ( sostenitori dell’ impero germanico ).
Nel XIV º Siena, Pisa e Pistoia si allearono contro Firenze, cercandone di contrastare il potere politico sempre più forte.
Ma se Pisa e Pistoia, insieme ad Arezzo, Livorno e Prato, vennero annesse ai territori controllati dalla città fiorentina, Siena si pose sotto la protezione dei Visconti, signori di Milano, seguendone le sorti politiche fino al 1530 quando passò sotto il domino spagnolo.
Nel 1434 Firenze entrò a far parte della signoria dei Medici, diventando la capitale del Granducato di Toscana.
Da qui in avanti la città divenne uno dei principali centri della cultura rinascimentale, in cui nacque dal volgare la lingua italiana e operarono tra i più grandi artisti e letterati dell’ epoca che la storia ricorda : da Giotto a Michelangelo, da Donatello a Dante Alighieri, da Signorelli a Brunelleschi, da Pinturicchio a Raffaello Sanzio.
Nel XVI º secolo i Medici ampliarono il porto di Livorno, ridimensionando fino all’ annullamento di quello di Pisa, ampliando così i traffici con i paesi del Mediterraneo.
Ma se Pisa e Pistoia, insieme ad Arezzo, Livorno e Prato, vennero annesse ai territori controllati dalla città fiorentina, Siena si pose sotto la protezione dei Visconti, signori di Milano, seguendone le sorti politiche fino al 1530 quando passò sotto il domino spagnolo.
Nel 1434 Firenze entrò a far parte della signoria dei Medici, diventando la capitale del Granducato di Toscana.
Da qui in avanti la città divenne uno dei principali centri della cultura rinascimentale, in cui nacque dal volgare la lingua italiana e operarono tra i più grandi artisti e letterati dell’ epoca che la storia ricorda : da Giotto a Michelangelo, da Donatello a Dante Alighieri, da Signorelli a Brunelleschi, da Pinturicchio a Raffaello Sanzio.
Nel XVI º secolo i Medici ampliarono il porto di Livorno, ridimensionando fino all’ annullamento di quello di Pisa, ampliando così i traffici con i paesi del Mediterraneo.
Successivamente la regione attraversò un periodo di dominazione spagnola. Nel 1799 venne conquistata dalle truppe napoleoniche e Firenze fu nominata capitale del nuovo ‘‘ Regno d’ Etruria ’’ dal 1801 fino al 1807.
Dopo la sua abdicazione, nel maggio del 1814 l’ isola d’ Elba fu scelta dai nuovi governanti francesi come sede dell’ esilio di Napoleone Bonaparte, il quale ne fuggì nel febbraio del 1815 dando inizio ai famosi ‘‘ 100 giorni ’’.
Nel 1814 venne ricostituito il Granducato di Toscana e Firenze ne divenne nuovamente la capitale quasi ininterrottamente fino al 1859.
Nel 1860 la Toscana fu annessa al nuovo Regno d’ Italia, del quale, a conferma del suo prestigio storico e culturale, Firenze ne fu la capitale dal 1865 al 1871, per poi passare definitivamente a Roma.
Dopo la sua abdicazione, nel maggio del 1814 l’ isola d’ Elba fu scelta dai nuovi governanti francesi come sede dell’ esilio di Napoleone Bonaparte, il quale ne fuggì nel febbraio del 1815 dando inizio ai famosi ‘‘ 100 giorni ’’.
Nel 1814 venne ricostituito il Granducato di Toscana e Firenze ne divenne nuovamente la capitale quasi ininterrottamente fino al 1859.
Nel 1860 la Toscana fu annessa al nuovo Regno d’ Italia, del quale, a conferma del suo prestigio storico e culturale, Firenze ne fu la capitale dal 1865 al 1871, per poi passare definitivamente a Roma.
ATTIVITÀ ECONOMICHE
La Toscana è la regione più sviluppata di tutta l’ Italia Centrale.
Clima mite, terreni fertili, dolci colline che favoriscono l’ impiantazione di numerose colture, garantiscono ottime produzioni di diversificati prodotti agricoli : cereali, ortaggi, uve da vino, frutta, barbabietole da zucchero, girasoli, tabacco, fiori, piante ornamentali.
L’ industria opera nel settore estrattivo ( ferro nell’ isola d’ Elba, lignite nel grossetano, marmo pregiato nelle Alpi Apuane, presso Carrara ), metallurgico, delle costruzioni navali ( porto di Livorno ), siderurgico, petrolchimico, tessile ( con l’ importante polo industriale di Prato ), abbigliamento, alimentare ( specialmente enologico e dolciario ), mobile, calzaturiero, oreficeria ( Arezzo ) e lavorazione del marmo.
La sua configurazione fisica incantevole, l’ ottima qualità della vita e la sua ricca storia culturale fanno della Toscana una delle regioni mondiali più apprezzate dal punto di vista turistico.
Oltre alle città storiche ( Firenze, Pisa, Siena, etc…), questa fantastica regione offre altri spunti di grande interesse come le località balneari della Versilia ( Viareggio ), Orbetello, l’ Argentario, Marina di Grosseto, Castiglione della Pescaia e le varie isole dell’ Arcipelago Toscano, le Terme di Montecatini e di Chianciano, le località montane dell’ Amiata e dell’ Abetone, linde cittadine etrusche ( Volterra, Cortona ) e medioevali ( San Gimignano, Montepulciano, Montalcino ).
LA VOSTRA VACANZA
La Toscana meriterebbe una vacanza a parte.
Se consideriamo il fatto che in questa regione, grande come dimensioni, sono presenti ottime località balneari, splendide isole, un verde mare di colline, centri termali, centri specializzati per sport invernali, numerose città storiche e artistiche, eccellente gastronomia e vini che non temono confronti né con i migliori francesi, sarà indispensabile organizzare una quindicina di giorni di tempo come minimo, per poter visitare perlomeno basicamente la regione.
Il percorso che vi suggerisco è un autentico zigzag, forse logorante, ma entusiasmante allo stesso tempo per la moltitudine di cose da vedere e vivere che la Toscana presenta.
Una considerazione fantasiosa e assolutamente personale : ha Firenze d’ accordo, l’ incredibile città che tutti noi conosciamo, ma se questa regione avesse avuto anche Roma nei suoi confini io credo che sarebbe in assoluto la più visitata al mondo.
Con questo non voglio togliere nulla alla bella regione laziale, tutt’ altro, bella sinceramente, come vedremo più avanti nel Capitolo dedicato a lei, ma la Toscana gode di una unicità indiscutibile, lo confermano anche varie personalità della politica e dello spettacolo mondiale che proprio in questa regione passano parte della loro vita.
Entrando dalla Liguria passerete di fronte alle Alpi Apuane presso Carrara, esattamente dove nasce il marmo più prestigioso del mondo.
Poco dopo fermatevi a Massa, divisa in ‘‘ Vecchia ’’ su un colle, e ‘‘ Nuova ’’ in pianura ; visitate il Duomo del ‘600 con pregevole facciata di marmo, interno barocco, e importanti opere artistiche come la Madonna del Pinturicchio e un Crocifisso in legno del XIII º secolo, il Palazzo Cybo Malaspina o Rocca dei Malaspina, un antico castello del XVI º - XVII º secolo trasformato in residenza di corte.
Una considerazione fantasiosa e assolutamente personale : ha Firenze d’ accordo, l’ incredibile città che tutti noi conosciamo, ma se questa regione avesse avuto anche Roma nei suoi confini io credo che sarebbe in assoluto la più visitata al mondo.
Con questo non voglio togliere nulla alla bella regione laziale, tutt’ altro, bella sinceramente, come vedremo più avanti nel Capitolo dedicato a lei, ma la Toscana gode di una unicità indiscutibile, lo confermano anche varie personalità della politica e dello spettacolo mondiale che proprio in questa regione passano parte della loro vita.
Entrando dalla Liguria passerete di fronte alle Alpi Apuane presso Carrara, esattamente dove nasce il marmo più prestigioso del mondo.
Poco dopo fermatevi a Massa, divisa in ‘‘ Vecchia ’’ su un colle, e ‘‘ Nuova ’’ in pianura ; visitate il Duomo del ‘600 con pregevole facciata di marmo, interno barocco, e importanti opere artistiche come la Madonna del Pinturicchio e un Crocifisso in legno del XIII º secolo, il Palazzo Cybo Malaspina o Rocca dei Malaspina, un antico castello del XVI º - XVII º secolo trasformato in residenza di corte.
Scendendo lungo il litorale entrerete in piena Versilia, una delle regioni balneari italiane più esclusive e frequentate ; visitate le splendide località di Pietrasanta, Viareggio e Tirrenia.
Quest’ ultima è situata a pochi chilometri da Livorno, e che sarà la prossima tappa del vostro viaggio.
Sede di una importante Accademia Navale, a Livorno visitate la Piazza del Duomo con il Duomo del Cinquecento ma ricostruito dopo la II ª Guerra Mondiale, la Chiesa della Concezione sempre del XVI º secolo, la Torre medioevale rimaneggiata nel XV º secolo, la Fortezza Nuova del fine Cinquecento, le Chiese di Santa Caterina da Siena e di San Ferdinando del XVIII º secolo, il Palazzo del Presidio, il Cisternino e il Cisternone del XIX º secolo, e la Piazza Micheli con il celebre Monumento dei 4 Mori, uno dei simboli della città.
Uscite ora dal litorale è puntate verso Pisa.
La vecchia e gloriosa Repubblica Marinara, sede di una antica Università del 1343, è celebre in tutto il mondo per il suo Campo dei Miracoli.
Questa piazza in stile romanico contiene il Battistero del 1152, il bellissimo Duomo del 1063 con sculture di Nicola Pisano e tre portali in bronzo, e la mitica Torre Pendente, uno dei simboli monumentali di tutta la penisola italiana.
L’ inizio della costruzione avvenne nel 1174, ma fu interrotto dopo un cedimento del terreno che collocò la Torre nella originale posizione attuale.
Ripresero nel 1275 e terminarono circa un secolo dopo, portando a luce una torre di marmo bianco con otto ordini di loggie e una scala a chiocciola interna che permette di visitarla in tutta la sua altezza.
A Pisa inoltre visitate la chiesa romanica di San Michele in Borgo, Santo Stefano dei Cavalieri del 1569, Santa Maria della Spina che custodisce una spina forse tratta dalla Corona del Cristo, il Palazzo dei Cavalieri del 1562 e il Palazzo dei Medici edificato tra il XIII º e il XIV º secolo.
Recatevi ora a Lucca, poco distante, dove potrete visitare le torri del Trecento, la Cattedrale di San Martino ( 1063 – XIII º secolo ) con un maestoso campanile, la Chiesa di Santa Maria della Rosa del XIII º secolo, San Giovanni del XII º secolo, San Frediano ( 1112 – 1247 ), San Michele in Foro ( 1143 – 1493 ), il Palazzo del Podestà della fine Quattrocento,e il Palazzo della Prefettura costruito tra il 1578 e il 1728.
La città di Lucca ha una cerchia di mure edificate tra l’ inizio del Cinquecento e la metà del secolo successivo che englobano il vecchio nucleo storico.
Da Lucca a Pistoia ora, sempre non molto distante, circa una quarantina di chilometri.
La bella e vecchia città romana di ‘‘ Pistoria ’’ conserva il bellissimo Duomo del XII º secolo, la Chiesa di Sant’ Andrea sempre del XII º secolo, il Battistero del 1337, il Palazzo del Comune del 1294, il Palazzo del Podestà del 1367, l’ Ospedale dei Ceppi fondato nel XIII º secolo con un cortile del 1514 decorato con terracotte di Giovanni della Robbia.
Nella provincia di Pistoia potrete riossigenarvi nell’ organizzato centro montano dell’ Abetone e passare una giornata a Montecatini Terme, uno dei centri termali più belli ed esclusivi d’ Italia.
Ora dirigetevi verso Firenze, ma prima deviate per Prato.
Visitate il caratteristico Duomo gotico in marmo a strisce bianche e verdi, costruito tra il XII º e il XV º secolo con la collaborazione di Donatello e Giovanni Pisano, il Castello dell’ Imperatore del XIII º secolo e il Palazzo Pretorio ( XII º - XIII º secolo ).
Arrivati in ‘‘ Florentia ’’ la prima cosa da fare è trovare un albergo e concordare il valore per una settimana, il periodo minimo per godervi e scoprire Firenze come si deve.
Questa è una sintesi delle meraviglie di Firenze :
- Piazza della Signoria con il gotico Palazzo Vecchio del 1299, la Torre d’ Arnolfo e la Loggia della Signoria ( 1376 – 1382 ) ;
- la Chiesa di San Miniato in stile romanico ;
- Piazza del Duomo e Piazza San Giovanni con il Duomo gotico e la grande cupola del Brunelleschi, il fantastico Campanile di Giotto e il Battistero di forma ottagonale, con tre portali in bronzo, uno dei quali, quello di fronte al Duomo, definito da Michelangelo ‘‘ La porta del Paradiso ’’ ;
- la Chiesa di Santa Maria Novella ;
- la Chiesa di San Lorenzo ;
- la Chiesa di Orsanmichele ;
- la Chiesa di Santa Croce del 1295 con tombe di Michelangelo Buonarroti, Niccolò Machiavelli, Gioacchino Rossini, Leonardo Bruni, Ugo Foscolo, Galileo Galilei e il bellissimo monumento del Canova dedicato a Vittorio Alfieri ; nei pressi della Chiesa attaversate un Chiostro del Trecento e recatevi presso la fantastica Cappella dei Pazzi ( 1443 – 1446 ) ;
- il Ponte Vecchio sull’ Arno, l’ unico ponte di Firenze che ha resistito ai bombardamenti e alla tragica alluvione del fiume del 1966, contornato nei due lati interni da una serie di negozi specializzati nella maggioranza in prodotti di oreficeria ;
- i numerosi palazzi rinascimentali come il Palazzo Strozzi, Pitti ( con a fianco il grande giardino di Boboli arredato di numerose statute e fontane ), Bargello, Uffizi ( con la mitica Galleria, uno dei musei più ricchi al mondo ) e Medici – Riccardi del 1444, dove abitava Lorenzo il Magnifico, oggi sede della Prefettura ;
- i numerosi musei disseminati in tutti gli angoli della città, tra i quali quello contenente il famosissimo ‘‘ David ’’ e quello con ‘‘ La Pietà ’’ di Michelangelo.
Da Firenze ora dirigetevi verso San Gimignano, ma durante il tragitto fate delle escursioni a Certaldo e Poggibonsi.
L’ originalissima località di San Gimignano ha un aspetto medioevale fuori dal comune, là il tempo sembra essersi fermato nel vero senso della parola.
Nella città svettano imponenti le attuali 13 torri, circa un quinto di quelle che erano nei secoli precedenti.
Visitate il Palazzo del Podestà del XIII º secolo, il Palazzo del Popolo del 1288 con annesso il Museo Civico, la Collegiata del XII º secolo, la Piazza della Cisterna, la Chiesa di Sant’ Agostino del 1280 e, per coloro che non si pongono particolari problemi, il differente Museo delle torture medioevali.
A pochi chilometri da San Gimignano sorge Volterra, famoso centro etrusco, dove potrete visitare la necropoli e i resti romani del Teatro e delle Terme.
Da Volterra scendete fin verso il litorale in direzione di Piombino, passando per i bellissimi paesaggi di Castagneto Carducci. Nella città di Piombino, che sorge in un promontorio, potrete ammirare le mura con torri del Quattrocento, la Chiesa di Sant’ Antimo del ‘300, il Palazzo Comunale del XV º secolo con torre del 1598, la Chiesa dell’ Immacolata in stile neogotico del 1901, e l’ interessante Acquario.
Da Piombino ora imbarcatevi per l’ isola d’ Elba, altra tappa obbligatoria della Toscana.
Dedicate come minimo una giornata completa alla bella isola, potrete visitarla ‘‘ sufficientemente ’’, godendo così anche dell’ ottima gastronomia e dei grandi vini locali.
Recatevi presso il Forte della Stella, il Forte del Falcone, a Marciana Marina visitate il Castello degli Appiano e il suo Museo Archeologico con importanti reperti etruschi e romani, a Portoferraio inoltre potrete ammirare la Villa Napoleonica di San Martino ( dove il condottiero francese fu esiliato da maggio del 1814 a febbraio del 1815 ) e il Museo dedicato al grande personaggio. Dall’ isola rientrate verso Piombino e scendete fino a Grosseto, concedendovi prima delle liete ore nelle località balneari di Castiglione della Pescaia e Marina di Grosseto. A Grosseto, la capitale della Maremma, una tipica zona pianeggiante della Toscana ai confini con il Lazio, visitate il Duomo medioevale costruito tra la fine del Duecento e l’ inizio del secolo successivo, la Chiesa di San Francesco in stile gotico del XIII º secolo con una grande Croce attribuita a Duccio di Boninsegna, le mura e bastioni a forma esagonale del XVI º secolo, e l’ interessante Museo Archeologico e d’ Arte.
Da Grosseto ora scendete sul litorale per poco più di 40 chilometri e raggiungete il promontorio dell’ Argentario, più esattamente Orbetello, una ridente località balneare collocata nella striscia sabbiosa centrale delle tre che uniscono l’ Isola Rossa alla terraferma.
Sede di una importante Accademia Navale, a Livorno visitate la Piazza del Duomo con il Duomo del Cinquecento ma ricostruito dopo la II ª Guerra Mondiale, la Chiesa della Concezione sempre del XVI º secolo, la Torre medioevale rimaneggiata nel XV º secolo, la Fortezza Nuova del fine Cinquecento, le Chiese di Santa Caterina da Siena e di San Ferdinando del XVIII º secolo, il Palazzo del Presidio, il Cisternino e il Cisternone del XIX º secolo, e la Piazza Micheli con il celebre Monumento dei 4 Mori, uno dei simboli della città.
Uscite ora dal litorale è puntate verso Pisa.
La vecchia e gloriosa Repubblica Marinara, sede di una antica Università del 1343, è celebre in tutto il mondo per il suo Campo dei Miracoli.
Questa piazza in stile romanico contiene il Battistero del 1152, il bellissimo Duomo del 1063 con sculture di Nicola Pisano e tre portali in bronzo, e la mitica Torre Pendente, uno dei simboli monumentali di tutta la penisola italiana.
L’ inizio della costruzione avvenne nel 1174, ma fu interrotto dopo un cedimento del terreno che collocò la Torre nella originale posizione attuale.
Ripresero nel 1275 e terminarono circa un secolo dopo, portando a luce una torre di marmo bianco con otto ordini di loggie e una scala a chiocciola interna che permette di visitarla in tutta la sua altezza.
A Pisa inoltre visitate la chiesa romanica di San Michele in Borgo, Santo Stefano dei Cavalieri del 1569, Santa Maria della Spina che custodisce una spina forse tratta dalla Corona del Cristo, il Palazzo dei Cavalieri del 1562 e il Palazzo dei Medici edificato tra il XIII º e il XIV º secolo.
Recatevi ora a Lucca, poco distante, dove potrete visitare le torri del Trecento, la Cattedrale di San Martino ( 1063 – XIII º secolo ) con un maestoso campanile, la Chiesa di Santa Maria della Rosa del XIII º secolo, San Giovanni del XII º secolo, San Frediano ( 1112 – 1247 ), San Michele in Foro ( 1143 – 1493 ), il Palazzo del Podestà della fine Quattrocento,e il Palazzo della Prefettura costruito tra il 1578 e il 1728.
La città di Lucca ha una cerchia di mure edificate tra l’ inizio del Cinquecento e la metà del secolo successivo che englobano il vecchio nucleo storico.
Da Lucca a Pistoia ora, sempre non molto distante, circa una quarantina di chilometri.
La bella e vecchia città romana di ‘‘ Pistoria ’’ conserva il bellissimo Duomo del XII º secolo, la Chiesa di Sant’ Andrea sempre del XII º secolo, il Battistero del 1337, il Palazzo del Comune del 1294, il Palazzo del Podestà del 1367, l’ Ospedale dei Ceppi fondato nel XIII º secolo con un cortile del 1514 decorato con terracotte di Giovanni della Robbia.
Nella provincia di Pistoia potrete riossigenarvi nell’ organizzato centro montano dell’ Abetone e passare una giornata a Montecatini Terme, uno dei centri termali più belli ed esclusivi d’ Italia.
Ora dirigetevi verso Firenze, ma prima deviate per Prato.
Visitate il caratteristico Duomo gotico in marmo a strisce bianche e verdi, costruito tra il XII º e il XV º secolo con la collaborazione di Donatello e Giovanni Pisano, il Castello dell’ Imperatore del XIII º secolo e il Palazzo Pretorio ( XII º - XIII º secolo ).
Arrivati in ‘‘ Florentia ’’ la prima cosa da fare è trovare un albergo e concordare il valore per una settimana, il periodo minimo per godervi e scoprire Firenze come si deve.
Questa è una sintesi delle meraviglie di Firenze :
- Piazza della Signoria con il gotico Palazzo Vecchio del 1299, la Torre d’ Arnolfo e la Loggia della Signoria ( 1376 – 1382 ) ;
- la Chiesa di San Miniato in stile romanico ;
- Piazza del Duomo e Piazza San Giovanni con il Duomo gotico e la grande cupola del Brunelleschi, il fantastico Campanile di Giotto e il Battistero di forma ottagonale, con tre portali in bronzo, uno dei quali, quello di fronte al Duomo, definito da Michelangelo ‘‘ La porta del Paradiso ’’ ;
- la Chiesa di Santa Maria Novella ;
- la Chiesa di San Lorenzo ;
- la Chiesa di Orsanmichele ;
- la Chiesa di Santa Croce del 1295 con tombe di Michelangelo Buonarroti, Niccolò Machiavelli, Gioacchino Rossini, Leonardo Bruni, Ugo Foscolo, Galileo Galilei e il bellissimo monumento del Canova dedicato a Vittorio Alfieri ; nei pressi della Chiesa attaversate un Chiostro del Trecento e recatevi presso la fantastica Cappella dei Pazzi ( 1443 – 1446 ) ;
- il Ponte Vecchio sull’ Arno, l’ unico ponte di Firenze che ha resistito ai bombardamenti e alla tragica alluvione del fiume del 1966, contornato nei due lati interni da una serie di negozi specializzati nella maggioranza in prodotti di oreficeria ;
- i numerosi palazzi rinascimentali come il Palazzo Strozzi, Pitti ( con a fianco il grande giardino di Boboli arredato di numerose statute e fontane ), Bargello, Uffizi ( con la mitica Galleria, uno dei musei più ricchi al mondo ) e Medici – Riccardi del 1444, dove abitava Lorenzo il Magnifico, oggi sede della Prefettura ;
- i numerosi musei disseminati in tutti gli angoli della città, tra i quali quello contenente il famosissimo ‘‘ David ’’ e quello con ‘‘ La Pietà ’’ di Michelangelo.
Da Firenze ora dirigetevi verso San Gimignano, ma durante il tragitto fate delle escursioni a Certaldo e Poggibonsi.
L’ originalissima località di San Gimignano ha un aspetto medioevale fuori dal comune, là il tempo sembra essersi fermato nel vero senso della parola.
Nella città svettano imponenti le attuali 13 torri, circa un quinto di quelle che erano nei secoli precedenti.
Visitate il Palazzo del Podestà del XIII º secolo, il Palazzo del Popolo del 1288 con annesso il Museo Civico, la Collegiata del XII º secolo, la Piazza della Cisterna, la Chiesa di Sant’ Agostino del 1280 e, per coloro che non si pongono particolari problemi, il differente Museo delle torture medioevali.
A pochi chilometri da San Gimignano sorge Volterra, famoso centro etrusco, dove potrete visitare la necropoli e i resti romani del Teatro e delle Terme.
Da Volterra scendete fin verso il litorale in direzione di Piombino, passando per i bellissimi paesaggi di Castagneto Carducci. Nella città di Piombino, che sorge in un promontorio, potrete ammirare le mura con torri del Quattrocento, la Chiesa di Sant’ Antimo del ‘300, il Palazzo Comunale del XV º secolo con torre del 1598, la Chiesa dell’ Immacolata in stile neogotico del 1901, e l’ interessante Acquario.
Da Piombino ora imbarcatevi per l’ isola d’ Elba, altra tappa obbligatoria della Toscana.
Dedicate come minimo una giornata completa alla bella isola, potrete visitarla ‘‘ sufficientemente ’’, godendo così anche dell’ ottima gastronomia e dei grandi vini locali.
Recatevi presso il Forte della Stella, il Forte del Falcone, a Marciana Marina visitate il Castello degli Appiano e il suo Museo Archeologico con importanti reperti etruschi e romani, a Portoferraio inoltre potrete ammirare la Villa Napoleonica di San Martino ( dove il condottiero francese fu esiliato da maggio del 1814 a febbraio del 1815 ) e il Museo dedicato al grande personaggio. Dall’ isola rientrate verso Piombino e scendete fino a Grosseto, concedendovi prima delle liete ore nelle località balneari di Castiglione della Pescaia e Marina di Grosseto. A Grosseto, la capitale della Maremma, una tipica zona pianeggiante della Toscana ai confini con il Lazio, visitate il Duomo medioevale costruito tra la fine del Duecento e l’ inizio del secolo successivo, la Chiesa di San Francesco in stile gotico del XIII º secolo con una grande Croce attribuita a Duccio di Boninsegna, le mura e bastioni a forma esagonale del XVI º secolo, e l’ interessante Museo Archeologico e d’ Arte.
Da Grosseto ora scendete sul litorale per poco più di 40 chilometri e raggiungete il promontorio dell’ Argentario, più esattamente Orbetello, una ridente località balneare collocata nella striscia sabbiosa centrale delle tre che uniscono l’ Isola Rossa alla terraferma.
Qui visitate il Duomo gotico del XIV º, rifatto nel XVII º secolo, e il frontale di un Tempio etrusco situato dentro l’ ex-Convento delle Orsoline proprio davanti alla Cattedrale.
Addentrandovi un poco più verso il mare potrete raggiungere Porto Santo Stefano e imbarcarvi per il paradiso naturale dell’ Isola del Giglio, con una bella Fortezza del XIV º secolo.
Dall’ Argentario ora risalite in direzione Nord – Est e fermatevi nel Parco dell’ Amiata, dove potrete riossigenarvi per affrontare le ultime tappe di questa fantastica regione.
Addentrandovi un poco più verso il mare potrete raggiungere Porto Santo Stefano e imbarcarvi per il paradiso naturale dell’ Isola del Giglio, con una bella Fortezza del XIV º secolo.
Dall’ Argentario ora risalite in direzione Nord – Est e fermatevi nel Parco dell’ Amiata, dove potrete riossigenarvi per affrontare le ultime tappe di questa fantastica regione.
Dal Monte Amiata a Montalcino, il tratto è breve.
Benvenuti in una delle località vinicole più famose nel mondo.
Visitate la bellissima Rocca del XIV º secolo, la Piazza del Popolo con il Palazzo Comunale e Loggia del XIII º - XIV º secolo, la Chiesa di Sant’ Agostino di stile romanico – gotico del XIV º secolo, il Museo Civico e i resti della famosa Abbazia di Sant’ Antimo, pochi chilometri fuori dalla città.
Sarà senza dubbio già previsto da ciascuno di voi, ma se così non fosse vi consiglio di non uscire dalla città prima di aver degustato un bicchiere di Brunello, magari con della carne di cinghiale o se il tempo disponibile non è molto, anche così, come un grande vino da meditazione.
Da Montalcino a Montepulciano, da una grande terra di vini a un’ altra ancora.
Nella bella cittadina medioevale visitate la Piazza Grande con il Duomo del XVI º secolo e il campanile del Quattrocento.
Benvenuti in una delle località vinicole più famose nel mondo.
Visitate la bellissima Rocca del XIV º secolo, la Piazza del Popolo con il Palazzo Comunale e Loggia del XIII º - XIV º secolo, la Chiesa di Sant’ Agostino di stile romanico – gotico del XIV º secolo, il Museo Civico e i resti della famosa Abbazia di Sant’ Antimo, pochi chilometri fuori dalla città.
Sarà senza dubbio già previsto da ciascuno di voi, ma se così non fosse vi consiglio di non uscire dalla città prima di aver degustato un bicchiere di Brunello, magari con della carne di cinghiale o se il tempo disponibile non è molto, anche così, come un grande vino da meditazione.
Da Montalcino a Montepulciano, da una grande terra di vini a un’ altra ancora.
Nella bella cittadina medioevale visitate la Piazza Grande con il Duomo del XVI º secolo e il campanile del Quattrocento.
Stesso consiglio datovi a Montalcino : degustate un bicchiere di Vino Nobile, magari con una lepre arrosto o più rapidamente con un formaggio pecorino ben stagionato.
Da Montepulciano in mezz’ ora d’ auto sarete a Siena, altro capolavoro architettonico della Toscana.
Visitate la bellissima Piazza del Campo, a forma di conchiglia, dove per due volte all’ anno si tiene il famoso Palio, con la Fonte del Gaia del 1419, il Palazzo Pubblico eccellente espressione gotica della fine del Duecento la Torre del Mangia ( 1325 – 1348 ) alta 111 metri e il Museo Civico ; passate inoltre nella Chesa di San Domenico edificata tra il 1225 e il 1465, in quella di San Francesco ( 1326 – 1475 ), nella Loggia della Mercanzia del Seicento e nel superbo Duomo gotico del XIII – XIV º secolo, con portale in bronzo, un interno da ‘‘ mozzare il fiato ’’ e bellissimi affreschi del Pinturicchio.
A Siena, sede di una antica Università del 1240, potrete assaporare dei dolci tipici locali conosciuti in tutta Italia, il Panforte e i Saporelli. Da Siena ora verso l’ ultimo capoluogo regionale : Arezzo.
Visitate il simbolo della città, la Pieve di Santa Maria del XII º - XIII º secolo, il ‘‘ Campanile dalle cento buche ’’, così chiamato per le numerose finestre, il Duomo del Quattrocento, la Chiesa di San Francesco del 1290 con gli affreschi di Piero della Francesca, ‘‘ La leggenda della Croce ’’.
Prima di abbandonare la Toscana ed entrare in Umbria, fate delle escursioni a Chiusi ( necropoli etrusca ) e Cortona. Quest’ ultima era una delle più importanti località etrusche dell’ epoca.
Situata su un alto colle e fondata nell’ VIII º secolo a. C. con il nome di ‘‘ Corito ’’, a Cortona potrete ammirare ancora oggi delle mura etrusche, numerosi palazzi e chiese medioevali e rinascimentali, il ricco Museo etrusco, e una fantastica vista sulla Toscana che saluterete, e sull’ Umbria che vi accingerete ad entrare…… nel Cap. 20.
Da Montepulciano in mezz’ ora d’ auto sarete a Siena, altro capolavoro architettonico della Toscana.
Visitate la bellissima Piazza del Campo, a forma di conchiglia, dove per due volte all’ anno si tiene il famoso Palio, con la Fonte del Gaia del 1419, il Palazzo Pubblico eccellente espressione gotica della fine del Duecento la Torre del Mangia ( 1325 – 1348 ) alta 111 metri e il Museo Civico ; passate inoltre nella Chesa di San Domenico edificata tra il 1225 e il 1465, in quella di San Francesco ( 1326 – 1475 ), nella Loggia della Mercanzia del Seicento e nel superbo Duomo gotico del XIII – XIV º secolo, con portale in bronzo, un interno da ‘‘ mozzare il fiato ’’ e bellissimi affreschi del Pinturicchio.
A Siena, sede di una antica Università del 1240, potrete assaporare dei dolci tipici locali conosciuti in tutta Italia, il Panforte e i Saporelli. Da Siena ora verso l’ ultimo capoluogo regionale : Arezzo.
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Prima di abbandonare la Toscana ed entrare in Umbria, fate delle escursioni a Chiusi ( necropoli etrusca ) e Cortona. Quest’ ultima era una delle più importanti località etrusche dell’ epoca.
Situata su un alto colle e fondata nell’ VIII º secolo a. C. con il nome di ‘‘ Corito ’’, a Cortona potrete ammirare ancora oggi delle mura etrusche, numerosi palazzi e chiese medioevali e rinascimentali, il ricco Museo etrusco, e una fantastica vista sulla Toscana che saluterete, e sull’ Umbria che vi accingerete ad entrare…… nel Cap. 20.
LA STORIA VINICOLA
Per descrivere onorevolmente la storia vinicola di una regione come la Toscana, non sarebbe sufficiente lo spazio di tutto questo libro.
Condizioni climatiche favorevoli, gradevoli colline collocate tra gli Appennini e il Mare Tirreno, un terreno propizio e intelligenti iniziative di produttori locali hanno fatto si che in pochi decenni la Toscana sia prepotentemente entrata in quella ristretta ‘‘ elite ’’ di regioni mondiali con altissimo interesse enologico.
Abitata dai Liguri fin dal I º millennio a. C., la Toscana fu la culla della grande civiltà etrusca.
Etruschi e Romani svilupparono la coltivazione della vite, promuovendo l’ inizio di quello che secoli dopo diverrebbe un fenomeno in tutto il mondo.
Dopo le invasioni barbariche, l’ Italia ne uscì profondamente danneggiata anche dal punto di vista vinicolo ; anche la Toscana, seppure in dimensioni più contenute se proporzionata ad altre regioni vicine, vide un forte ridimensionamento dei terreni coltivati con la vite.
Tra la nascita di potenti liberi comuni e l’ ascesa della famiglia Medici, tra il 1400 e il 1500 la vite riprese forza, vennero avviate nuove trattative commerciali favorendo una buona esportazione dei prodotti locali e le produzioni furono notevolmente migliorate dal punto di vista qualitativo ; in quel periodo sembra che i vini di Montecarlo per la loro qualità e specificità erano tra i più cari di tutta l’ Italia.
Nel XVI º secolo i Medici tutelarono i terreni adibiti a vigneti con una serie di leggi, tra le quali quella di proibire l’ entrata del bestiame tra le viti, evitando così un possibile danneggiamento delle piante.
Nei secoli successivi la Toscana divenne oggetto di forte interesse da parte della Spagna, della Francia e dell’ Inghilterra. Queste dominazioni, parziali o totali della regione, non giovarono ai vigneti, e la produzione toscana attraversò un periodo di declino.
Nell’ Ottocento, dietro al successo mondiale del Chianti che prevedeva ( come ancora oggi d’ altronde ) una miscela di varie uve locali, una innovatrice azienda toscana effettuò un coraggioso tentativo, rivoluzionario in Toscana : la produzione di un vino vinificato in purezza in una specifica zona.
Nacque così uno dei più grandi vini italiani da invecchiamento : il Brunello di Montalcino.
Dopo la II ª Guerra Mondiale un’ altra grande azienda vinicola della regione decise di impiantare dei vitigni importati come il Cabernet, puntando decisamente alla creazione di vini ancor di maggior qualità.
In quell’ epoca il vitigno principale toscano era il Sangiovese ma era soggetto a varie critiche, perché se è vero che è un vitigno che garantisce normalmente delle buone rese, in Toscana il vino risultante era abbastanza ordinario.
Il Cabernet fu il primo vino italiano affinato in barriques di 225 litri.
Dopo anni di sperimentazioni, quando il vino venne commercializzato negli anni ’60, i consensi non tardarono ad arrivare, e quel tentativo che in precedenza fu soggetto a delle enormi critiche, scatenò una vera e propria ‘‘ rivoluzione enologica ’’ italiana. Infatti nelle aziende vinicole italiane di oggi è molto facile incontrare dei ‘‘ vini speciali ’’ che si affiancano a quelli classici locali.
La maggior parte di questi vini prodotti con vitigni importati, anche se non sono ancora riconosciuti da delle denominazioni ufficiali, possiamo considerarli dei veri e propri ‘‘ fiori all’ occhiello ’’ di queste aziende.
Tornando alla Toscana, dietro a questo fenomeno che portò alla crezione di ‘‘ Super Toscani ’’, vini di pregio non a D.O.C., negli anni ’80 venne creata una associazione di produttori di nuovi vini con il duplice scopo di promuoverli e tutelarli.
Questi vini, denominati ‘‘ Vini del Predicato ’’, sono prodotti secondo un rigido e speciale Disciplinare e sono divisi in quattro categorie :
- il Predicato di Biturica, nome latino del Cabernet Sauvignon, riguardanti i vini rossi prodotti con uvaggi tra Sangiovese e Cabernet Sauvignon ;
- il Predicato di Cardisco, nome medioevale del Sangiovese, al quale appartengono i vini Sangiovese con eventuali aggiunte di altre uve a bacca nera ;
- il Predicato del Muschio, è dedicato ai vini ottenuti da uve Pinot bianco o Chardonnay, con eventuali aggiunte di uve Riesling, Müller-Thurgau, Pinto grigio ;
- il Predicato del Selvante, racchiude quei vini bianchi prodotti da uve Sauvignon con aggiunte delle stesse uve del Predicato del Muschio.
Questa regione è appena dietro al Piemonte come numero di D.O.C.G. : ne sono presenti ben cinque, quasi un terzo della totalità nazionale, mentre nella regione di Torino ne sono presenti sei.
È la prima regione per produzione di Vin Santo. La Toscana di oggi è al setttimo posto nella classifica per produzione di vino, con una quantità poco superiore ai 3.000.000 ettolitri annui.
È al terzo per quella dei vini D.O.C. subito dopo il Veneto e il Piemonte, grazie al suo 46 % di vini riconosciuti con denominazioni ufficiali ; da sottolineare che la regione punta decisamente al 1 º posto, visto che la lunga lista di ‘‘ Super Toscani ’’ presenti e in attesa di un riconoscimento, sono ancora dei vini relativamente giovani, senza una storia marcante e che hanno bisogno di ulteriori conferme.
I vitigni a bacca bianca più coltivati sono : Trebbiano Toscano, Pinot bianco, Pinot grigio, Malvasia bianca, Malvasia del Chianti, Canaiolo bianco, Vermentino, Sauvignon, Chardonnay, Vernaccia di San Gimignano, Ansonica, Semillon e Roussanne ( quest’ ultimi due vitigni sono utilizzati appena nelle vinificazioni del Montecarlo bianco ).
Quelli a bacca nera invece sono : Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Ciliegiolo, Sangiovese, Brunello, Malvasia nera, Colorino, Canaiolo Nero, Prugnolo gentile, Pinot Nero, Syrah ( quest’ ultimo vitigno è utilizzato appena nelle vinificazioni del Montecarlo rosso ).
I vini a denominazione più famosi della Toscana sono : le cinque D.O.C.G. Vernaccia di San Gimignano, Carmignano, Chianti ( in sette tipologie ), Brunello di Montalcino e Vino Nobile di Montepulciano ; le D.O.C. Bolgheri Sassicaia, Bianco della Valdinievole, Bianco Vergine della Valdichiana, Bianco di Pitigliano, Monteregio, Bianco Pisano di San Torpé, Montalcino rosso e bianco, Morellino di Scansano, Val d’ Arbia, Sant’ Antimo, Candia dei Colli Apuani, Rosso di Montepulciano, Ansonica dell’ Argentario, Bianco dell’ Empolese.
E ancora : i vini delle Colline Lucchesi, dell’ Elba, i vini di Parrina, di Montescudaio, di Montecarlo, di Pomino, di Bolgheri, della Val di Cornia, dei Colli di Luni, dei Colli dell’ Etruria centrale e il Barco Reale di Carmignano.
Oltre agli ottimi e infiniti Vin Santo e alle preziose Grappa, è giusto perlomeno collocare il nome di alcuni meravigliosi I.G.T. e Vini da Tavola prodotti in questa incredibile vinicola regione : il capostipite Tignanello, l’ incomparabile Roccato, il tenace Schidione, l’ elegante Fontalloro, il regale Solaia, il sensuale Brigante, l’ austero Brancaia, il mitico Ornellaia, i due capolavori Cabreo il Borgo e Cabreo la Pietra, il profumato Camartina, il sorprendente Siepi, l’ orgoglioso Cetinaia, e il Galestro Viola, passione vinicola del mio amico Fabrizio, tifoso calcistico della Fiorentina, frequente accompagnatore di nostre numerose cene a base di pesce.
APPUNTI DI VIAGGIO
Non ho un particolare appunto di viaggio a proposito del Chianti, anche se diverse sono state le occasioni nel quale l’ ho degustato, analizzato e discusso con dei produttori o dei più semplici venditori.
Come nel caso di Chianciano Terme nel 1993 quando partecipai con il mio amico Marco a una interessantissima serata dedicata ai grandi rossi della Toscana.
Ma più emozionante ancora fu senz’ altro quella bottiglia di Rufina aperta con la mia famiglia pochi giorni prima della mia partenza per San Paolo.
Il Chianti è il vino più diffuso nella penisola, è quindi quasi un obbligo proporre delle bottiglie di questo vino per chi si diletta alla vendita di vini italiani.
Il discorso vale sia per le enoteche non specializzate o supermercati esistenti in Italia, che in un qualsiasi altro angolo del pianeta.
Nelle mie esperienze internazionali che mi legano a vari paesi europei e al Sudamerica, come per abitudine passeggiando davanti alle scaffalature di vini di qualche attività commerciale non mi ricordo di non aver visto perlomeno una bottiglia di quel vino toscano.
È successo a Barcellona, Parigi, Nizza, Marsiglia, Amsterdam, Praga, Bratislava, Vienna, Salisburgo, Monaco di Baviera, Colonia, come anche in Rio de Janeiro, Natal, San Paolo, Campinas e Buenos Aires.
Sorprendente anche il fatto come molte persone di queste località siano dignitosamente preparate sul Chianti, facendolo apparire come uno tra i ‘‘ vini – global ’’, un poco come lo Champagne o il Porto.
Non mi meravigliai più di tanto quando nel 1993 in una ‘‘ Churrascaria ’’ di Rio de Janeiro mi venne proposto un Chianti dei Colli Fiorentini, come pure nel ‘‘ Bistrot ’’ di Donaldo in piena Avenida Paulista o nella casa di Alfonso nella zona Sud della grande capitale paulistana, oppure nel 1995 a casa di amici italiani nel quartiere della ‘‘ Mooca ’’, sempre in San Paolo, quando fieramente collocarono in tavola una bottiglia di Chianti delle Colline Pisane
‘‘ Donaldo da quanto tempo hai il Chianti nel tuo ristorante ? ’’.
‘‘ Praticamente da quando ho aperto il ‘‘ Bistrot ’’. Allora non me ne intendevo molto di vini italiani, anche adesso lo ammetto, però me li sono studiati un poco e ho capito che il Chianti non poteva mancare, come il Valpolicella e il Lambrusco ’’.
‘‘ E perché uno dei Colli Fiorentini e non un’ altra varietà ? ’’
‘‘ Tutto mi aspettavo meno di trovare davanti a me una decina di Chianti diversi, io immaginavo che era un tipo solo. La scelta l’ ho studiata insieme a quell’ importatore, analizzando sia il mio menu che il tipo di cliente che frequenta il mio ‘‘ Bistrot ’’. Dopo aver tentato un costoso Chianti Rufina e quello dei Colli Senesi, ho preferito fermarmi a quello di Firenze. Nel mio caso lo ritengo il migliore come qualità – prezzo ’’.
Nel caso dell’ altro grande amico paulistano, Alfonso, aveva comprato una bottiglia di Chianti dei Colli Fiorentini nel suo primo viaggio italiano di quattro anni prima.
Per quello che riguarda i miei ricordi nazionali che mi legano al rosso toscano più famoso, tra tutti distacco quello relativo a un mio compleanno.
Non era difficile tra i miei amici più cari la scelta in un qualcosa da offrirmi.
Se esisteva qualche dubbio nei confronti del regalo, sistematicamente essi ‘‘ ripiegavano ’’ su uno più sicuro, cioè una classica, ma graditissima, bottiglia di vino.
Come quel meraviglioso Chianti Rufina regalatami da Stefano, Luigi e Michele.
La sorpresa apparse ancora più emozionante se consideravo il fatto che tre disoccupati ‘‘ cronici ’’ come loro, optarono per quel rilevante sacrificio economico.
Il Rufina infatti, oltre ad essere uno dei migliori Chianti, specie per chi come me apprezza più i vini corposi e tannici che quelli leggeri e beverini, è di conseguenza anche uno dei più cari.
‘‘ Ragazzi, è un regalo stupendo, non voglio neanche pensare a come siete riusciti a racimolare i soldi per comprare questa bottiglia, però vi assicuro che la aprirò solamente in una situazione veramente speciale ’’.
Quella occasione arrivò alcuni anni dopo, quando l’ imminente volo di trasferimento verso il Brasile si stava avvicinando.
La domenica precedente a quel mercoledì di settembre del 1999, con la mia famiglia organizzammo un ‘‘ principesco ’’ pranzo beneaugurale alla mia esperienza paulistana.
Il bagno vinicolo era composto da un ‘‘ casalingo ’’ Rosso dei Colli Perugini e da quello splendido Chianti.
Tra quel Rufina e un Brunello di Montalcino del 1983, regalatomi dal mio amico Giuseppe e che conservo ancora gelosamente nel mio appartamento di San Paolo, posso tranquillamente dire che la mia nuova avventura in terra brasiliana gode di amuleti vinicoli italiani più che rassicuranti.
*
In qualunque paese del mondo dove si beve vino, se si chiede ‘‘ Conosce il Chianti ’’ scontatamente si otterrà ‘‘ Si, è un vino rosso italiano ’’. Forse la risposta non sarà sempre così sicura, ma che il Chianti è il vino rosso italiano più conosciuto nel mondo non esistono dubbi.
Ha origini molto antiche, m fu solo nel Medioevo che con questo nome, anziché indicare la zona geografica, si iniziò a identificare il vino di provenienza : il Chianti.
Riscontriamo, infatti, come prime testimonianze di questo passaggio, alcune lettere mercantili di un certo Francesco Datino di Prato, verso la fine del 1300, dove il Chianti assume un signifcato esclusivamente enologico.
In quel periodo, comunque, si soleva indicare con il nome di Chianti un certo ‘‘Vin vermiglio’’ e un ‘‘Vin di Firenze’’ e non il vino di Chianti come dell’ odierna denominazione.
Fu solo nel 1600 che, con l’ intensificarsi dei commerci e dell’ esportazione, il nome della regione venne universalmente riconosciuto anche per il celebre prodotto di quella terra.
La fortuna del Chianti è anche legata alle severe disposizioni della ‘‘ Lega del Chianti ’’, una sorta di Disciplinare che tra le varie leggi proibiva duramente di iniziare la vendemmia prima del 29 settembre, il giorno di San Michele.
Originalmente prodotto in una zona situata a cavallo delle province di Firenze e Siena, con il Bando Granducale del 1716 vennero estesi i territori al di là della regione vinicola che oggi si riconosce come il Chianti Classico.
Oggi la zona di produzione è molto più ampia di quella originaria e comprende parte delle province di Arezzo, Pisa e Pistoia. Dopo questo ‘‘ mitologico ’’ passato del vino toscano, inizia nel XIX º secolo la storia vera e propria, legata al nome del Barone Bettino Ricasoli.
Discendente di una antica famiglia toscana, il Ricasoli succedette a Cavour, diventando primo ministro del nuovo Regno d’ Italia nel 1861.
Fino a quel periodo il Chianti non aveva caratteristiche ben precise ; i viticoltori nelle vinificazioni usavano vitigni a caso senza seguire un procedimento logico e calcolato.
A proposito di questo, in uno scritto del XIV º secolo il Chianti era citato come vino ‘‘ bianco ’’.
Il Ricasoli decise di fare del Chianti un prodotto di qualità per poterlo diffondere ampiamente anche all’ estero.
Provò e riprovò varie mescolanze di uve e alla fine raggiunse quella giusta, quella dalla quale si ottiene l’ odierno Chianti : Sangiovese, Canaiolo, Malvasia e Trebbiano.
Il successo di questa nuova ‘‘ ricetta ’’ arrivò così velocemente che tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900, quando le richieste del mercato erano altissime, produttori senza scrupoli etichettarono con il nome di Chianti vini di altre zone, la maggior parte di dubbia qualità.
Tali produzioni vendute anche all’ estero contribuirono a formare un’ immagine negativa del vero vino toscano.
Nel 1924 venne istituito il ‘‘ Consorzio per la difesa del vino tipico del Chianti ’’ contrassegnato da un gallo nero su fondo oro, ancora oggi presente nelle produzioni delle zone originarie, ossia il Chianti Classico.
Con il recupero dell’ immagine, nel 1932 si finì col sancire in via definitiva con decreto ministeriale, una realtà vitivinicola che si era venuta formando nel corso del XIX º secolo, grazie al successo di questo vino in Italia e nel mondo.
D.O.C. dal 1967, successivamente divenuto D.O.C.G. negli anni Ottanta, il Chianti viene prodotto con uve Sangiovese ( 75 – 90 % ), Canaiolo Nero ( 5 – 10 % ) e uve a bacca bianca come la Malvasia del Chianti e il Trebbiano Toscano ( insieme nella misura massima del 10 % ). Il vitigno Trebbiano, non presente nell’ uvaggio costruito dal Ricasoli, fu aggiunto alcuni decenni più tardi.
Il Chianti generalmente si presenta così : colore rosso rubino vivace, brillante, tendente al granato con l’ invecchiamento ; profumo intensamente vinoso, con sentore di mammola e con più pronunziato carattere di finezza nella fase di invecchiamento ; sapore asciutto, sapido, armonico, leggermente tannico, che si affina col tempo in morbido e vellutato.
La gradazione alcolica minima deve essere di 11,5 º.
Ogni vino Chianti viene collocato nel mercato solamente dal 1 º marzo successivo alla vendemmia.
Nel caso dei Riserva è richiesto dal Disciplinare un invecchiamento minimo di tre anni.
Va però sottolineato che il Chianti non è uno solo.
Esso può variare, anche sensibilmente, in base agli uvaggi praticati, alle tecniche enologiche, al clima e ai suoli delle varie zone comprendenti oltre a quella del Chianti Classico, anche quelle di altre province annesse e autorizzate nel Decreto del 1932, alla produzione del più famoso rosso toscano e d’ Italia.
Oggi l’ area di produzione tipica del Chianti è suddivisa in sette sottospecificazioni geografiche che danno origine ad altrettanti vini con differenze organolettiche :
- Il Chianti Classico è la zona più antica e prestigiosa.
Ogni vino Chianti viene collocato nel mercato solamente dal 1 º marzo successivo alla vendemmia.
Nel caso dei Riserva è richiesto dal Disciplinare un invecchiamento minimo di tre anni.
Va però sottolineato che il Chianti non è uno solo.
Esso può variare, anche sensibilmente, in base agli uvaggi praticati, alle tecniche enologiche, al clima e ai suoli delle varie zone comprendenti oltre a quella del Chianti Classico, anche quelle di altre province annesse e autorizzate nel Decreto del 1932, alla produzione del più famoso rosso toscano e d’ Italia.
Oggi l’ area di produzione tipica del Chianti è suddivisa in sette sottospecificazioni geografiche che danno origine ad altrettanti vini con differenze organolettiche :
- Il Chianti Classico è la zona più antica e prestigiosa.
Come accennato è situata tra Siena e Firenze ed è stata ed è considerata il cuore di tutti i Chianti.
Qui il Chianti viene vinificato con una minore presenza di uve a bacca bianca ( tra il 2 e il 5 % ), la collocazione nel mercato parte dal 1 º giugno successivo alla vendemmia e la sua gradazione alcolica minima deve essere di 12 gradi.
Il Chianti Classico è un vino strutturato, ampio e sui presta molto bene all’ invecchiamento. Accompagna elaborati piatti di carni rosse e selvaggina di piuma.
Si serve a 18 gradi.
- Il Chianti dei Colli Fiorentini nasce nella collina a Sud di Firenze.
- Il Chianti dei Colli Fiorentini nasce nella collina a Sud di Firenze.
Era la zona dove questo vino veniva commercializzato nei famosi ‘‘ fiaschi ’’ ; oggi questa pratica è stata quasi abbandonata e la bottiglia dona al Chianti locale una maggiore importanza.
La collocazione nel mercato è la stessa del Classico, ma il Colli Fiorentini presenta caratteristiche meno accentuate in comparazione al fratello maggiore, anche se nelle migliori annate si presta a un buon invecchiamento.
Accompagna carni arrostite sia bianche che rosse, selvaggina di piuma e di pelo in preparazioni non molto saporite.
Si serve a 18 gradi.
- Il Chianti Rufina è vinificato a Est di Firenze.
- Il Chianti Rufina è vinificato a Est di Firenze.
È un vino di grandi qualità, adatto all’ invecchiamento, che va aperto preferibilmente nelle occasioni più importanti.
Il Rufina, prodotto nella più zona tra le sette autorizzate, fu il primo Chianti a salpare verso gli Stati Uniti già alla fine del 1800.
Questo perché è considerato il Chianti più ‘‘ trasportabile ’’.
Anche per il Chianti Rufina è prevista l’ immissione nel mercato a partire dal 1 º giugno successivo alla vendemmia.
Accompagna carni rosse ben strutturate e saporite, stracotti, stufati, selvaggina da pelo e formaggi saporiti.
È un Chianti che lo si può proporre anche come vino da meditazione e va servito a 18 – 20 gradi.
- Il Chianti dei Colli Aretini è prodotto nelle colline che dominano l’ Arno nella provincia di Arezzo.
- Il Chianti dei Colli Aretini è prodotto nelle colline che dominano l’ Arno nella provincia di Arezzo.
È un vino piacevole, molto beverino, fruttato, a detta di molti il più leggero di tutti i Chianti.
Accompagna paste saporite, carni arrostite sia bianche che rosse, pesci in umido.
È consigliabile berlo giovane anche se alcuni produttori lo vinificano più corposo adatto all’ invecchiamento. Si serve a 16 –18 gradi.
- Il Chianti delle Colline Pisane nasce a Sud – Est di Pisa.
- Il Chianti delle Colline Pisane nasce a Sud – Est di Pisa.
È la sottozona, dal punto di vista geografico, più esterna tra tutte quelle del Chianti.
Le caratteristiche lo rendono simile a quello dei Colli Aretini.
Accompagna verdure ripiene, pesci saporiti, carni bianche elaborate e rosse non molto saporite. Temperatura di servizio ideale è di 16 – 18 gradi.
- Il Chianti di Montalbano è prodotto a Ovest di Firenze e a Sud di Pistoia.
- Il Chianti di Montalbano è prodotto a Ovest di Firenze e a Sud di Pistoia.
Questa zona venne inclusa nel 1716 da Cosimo III de’ Medici, tra le migliori regioni vinicole del Granducato di Toscana.
È un vino morbido, fruttato, da bere giovane o non molto invecchiato.
Accompagna sia pesci in preparazioni robuste che carni rosse e bianche.
Si serve a 18 º .
- Il Chianti dei Colli Senesi nasce nelle colline intorno alla città di Siena.
- Il Chianti dei Colli Senesi nasce nelle colline intorno alla città di Siena.
Qui il Chianti assume qualità di particolare pregio, in quanto i tre comuni dove si produce questo vino sono di alta, se non altissima, vocazione vinicola : la stessa Siena, Montepulciano e Montalcino.
Nel comune di Siena il vino ha una gradazione alcolica minore e maggior delicatezza.
Nelle altre due aree le produzioni sono più corpose, strutturate e dotate di maggiore alcolicità.
Le carni rosse o i primi piatti con sughi ben saporiti sono gli accompagnamenti più indicati.
Si servono a 16 – 18 º ( quello vinificato a Siena ) e 18 º per gli altri due.
*
Settembre 1997, un mese dopo quel pranzo con Massimo, Stefano e le loro compagne, Angela e Maria Rosa rispettivamente, in Genova per festeggiare un eccellente affare del mio grande amico di Magione, piccola cittadina a poca distanza da Perugia.
Massimo in quel periodo passava in Genova la maggior parte delle sue giornate, tanti erano gli impegni commerciali che si era piacevolmente ( secondo il suo parere ) ‘‘ accollato ’’ addosso.
Decisero tutti insieme di passare un fine settimana sulle rive del Lago Trasimeno.
Il tempo però non fu clemente con loro.
Infatti fu un sabato di pioggia, con previsioni identiche per la domenica, se non peggiori.
Anche se Massimo sapeva perfettamente che il mio programma con Lorella non permetteva di raggiungerli, quel sabato sera mi telefonò.
‘‘ Paradisi, che fai domani mattina ? ’’.
‘‘ Già lo sai Massimo, te ne ho parlato già una quindicina di volte, vado con Lorella alla Cascata delle Marmore ! ’’.
‘‘ Ah…… ! Lascia perdere, domani piove, rimanda a domenica prossima ! ’’.
‘‘ E chi glielo dice a Lorella, è dal quel ritorno a casa da Genova di un mese fa che lo stiamo programmando ? ’’.
‘‘ Lascialo risolvere alle due genovesi, se vuoi gli passo il telefono di Lorella e loro la invitano per domani ’’.
‘‘ Scusa Massimo, ma per andare dove ? ’’.
‘‘ Facciamo un ‘‘ tour ’’ enologico in Toscana ! ’’.
‘‘ Cosa !? ’’.
‘‘ Hai capito bene, domani facciamo un percorso che prevede tre bei posti dove si beve del buon ‘‘ vinello ’’, sicuramente piova o no sarà molto divertente, non credi ? Ti auguro comunque un buon divertimento domani alla Cascata ; un consiglio telefona prima di andare là, è possibile che la incontri chiusa ! Ciao Paradisi, domani mi bevo una Vernaccia alla tua salute ! ’’.
‘‘ Aspetta ricattatore, d’ accordo vengo con voi, a Lorella la chiamo io, vedrò di convincerla ’‘.
Ma perché una qualsiasi trappola a base di Vernaccia, Sagrantino od altro mi trascinava ad accettare anche un invito ironico e malizioso come quello del mio buon amico ?
Senza preoccuparmi più di tanto sulla risposta, telefonai alla mia compagna che concordò, per fortuna, convinta anche sul fatto che la pioggia effettivamente poteva farci perdere la splendida visuale delle Marmore quando sono al massimo della loro apertura.
La domenica mattina alle 11,00 erro nella casa di Massimo, luogo d’ incontro tra tutti noi.
Una mezz’ ora di convenevoli, di rievocazioni della breve ma linda vacanza ligure, e via verso Montepulciano, prima tappa del nostro già programmato giro toscano.
Il cielo era grigio e minaccioso ma al momento non stava piovendo.
Temperatura ideale per un rosso toscano ? – disse Stefano.
Puoi dirlo forte, ma qualcuno preferiva l’ acqua di Cascata ! – rispose l’ ironico Massimo.
Arrivammo intorno alle 13,00 ma l’ idea di pranzare al momento non passò nella mente di nessuno.
Per questo approfittammo in una rapida passeggiata nelle viuzze del centro storico fino a raggiungere una caratteristica osteria dove calmammo le prime tenue lamentele dei stomaci con una porzione di salumi tipici e del pecorino toscano.
Era un giro turistico – enologico, quindi, spazio al vino, che in Montepulciano ha il seguente nome : Vino Nobile.
La scelta cadde sulla vendemmia del 1993, annata particolarmente felice a detta del gestore del locale.
Quel grande vino si dimostrò tale in tutta la sua forza tannica, forse ancora un poco aggressiva, ma decisamente piacevole per le sensazioni che lasciava sul palato.
È il caratteristico vino rosso toscano ? – chiese Stefano.
Senza dubbio – risposi – se si escludono gli spumanti, dove ancora non è molto conosciuta, la Toscana insieme al Piemonte ha i rossi più generosi, uno sviluppo frenetico che quasi ogni anno colloca prepotentemente nuovi nomi. Chiaro che la Toscana non è appena terra di vini rossi, si distacca anche per bianchi eleganti o potenti come per qualche rosato prestigioso, tipo quello di Bolgheri.
La degustazione si prolungò per un’ oretta e da Montepulciano ci spostammo verso Montalcino, lontana
una quarantina di chilometri.
Io e Massimo conoscevamo la bella cittadina medioevale già da qualche anno prima e, visto che Montalcino non era l’ ultima tappa del viaggio, ci recammo ‘‘ appena ’’ all’ interno della grande Fortezza.
Nel grande cortile interno è situata una splendida enoteca.
C’ era da rimanere a bocca aperta anche per chi come le ragazze presenti non avevano una particolare affinità con il vino.
L’ interno aveva una spiccata estetica medioevale : grate di ferro in quasi tutte le pareti, lampadari di ferro battuto di colore nero, anche le numerose bottiglie, per la grande maggioranza di Brunello erano esposte in speciali scaffalature metalliche.
A questo si aggiungevano decorazioni come armature medioevali, armi dell’ epoca e quadri raffiguranti la Montalcino di secoli prima.
Proprio all’ interno di quella enoteca c’ era una piccola scala che conduceva alle vecchie torri e bastioni della grande Fortezza di Montalcino.
La nostra superba degustazione di un Brunello, come nel caso del Vino Nobile sempre del 1993, era arricchita da quel panorama sulle colline toscane che dalla cima di quel castello ci si poteva permettere di godere.
Degustare un Brunello di Montalcino, anche quando non molto invecchiato, è sempre un momento differente da tutte le altre degustazioni.
Solo il fatto che si tiene in mano uno dei vini più longevi del mondo, fa capire che non è un rosso comune o normale, segue subito dopo la sua vasta gamma di profumi, la sua regalità al palato e la ricchezza di sensazioni che lascia dopo averlo deglutito. È un grande vino.
Non esiste libro al mondo che possa descrivere chiaramente quello che significa degustare un Brunello di Montalcino.
La volontà di restare in quella pace medieovale er fortissima da parte di tutti noi, ma rispettammo il programma e alle 17,30 raggiungemmo la nostra ultima meta : San Gimignano.
Nonostante quella domenica non fu mai assolata, quel costante cielo grigio che comunque decise di non bagnarci, contribuì a mantenere la temperatura al di sotto della media per quell’ epoca, il che favorì le varie degustazioni di vino rosso al quale ci sottoposimo.
San Gimignano è una delle più belle località medioevali che si incontrano in Italia.
Alle sue caratteristiche torri si affiancano delle splendide piazze, chiese monumentali, portici eleganti e pavimentazioni fedeli a molti secoli prima.
Nell’ ampio centro storico della cittadina il traffico di automobili non era consentito, la passeggiata pertanto assunse toni più caratteristici e romantici.
Per questo io Stefano e Massimo ci allontanammo provvisoriamente dal delizioso argomento enologico, per dedicarci di più al lato che maggiormente interessava alle nostre compagne, cioè quello turistico.
Non perché il vino non ci interessa, non potete pensare questo e ve ne abbiamo dato un’ ampia prova, ma per me è la prima volta che vengo da queste parti e vorrei godermi un poco anche la storia – disse Maria Rosa con quella sua tipica e simpatica espressione di ‘‘ furba bambina innocente ’’.
Durante la nostra rilassante passeggiata tra l’ enormità di turisti presenti arrivammo nella piazza principale di San Gimignano e qui Massimo scoprì che vi era presente un ‘‘ Museo di torture medioevali ’’.
Immediata fu la sua reazione : ‘‘ Entriamo ? ’’.
Le ragazze non sembrarono molto incuriosite a quella esposizione, ma con l’ appoggio mio e di Stefano, interessati tanto quanto Massimo ad ammirare quei ‘‘ tetri ’’ macchinari ( il genovese forse anche di più ) riuscimmo a convincere le compagne.
Dopo quella originale visita continuammo la nostra passeggiata tra chiese e torri.
Solamente i nostri succhi gastrici stomacali che non stavano incontrando nulla da digerire, ci avvisarono che era quasi l’ ora di cena e che fino a quel momento avevamo mangiato appena quegli stuzzichini di Montepulciano.
In San Gimignano era d’ obbligo degustare la D.O.C.G. Vernaccia, pertanto procurammo un ristorante con dei piatti abbinabili a quella delizia.
Logicamente non esisteva il minimo problema in questo ; al secondo tentativo infatti, tra le decine di opportunità che ha San Gimignano, entrammo.
Anche quel locale, rispettando la chiave dominante dei luoghi, aveva uno stile che rammentava locali di 6 – 8 secoli prima.
La grande sala d’ entrata era corredata con un quadro gigantesco su una parete che presentava la San Gimignano di centinaia di anni fa con un numero di torri ben maggiore a quelle attuali.
Oltre a quella sala ne esistevano molte altre, tutte più piccole e che formavano un autentico labirinto.
*
Settembre 1997, un mese dopo quel pranzo con Massimo, Stefano e le loro compagne, Angela e Maria Rosa rispettivamente, in Genova per festeggiare un eccellente affare del mio grande amico di Magione, piccola cittadina a poca distanza da Perugia.
Massimo in quel periodo passava in Genova la maggior parte delle sue giornate, tanti erano gli impegni commerciali che si era piacevolmente ( secondo il suo parere ) ‘‘ accollato ’’ addosso.
Decisero tutti insieme di passare un fine settimana sulle rive del Lago Trasimeno.
Il tempo però non fu clemente con loro.
Infatti fu un sabato di pioggia, con previsioni identiche per la domenica, se non peggiori.
Anche se Massimo sapeva perfettamente che il mio programma con Lorella non permetteva di raggiungerli, quel sabato sera mi telefonò.
‘‘ Paradisi, che fai domani mattina ? ’’.
‘‘ Già lo sai Massimo, te ne ho parlato già una quindicina di volte, vado con Lorella alla Cascata delle Marmore ! ’’.
‘‘ Ah…… ! Lascia perdere, domani piove, rimanda a domenica prossima ! ’’.
‘‘ E chi glielo dice a Lorella, è dal quel ritorno a casa da Genova di un mese fa che lo stiamo programmando ? ’’.
‘‘ Lascialo risolvere alle due genovesi, se vuoi gli passo il telefono di Lorella e loro la invitano per domani ’’.
‘‘ Scusa Massimo, ma per andare dove ? ’’.
‘‘ Facciamo un ‘‘ tour ’’ enologico in Toscana ! ’’.
‘‘ Cosa !? ’’.
‘‘ Hai capito bene, domani facciamo un percorso che prevede tre bei posti dove si beve del buon ‘‘ vinello ’’, sicuramente piova o no sarà molto divertente, non credi ? Ti auguro comunque un buon divertimento domani alla Cascata ; un consiglio telefona prima di andare là, è possibile che la incontri chiusa ! Ciao Paradisi, domani mi bevo una Vernaccia alla tua salute ! ’’.
‘‘ Aspetta ricattatore, d’ accordo vengo con voi, a Lorella la chiamo io, vedrò di convincerla ’‘.
Ma perché una qualsiasi trappola a base di Vernaccia, Sagrantino od altro mi trascinava ad accettare anche un invito ironico e malizioso come quello del mio buon amico ?
Senza preoccuparmi più di tanto sulla risposta, telefonai alla mia compagna che concordò, per fortuna, convinta anche sul fatto che la pioggia effettivamente poteva farci perdere la splendida visuale delle Marmore quando sono al massimo della loro apertura.
La domenica mattina alle 11,00 erro nella casa di Massimo, luogo d’ incontro tra tutti noi.
Una mezz’ ora di convenevoli, di rievocazioni della breve ma linda vacanza ligure, e via verso Montepulciano, prima tappa del nostro già programmato giro toscano.
Il cielo era grigio e minaccioso ma al momento non stava piovendo.
Temperatura ideale per un rosso toscano ? – disse Stefano.
Puoi dirlo forte, ma qualcuno preferiva l’ acqua di Cascata ! – rispose l’ ironico Massimo.
Arrivammo intorno alle 13,00 ma l’ idea di pranzare al momento non passò nella mente di nessuno.
Per questo approfittammo in una rapida passeggiata nelle viuzze del centro storico fino a raggiungere una caratteristica osteria dove calmammo le prime tenue lamentele dei stomaci con una porzione di salumi tipici e del pecorino toscano.
Era un giro turistico – enologico, quindi, spazio al vino, che in Montepulciano ha il seguente nome : Vino Nobile.
La scelta cadde sulla vendemmia del 1993, annata particolarmente felice a detta del gestore del locale.
Quel grande vino si dimostrò tale in tutta la sua forza tannica, forse ancora un poco aggressiva, ma decisamente piacevole per le sensazioni che lasciava sul palato.
È il caratteristico vino rosso toscano ? – chiese Stefano.
Senza dubbio – risposi – se si escludono gli spumanti, dove ancora non è molto conosciuta, la Toscana insieme al Piemonte ha i rossi più generosi, uno sviluppo frenetico che quasi ogni anno colloca prepotentemente nuovi nomi. Chiaro che la Toscana non è appena terra di vini rossi, si distacca anche per bianchi eleganti o potenti come per qualche rosato prestigioso, tipo quello di Bolgheri.
La degustazione si prolungò per un’ oretta e da Montepulciano ci spostammo verso Montalcino, lontana
una quarantina di chilometri.
Io e Massimo conoscevamo la bella cittadina medioevale già da qualche anno prima e, visto che Montalcino non era l’ ultima tappa del viaggio, ci recammo ‘‘ appena ’’ all’ interno della grande Fortezza.
Nel grande cortile interno è situata una splendida enoteca.
C’ era da rimanere a bocca aperta anche per chi come le ragazze presenti non avevano una particolare affinità con il vino.
L’ interno aveva una spiccata estetica medioevale : grate di ferro in quasi tutte le pareti, lampadari di ferro battuto di colore nero, anche le numerose bottiglie, per la grande maggioranza di Brunello erano esposte in speciali scaffalature metalliche.
A questo si aggiungevano decorazioni come armature medioevali, armi dell’ epoca e quadri raffiguranti la Montalcino di secoli prima.
Proprio all’ interno di quella enoteca c’ era una piccola scala che conduceva alle vecchie torri e bastioni della grande Fortezza di Montalcino.
La nostra superba degustazione di un Brunello, come nel caso del Vino Nobile sempre del 1993, era arricchita da quel panorama sulle colline toscane che dalla cima di quel castello ci si poteva permettere di godere.
Degustare un Brunello di Montalcino, anche quando non molto invecchiato, è sempre un momento differente da tutte le altre degustazioni.
Solo il fatto che si tiene in mano uno dei vini più longevi del mondo, fa capire che non è un rosso comune o normale, segue subito dopo la sua vasta gamma di profumi, la sua regalità al palato e la ricchezza di sensazioni che lascia dopo averlo deglutito. È un grande vino.
Non esiste libro al mondo che possa descrivere chiaramente quello che significa degustare un Brunello di Montalcino.
La volontà di restare in quella pace medieovale er fortissima da parte di tutti noi, ma rispettammo il programma e alle 17,30 raggiungemmo la nostra ultima meta : San Gimignano.
Nonostante quella domenica non fu mai assolata, quel costante cielo grigio che comunque decise di non bagnarci, contribuì a mantenere la temperatura al di sotto della media per quell’ epoca, il che favorì le varie degustazioni di vino rosso al quale ci sottoposimo.
San Gimignano è una delle più belle località medioevali che si incontrano in Italia.
Alle sue caratteristiche torri si affiancano delle splendide piazze, chiese monumentali, portici eleganti e pavimentazioni fedeli a molti secoli prima.
Nell’ ampio centro storico della cittadina il traffico di automobili non era consentito, la passeggiata pertanto assunse toni più caratteristici e romantici.
Per questo io Stefano e Massimo ci allontanammo provvisoriamente dal delizioso argomento enologico, per dedicarci di più al lato che maggiormente interessava alle nostre compagne, cioè quello turistico.
Non perché il vino non ci interessa, non potete pensare questo e ve ne abbiamo dato un’ ampia prova, ma per me è la prima volta che vengo da queste parti e vorrei godermi un poco anche la storia – disse Maria Rosa con quella sua tipica e simpatica espressione di ‘‘ furba bambina innocente ’’.
Durante la nostra rilassante passeggiata tra l’ enormità di turisti presenti arrivammo nella piazza principale di San Gimignano e qui Massimo scoprì che vi era presente un ‘‘ Museo di torture medioevali ’’.
Immediata fu la sua reazione : ‘‘ Entriamo ? ’’.
Le ragazze non sembrarono molto incuriosite a quella esposizione, ma con l’ appoggio mio e di Stefano, interessati tanto quanto Massimo ad ammirare quei ‘‘ tetri ’’ macchinari ( il genovese forse anche di più ) riuscimmo a convincere le compagne.
Dopo quella originale visita continuammo la nostra passeggiata tra chiese e torri.
Solamente i nostri succhi gastrici stomacali che non stavano incontrando nulla da digerire, ci avvisarono che era quasi l’ ora di cena e che fino a quel momento avevamo mangiato appena quegli stuzzichini di Montepulciano.
In San Gimignano era d’ obbligo degustare la D.O.C.G. Vernaccia, pertanto procurammo un ristorante con dei piatti abbinabili a quella delizia.
Logicamente non esisteva il minimo problema in questo ; al secondo tentativo infatti, tra le decine di opportunità che ha San Gimignano, entrammo.
Anche quel locale, rispettando la chiave dominante dei luoghi, aveva uno stile che rammentava locali di 6 – 8 secoli prima.
La grande sala d’ entrata era corredata con un quadro gigantesco su una parete che presentava la San Gimignano di centinaia di anni fa con un numero di torri ben maggiore a quelle attuali.
Oltre a quella sala ne esistevano molte altre, tutte più piccole e che formavano un autentico labirinto.
Erano le salette dove venivano accomodati i clienti e ognuna di loro presentava dei tavoli tutti di legno massiccio e lavorato, così come le sedie, belle ma particolarmente pesanti.
Le pareti erano esclusivamente di vecchi mattoni e il soffitto a volte.
I camerieri erano tutti con abiti medioevali, tra loro delle ragazze che avevano addirittura capigliature dell’ epoca.
La luce elettrica era molto tenue, il grande candelabro d’ argento collocato nel centro del tavolo e con almeno una dozzina di candele, illuminava molto di più che quelle lampade semi nascoste tra le pareti.
L’ effetto scenico era meraviglioso e molto ben curato, al punto che nel bel mezzo della cena, in due momenti distanti una mezz’ ora tra di loro, le luci delle pareti si affievolirono permettendo prima un rapido passaggio di un fantasma, e poi di una splendida dama che, lo scoprimmo in seguito, era la ricreazione immaginaria della proprietaria del palazzo del XIV º secolo, dove il ristorante era annesso.
Il luogo non comune era completato da portate indimenticabili, una vera e propria cena regale così suddivisa : antipasto di bresaola, rucola, Grana Padano e noci, assaggi di anatra all’ arancia con radicchio e aceto balsamico, vele di tacchino con champignon ; primi piatti di risotto ‘‘ Fumo e Champagne ’’, tortelloni in fonduta di Parmigiano e tartufo ; secondi piatti di maialino ai mille profumi e patate arrosto, faraona farcita al lardo di Colonnata e tartufo con verdure all griglia, più una tipica insalata campagnola ; per finire buffet di dolci e macedonia di frutta.
Abbinamento unico la Vernaccia di San Gimignano che da bianco generoso com’ è, resse principescamente tutti i piatti. Con i dolci un classico Vin Santo toscano.
Perché Giovanni in tutta la giornata non ti sei mai permesso un tuo monologo enologico ? – chiese Angela.
A quelle parole seguì uno strano silenzio di rassegnazione.
Sapevano benissimo che non avrei perso l’ occasione.
Le pareti erano esclusivamente di vecchi mattoni e il soffitto a volte.
I camerieri erano tutti con abiti medioevali, tra loro delle ragazze che avevano addirittura capigliature dell’ epoca.
La luce elettrica era molto tenue, il grande candelabro d’ argento collocato nel centro del tavolo e con almeno una dozzina di candele, illuminava molto di più che quelle lampade semi nascoste tra le pareti.
L’ effetto scenico era meraviglioso e molto ben curato, al punto che nel bel mezzo della cena, in due momenti distanti una mezz’ ora tra di loro, le luci delle pareti si affievolirono permettendo prima un rapido passaggio di un fantasma, e poi di una splendida dama che, lo scoprimmo in seguito, era la ricreazione immaginaria della proprietaria del palazzo del XIV º secolo, dove il ristorante era annesso.
Il luogo non comune era completato da portate indimenticabili, una vera e propria cena regale così suddivisa : antipasto di bresaola, rucola, Grana Padano e noci, assaggi di anatra all’ arancia con radicchio e aceto balsamico, vele di tacchino con champignon ; primi piatti di risotto ‘‘ Fumo e Champagne ’’, tortelloni in fonduta di Parmigiano e tartufo ; secondi piatti di maialino ai mille profumi e patate arrosto, faraona farcita al lardo di Colonnata e tartufo con verdure all griglia, più una tipica insalata campagnola ; per finire buffet di dolci e macedonia di frutta.
Abbinamento unico la Vernaccia di San Gimignano che da bianco generoso com’ è, resse principescamente tutti i piatti. Con i dolci un classico Vin Santo toscano.
Perché Giovanni in tutta la giornata non ti sei mai permesso un tuo monologo enologico ? – chiese Angela.
A quelle parole seguì uno strano silenzio di rassegnazione.
Sapevano benissimo che non avrei perso l’ occasione.
E così fu.
Due ore, forse anche più, a riassumere tutta quella bellissima giornata più un omaggio storico – vinicolo da mia parte a tutti i partecipanti.
Quell’ omaggio era naturalmente la storia e le caratteristiche di quei tre incredibili vini toscani.
Alla fine della cena le nostre strade si divisero, io e Lorella tornammo verso Perugia, Massimo e i genovesi in direzione della costa ligure.
Il nostro viaggio irreale dentro i secoli XIII e XIV era terminato e il giorno seguente ci aspettava un rapido ritorno alla realtà di sette secoli dopo.
*
In una nazione come l’ Italia, dove si produce vino da 35 secoli, il Brunello di Montalcino può essere considerato una invenzione moderna, collocandosi in pochi decenni tra le produzioni più qualificate di 3.500 anni di storia.
Non si tratta di un vino prodotto in omaggio alle locali tradizioni, ma è il frutto degli studi di un singolo viticoltore, Ferruccio Biondi-Santi. Ma andiamo in ordine cronologico.
Tra il Duecento e il Cinquecento, Montalcino fu al centro di varie dispute territoriali tra Siena e Firenze.
Tra i vari motivi che rendevano interessanti queste zone, in risalto c’ era senza dubbio anche la forte vocazione enologica. Ma i vini locali dell’ epoca, per quanto buoni che fossero, non erano paragonabili al Brunello di oggi.
Fino al XIX º secolo i vini montalcinesi venivano prodotti con vari tipi di uve, come si faceva e si fa ancora oggi con il Chianti.
Nella seconda metà dell’ Ottocento Clemente Santi prima, e il nipote Ferruccio Biondi dopo, diedero vita a un vino ottenuto dalla vinificazione di un singolo vitigno.
Nel 1870 Ferruccio Biondi-Santi cominciò a diffondere nei suoi vigneti un clone di Sangiovese chiamato Brunello.
Il giovane viticoltore aveva notato che una varietà di Sangiovese ( chiamato ‘‘ grosso ’’ per distinguerlo da quello originario del Chianti, che aveva i grappoli più piccoli ) resisteva maggiormente agli attacchi di fillossera che tanto avevano flagellato i vigneti della zona.
Alla fine del flagello Biondi-Santi reimpiantò completamente i suoi vigneti e presto fu in grado di produrre con soddisfazione il primo Brunello di Montalcino.
Un vino che andò contro le tradizioni della regione, infatti i toscani di un secolo fa preferivano di gran lunga vini rossi giovani, spesso frizzanti, un pò come nell’ Emilia – Romagna.
Il Brunello invece veniva, e viene tuttora, sottoposto ad un processo di affinamento di almeno 4 anni di cui 42 mesi in botti di rovere più sei in bottiglia.
Due ore, forse anche più, a riassumere tutta quella bellissima giornata più un omaggio storico – vinicolo da mia parte a tutti i partecipanti.
Quell’ omaggio era naturalmente la storia e le caratteristiche di quei tre incredibili vini toscani.
Alla fine della cena le nostre strade si divisero, io e Lorella tornammo verso Perugia, Massimo e i genovesi in direzione della costa ligure.
Il nostro viaggio irreale dentro i secoli XIII e XIV era terminato e il giorno seguente ci aspettava un rapido ritorno alla realtà di sette secoli dopo.
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In una nazione come l’ Italia, dove si produce vino da 35 secoli, il Brunello di Montalcino può essere considerato una invenzione moderna, collocandosi in pochi decenni tra le produzioni più qualificate di 3.500 anni di storia.
Non si tratta di un vino prodotto in omaggio alle locali tradizioni, ma è il frutto degli studi di un singolo viticoltore, Ferruccio Biondi-Santi. Ma andiamo in ordine cronologico.
Tra il Duecento e il Cinquecento, Montalcino fu al centro di varie dispute territoriali tra Siena e Firenze.
Tra i vari motivi che rendevano interessanti queste zone, in risalto c’ era senza dubbio anche la forte vocazione enologica. Ma i vini locali dell’ epoca, per quanto buoni che fossero, non erano paragonabili al Brunello di oggi.
Fino al XIX º secolo i vini montalcinesi venivano prodotti con vari tipi di uve, come si faceva e si fa ancora oggi con il Chianti.
Nella seconda metà dell’ Ottocento Clemente Santi prima, e il nipote Ferruccio Biondi dopo, diedero vita a un vino ottenuto dalla vinificazione di un singolo vitigno.
Nel 1870 Ferruccio Biondi-Santi cominciò a diffondere nei suoi vigneti un clone di Sangiovese chiamato Brunello.
Il giovane viticoltore aveva notato che una varietà di Sangiovese ( chiamato ‘‘ grosso ’’ per distinguerlo da quello originario del Chianti, che aveva i grappoli più piccoli ) resisteva maggiormente agli attacchi di fillossera che tanto avevano flagellato i vigneti della zona.
Alla fine del flagello Biondi-Santi reimpiantò completamente i suoi vigneti e presto fu in grado di produrre con soddisfazione il primo Brunello di Montalcino.
Un vino che andò contro le tradizioni della regione, infatti i toscani di un secolo fa preferivano di gran lunga vini rossi giovani, spesso frizzanti, un pò come nell’ Emilia – Romagna.
Il Brunello invece veniva, e viene tuttora, sottoposto ad un processo di affinamento di almeno 4 anni di cui 42 mesi in botti di rovere più sei in bottiglia.
Il Brunello cominciò a far parlare di sé a partire dal 1880.
La prima grande annata ‘‘ ufficiale ’’ del Brunello fu il 1888, di cui esistono ancora pochissime bottiglie perfettamente integre, a riprova della sua grande longevità.
Con il passare degli anni, il Brunello acquista sempre maggiore fragranza, un sapore più vellutato, una maggiore armonicità ed un profumo delicato e intenso.
Il Barone Luigi Ricasoli, politico e grande produttore di vini toscani ( da lui fu redatto il Disciplinare del Chianti ), quando nel 1930 degustò un Brunello del 1888 dichiarò le seguenti parole : ‘‘ Ecco, io a questo non ci arrivo ’’.
Il grande personaggio del mondo enologico toscano decretò così la qualità e la longevità di questo straordinario vino.
La prima grande annata ‘‘ ufficiale ’’ del Brunello fu il 1888, di cui esistono ancora pochissime bottiglie perfettamente integre, a riprova della sua grande longevità.
Con il passare degli anni, il Brunello acquista sempre maggiore fragranza, un sapore più vellutato, una maggiore armonicità ed un profumo delicato e intenso.
Il Barone Luigi Ricasoli, politico e grande produttore di vini toscani ( da lui fu redatto il Disciplinare del Chianti ), quando nel 1930 degustò un Brunello del 1888 dichiarò le seguenti parole : ‘‘ Ecco, io a questo non ci arrivo ’’.
Il grande personaggio del mondo enologico toscano decretò così la qualità e la longevità di questo straordinario vino.
Nel 1988 ai festeggiamenti del centenario di quell’ annata memorabile, partecipò anche l’ allora Presidente della Repubblica italiana, Francesco Cossiga.
Come tutti i vini a D.O.C.G. ( e il Brunello ne fu il primo ad ottenerla in Italia ) questo vino è sottoposto a rigide analisi chimiche e organolettiche da parte di apposite commissioni che stabiliscono l’ idoneità del vino alla D.O.C. garantita. Se superano queste analisi, alle varie bottiglie di Brunello vengono applicate le fascette statali della Denominazione che ne sigilla il tappo e ne autorizza la commercializzazione.
Il Brunello di Montalcino presenta un profumo caratteristico, vinoso, ampio, intenso, bouquet ricco ed elegante con sentori di viola, vaniglia e sottobosco.
Il sapore è asciutto, leggermente tannico, caldo, pieno, morbido, robusto e armonico.
Da vino ricchissimo come è, il Brunello di Montalcino richiede a tavola piatti altrettanto importanti come carni rosse prima di tutto, brasati, stracotti e stufati, ma anche selvaggina di pelo in salmì.
Fate attenzione a non collocare in tavola elaborazioni semplici e poco saporite, in quanto la potenza del Brunello sovrasterebbe il sapore del vostro attento lavoro in cucina.
Come tutti i vini a D.O.C.G. ( e il Brunello ne fu il primo ad ottenerla in Italia ) questo vino è sottoposto a rigide analisi chimiche e organolettiche da parte di apposite commissioni che stabiliscono l’ idoneità del vino alla D.O.C. garantita. Se superano queste analisi, alle varie bottiglie di Brunello vengono applicate le fascette statali della Denominazione che ne sigilla il tappo e ne autorizza la commercializzazione.
Il Brunello di Montalcino presenta un profumo caratteristico, vinoso, ampio, intenso, bouquet ricco ed elegante con sentori di viola, vaniglia e sottobosco.
Il sapore è asciutto, leggermente tannico, caldo, pieno, morbido, robusto e armonico.
Da vino ricchissimo come è, il Brunello di Montalcino richiede a tavola piatti altrettanto importanti come carni rosse prima di tutto, brasati, stracotti e stufati, ma anche selvaggina di pelo in salmì.
Fate attenzione a non collocare in tavola elaborazioni semplici e poco saporite, in quanto la potenza del Brunello sovrasterebbe il sapore del vostro attento lavoro in cucina.
CARATTERISTICHE DEL BRUNELLO DI MONTALCINO
GRADAZIONE ALCOLICA - 12,5 gradi
COLORE - rosso rubino intenso, che con l’ invecchiamento assume sfumature granate o aranciate
TEMPERATURA DI SERVIZIO - 18 – 20 gradi
*
Si dice, infatti, che egli si trasferì da Chiusi sull’ antico colle di ‘‘ Mont Mercurius ’’ seguito dagli abitanti locali, cambiando più tardi il nome del colle in Mont Politicus.
Fin dalle sue remotissime origini, Montepulciano fonde con il vino la sua storia come testimonia una tazza di vino con figure rosse di produzione chiusana avvenuta nel 1868, insieme a numerosi oggetti in bronzo in una tomba etrusca, proprio nei pressi del paese toscano.
Fin dalle sue remotissime origini, Montepulciano fonde con il vino la sua storia come testimonia una tazza di vino con figure rosse di produzione chiusana avvenuta nel 1868, insieme a numerosi oggetti in bronzo in una tomba etrusca, proprio nei pressi del paese toscano.
La tazza recava la rappresentazione di ‘‘ Flufluns ’’, il Bacco etrusco, Dio del vino, che si diletta in un gioco in cui il vino era protagonista.
Le testimonianze circa le celebrità che il vino di Montepulciano ebbe nella storia grazie alla sua bontà, sono numerose. Nel 790 un documento ci testimonia come la vocazione vinicola di Montepulciano era già particolarmente marcata : infatti questo atto ufficiale dell’ epoca registrava la donazione di un vigneto alla Chiesa da parte di un viticoltore.
Le testimonianze circa le celebrità che il vino di Montepulciano ebbe nella storia grazie alla sua bontà, sono numerose. Nel 790 un documento ci testimonia come la vocazione vinicola di Montepulciano era già particolarmente marcata : infatti questo atto ufficiale dell’ epoca registrava la donazione di un vigneto alla Chiesa da parte di un viticoltore.
Passando al XVII secolo, ricordo come Francesco Redi, insigne non solo come medico e naturalista, ma anche come poeta, esaltasse nel suo poemetto ‘‘ Bacco in Toscana ’’ del 1685, con tanta efficacia il vino.
Il Redi immagina che Bacco e Arianna elogino i migliori vini della Toscana, concludendo con l’ affermazione che ‘‘ Montepulciano d’ ogni vino è il re ’’.
Il poemetto ebbe un grande successo ed arrivò, di corte in corte, nelle mani di Guglielmo III Re d’ Inghilterra, di Scozia e d’ Irlanda.
Al successo dei vini toscani nei paesi d’ oltre Manica ne è testimonianza il viaggio compiuto nel 1669 da una delegazione inglese nel Granducato di Toscana per procurare alla corte inglese alcuni vini tra i quali quello di Montepulciano.
Al successo dei vini toscani nei paesi d’ oltre Manica ne è testimonianza il viaggio compiuto nel 1669 da una delegazione inglese nel Granducato di Toscana per procurare alla corte inglese alcuni vini tra i quali quello di Montepulciano.
Sempre in questo secolo nasce la definizione ‘‘ Nobile ’’, resasi necessaria per differenziarlo dalle produzioni di altri vini rossi ma anche per il grande successo ottenuto nelle corti reali europee.
Seguì un periodo di decadenza al quale solo nel 1925, con la ricerca di un intraprendente produttore locale, documentatosi sulle tradizioni enologiche di Montepulciano, produsse nuovamente il Vino Nobile in quantità elevate.
A questo rilancio si succedettero numerosi successi in varie mostre ed esposizioni, successi che portarono il Vino Nobile di Montepulciano all’ ottenimento della D.O.C. nel 1966 e della D.O.C.G. nel 1980.
A queste onoreficenze va aggiunto che in entambi i casi questo vino è stato tra i primi in Italia ad essere insignito delle denominazioni ufficiali.
I vitigni che costituiscono l’ uvaggio del Nobile sono il Prugnolo Gentile ( denominazione locale del Sangiovese Grosso ) con una percentuale cha va dal 60 all’ 80 %, il Canaiolo Nero ( 10 – 20 % ), il Mammolo ( 5 % ) e altri vitigni a bacca bianca come la Malvasia Toscana, il Trebbiano Toscano e il Grechetto bianco ( da sole o congiuntamente per un massimo del 10 % ).
Le nuove vinificazioni di oggi però, sono sempre più orientate a ridurre al minimo, quando non a eliminarli totalmente, l’ utilizzo dei vitigni a bacca bianca.
Il Vino Nobile di Montepulciano deve avere un invecchiamento minimo di 26 mesi ( dei quali almeno 24 in botte ) prima della collocazione in commercio ; per la versione Riserva l’ invecchiamento sale a 38 mesi.
Il suo bouquet è più o meno intenso, delicato, con note di viola mammola e di frutti di bosco in alcune produzioni, il sapore è asciutto, leggermente tannico, corposo e leggermente amarognolo.
È un vino capace di invecchiare anche 10 anni.
Come tutti i grandi vini rossi strutturati, il Nobile di Montepulciano al suo fianco predilige i primi piatti saporiti e le carni rosse, oltreché alla selvaggina sia di pelo che di piuma e formaggi a pasta dura, anche molto stagionati.
Seguì un periodo di decadenza al quale solo nel 1925, con la ricerca di un intraprendente produttore locale, documentatosi sulle tradizioni enologiche di Montepulciano, produsse nuovamente il Vino Nobile in quantità elevate.
A questo rilancio si succedettero numerosi successi in varie mostre ed esposizioni, successi che portarono il Vino Nobile di Montepulciano all’ ottenimento della D.O.C. nel 1966 e della D.O.C.G. nel 1980.
A queste onoreficenze va aggiunto che in entambi i casi questo vino è stato tra i primi in Italia ad essere insignito delle denominazioni ufficiali.
I vitigni che costituiscono l’ uvaggio del Nobile sono il Prugnolo Gentile ( denominazione locale del Sangiovese Grosso ) con una percentuale cha va dal 60 all’ 80 %, il Canaiolo Nero ( 10 – 20 % ), il Mammolo ( 5 % ) e altri vitigni a bacca bianca come la Malvasia Toscana, il Trebbiano Toscano e il Grechetto bianco ( da sole o congiuntamente per un massimo del 10 % ).
Le nuove vinificazioni di oggi però, sono sempre più orientate a ridurre al minimo, quando non a eliminarli totalmente, l’ utilizzo dei vitigni a bacca bianca.
Il Vino Nobile di Montepulciano deve avere un invecchiamento minimo di 26 mesi ( dei quali almeno 24 in botte ) prima della collocazione in commercio ; per la versione Riserva l’ invecchiamento sale a 38 mesi.
Il suo bouquet è più o meno intenso, delicato, con note di viola mammola e di frutti di bosco in alcune produzioni, il sapore è asciutto, leggermente tannico, corposo e leggermente amarognolo.
È un vino capace di invecchiare anche 10 anni.
Come tutti i grandi vini rossi strutturati, il Nobile di Montepulciano al suo fianco predilige i primi piatti saporiti e le carni rosse, oltreché alla selvaggina sia di pelo che di piuma e formaggi a pasta dura, anche molto stagionati.
CARATTERISTICHE DEL VINO NOBILE DI MONTEPULCIANO
GRADAZIONE ALCOLICA - 12,5 gradi
COLORE - rosso granato più o meno intenso, con riflessi aranciati quando invecchiati
TEMPERATURA DI SERVIZIO - 16 – 18 gradi Riserva 18 gradi
È prodotto nell’ area circostante la bellissima cittadina di San Gimignano.
Questa località nell’ epoca medioevale fu fortificata da una cinta di mura e costellata da una settantina di torri, le quali ognuna rappresentava una famiglia nobiliare dell’ epoca.
Alle varie guerre dei secoli successivi, ne sono sopravvissute poco più di una dozzina, ma che caratterizzano ancora oggi la splendida San Gimignano.
Qui, dove la storia ci riporta assai indietro fino al tempo degli Etruschi, la viticoltura ha da sempre avuto un ruolo di rilievo nell’ economia locale, e con essa la Vernaccia.
Alcuni studiosi affermano che il nome del vitigno derivi dal latino ‘‘ Vernaculus ’’ ( locale, del posto ), mentre altri dal nome di un paese ligure, Vernazza, nella zona delle Cinque Terre.
A sostegno di quest’ ultima ipotesi, non in pochi sostengono che la provenienza del vitigno sia ligure e che solo successivamente sia giunto in Toscana, a San Gimignano.
Apprezzatissima anche in passato la Vernaccia di San Gimignano, vide tra suoi numerosi estimatori Papa Martino IV ( 1281 – 1285 ) ; questi pare fosse golosissimo di un piatto a base di anguille e Vernaccia.
A questo proposito, troviamo la Vernaccia anche nella Divina Commedia di Dante Alighieri, in un canto del Purgatorio, dove il poeta la associa al nome del Papa che in vita dimostrò di apprezzarla esageratamente.
Nel 1487, Ludovico il Moro ordinò 200 fiaschi di questo vino in occasione delle nozze del nipote Gian Galeazzo con Isabella figlia di Alfonso II, Re di Napoli.
Inoltre, va certamente ricordato il giudizio che sulla Vernaccia diede uno tra i più esperti e accreditati del periodo rinascimentale, qual’ era Sante Lancerio.
Questa località nell’ epoca medioevale fu fortificata da una cinta di mura e costellata da una settantina di torri, le quali ognuna rappresentava una famiglia nobiliare dell’ epoca.
Alle varie guerre dei secoli successivi, ne sono sopravvissute poco più di una dozzina, ma che caratterizzano ancora oggi la splendida San Gimignano.
Qui, dove la storia ci riporta assai indietro fino al tempo degli Etruschi, la viticoltura ha da sempre avuto un ruolo di rilievo nell’ economia locale, e con essa la Vernaccia.
Alcuni studiosi affermano che il nome del vitigno derivi dal latino ‘‘ Vernaculus ’’ ( locale, del posto ), mentre altri dal nome di un paese ligure, Vernazza, nella zona delle Cinque Terre.
A sostegno di quest’ ultima ipotesi, non in pochi sostengono che la provenienza del vitigno sia ligure e che solo successivamente sia giunto in Toscana, a San Gimignano.
Apprezzatissima anche in passato la Vernaccia di San Gimignano, vide tra suoi numerosi estimatori Papa Martino IV ( 1281 – 1285 ) ; questi pare fosse golosissimo di un piatto a base di anguille e Vernaccia.
A questo proposito, troviamo la Vernaccia anche nella Divina Commedia di Dante Alighieri, in un canto del Purgatorio, dove il poeta la associa al nome del Papa che in vita dimostrò di apprezzarla esageratamente.
Nel 1487, Ludovico il Moro ordinò 200 fiaschi di questo vino in occasione delle nozze del nipote Gian Galeazzo con Isabella figlia di Alfonso II, Re di Napoli.
Inoltre, va certamente ricordato il giudizio che sulla Vernaccia diede uno tra i più esperti e accreditati del periodo rinascimentale, qual’ era Sante Lancerio.
Storiografo del vino italiano e bottigliere di Papa Paolo III Farnese, il Lancerio si rammaricava del fatto che nella città di San Gimignano si coltivasse troppo l’ arte e la scienza e poco la Vernaccia.
A coronazione di una così lunga lista di significativi apprezzamenti, va alla Vernaccia di San Gimignano il privilegio di essere stato uno dei primissimi vini italiani ad ottenere, nel 1966, la D.O.C..
Nel 1993 il vino di San Gimignano scalò un ulteriore gradino collocandosi al vertice delle produzioni italiane con l’ ottenimento della denominazione massima : la D.O.C.G. .
È prodotto con le uve omonime ( per tradizione, quando possibile, colte tardivamente ), che devono rappresentare almeno il 90 % degli uvaggi ; a queste possono essere aggiunte altre a bacca bianca non aromatiche nella misura massima del 10 %.
Ha un profumo fine e penetrante, sapore asciutto, fresco, armonico, leggermente amarognolo.
La Vernaccia di San Gimignano può essere ottenuta sia con vendemmia precoce ( dando origine a un vino fresco, fruttato, da bere giovane ) che vendemmia tardiva, con uve più mature e maggiore tasso zuccherino ( dando origine a un vino più complesso e aromatico che si presta alla migliore degustazione quando invecchiato ).
Esiste anche nella versione Riserva che prevede un invecchiamento minimo di 16 mesi e che presenta una maggiore aromaticità e struttura.
Nelle sue varie produzioni la Vernaccia di San Gimignano generalmente si accosta splendidamente a pesci saporiti, fritti misti di mare, frittate di verdure o crostacei, verdure ripiene ma anche ( quando invecchiata di qualche anno ) a primi piatti saporiti, carni bianche salsate, rosse in preparazioni leggere e pesci in umido.
Sempre quando invecchiata e ottenuta da vendemmie tardive, è sorprendente anche come vino da meditazione.
È prodotto con le uve omonime ( per tradizione, quando possibile, colte tardivamente ), che devono rappresentare almeno il 90 % degli uvaggi ; a queste possono essere aggiunte altre a bacca bianca non aromatiche nella misura massima del 10 %.
Ha un profumo fine e penetrante, sapore asciutto, fresco, armonico, leggermente amarognolo.
La Vernaccia di San Gimignano può essere ottenuta sia con vendemmia precoce ( dando origine a un vino fresco, fruttato, da bere giovane ) che vendemmia tardiva, con uve più mature e maggiore tasso zuccherino ( dando origine a un vino più complesso e aromatico che si presta alla migliore degustazione quando invecchiato ).
Esiste anche nella versione Riserva che prevede un invecchiamento minimo di 16 mesi e che presenta una maggiore aromaticità e struttura.
Nelle sue varie produzioni la Vernaccia di San Gimignano generalmente si accosta splendidamente a pesci saporiti, fritti misti di mare, frittate di verdure o crostacei, verdure ripiene ma anche ( quando invecchiata di qualche anno ) a primi piatti saporiti, carni bianche salsate, rosse in preparazioni leggere e pesci in umido.
Sempre quando invecchiata e ottenuta da vendemmie tardive, è sorprendente anche come vino da meditazione.
CARATTERISTICHE DELLA VERNACCIA DI SAN GIMIGNANO
GRADAZIONE ALCOLICA - Tranquillo 11 gradi Riserva 11,5
COLORE - giallo dorato chiaro che può assumere tonalità più calde a seconda della vinificazione o dell’ invecchiamento
TEMPERATURA DI SERVIZIO - 10 – 12 gradi
*
‘‘ Perfetto Giovanni, il tempo è stato buono in tutte e due le giornate, non c’ era una grande confusione di turisti, pranzi e cene di me e mia moglie sempre a base di pesce di mare, isola stupenda, vini……… altrettanto meravigliosi ! ’’.
‘‘ Che vuoi dire con… vini ? Ne hai degustati vari ? ’’.
‘‘ A dire la verità solo due : il Bianco e il Rosato, più un Chianti ’’.
‘‘ E l’ Ansonica Passito, non l’ hai sperimentato ? ’’.
‘‘ Ancora no, ma stai tranquillo perché ho provvidenziato a questo, ne ho una bottiglia qui con me, ti aspetto la prossima domenica mattina a casa mia, andiamo a pesca sul lago e ce lo degustiamo insieme a pranzo, d’ accordo ? ’’.
‘‘ A dire la verità solo due : il Bianco e il Rosato, più un Chianti ’’.
‘‘ E l’ Ansonica Passito, non l’ hai sperimentato ? ’’.
‘‘ Ancora no, ma stai tranquillo perché ho provvidenziato a questo, ne ho una bottiglia qui con me, ti aspetto la prossima domenica mattina a casa mia, andiamo a pesca sul lago e ce lo degustiamo insieme a pranzo, d’ accordo ? ’’.
‘‘ D’ accordissimo Marco, domenica mattina starò là !’’.
Siamo all’ inizio dell’ estate del 1994, il mio amico di Monte San Savino era appena rientrato da una breve vacanza nell’ isola toscana.
Siamo all’ inizio dell’ estate del 1994, il mio amico di Monte San Savino era appena rientrato da una breve vacanza nell’ isola toscana.
Siccome, dopo il vino, la sua seconda grande passione è pescare nel Lago Trasimeno, la sua organizzazione anche in questa attività era ineccepibile.
Una dozzina di canne, galleggianti a non finire, cestini e valigette porta accessori di tutti i tipi e, per finire, una piccolissima barca, ideale per infiltrarsi nel canneto dove Marco adorava entrare.
Mi obbligò a una ‘‘ levataccia ’’ visto che, secondo lui, erano le prime ore della mattina le migliori per catturare qualche pesce.
Una dozzina di canne, galleggianti a non finire, cestini e valigette porta accessori di tutti i tipi e, per finire, una piccolissima barca, ideale per infiltrarsi nel canneto dove Marco adorava entrare.
Mi obbligò a una ‘‘ levataccia ’’ visto che, secondo lui, erano le prime ore della mattina le migliori per catturare qualche pesce.
Alle 8,30 eravamo già dentro a quel canneto.
Non conoscevo la sua barchetta, per me era la prima volta, ma sinceramente gli dissi con molta chiarezza che sarebbe stata anche l’ ultima.
‘‘ Marco sei sicuro che non affondiamo ? ’’. ‘‘ Perché ? ’’.
‘‘ Non mi sembra molto stabile, ondeggia molto e i bordi laterali sempre scendono fino al pelo dell’ acqua ! ’’.
‘‘ Non ti preoccupare, siamo entrati anche in quattro persone in questa barca e non è mai successo nulla.
Quello che devi evitare sono dei movimenti bruschi, per il resto goditi il panorama ! ’’.
Le sue parole mi tranquillizzarono, ma quella barchetta mi lasciò in panico diverse volte.
Non perché il nuoto non sia la mia specialità, me la cavo discretamente, ma una cosa è nuotare in una piscina, nel mare o in una parte pulita del lago, e una cosa era l’ idea di cadere in quell’ acqua mezza salmastra, con fondo fangoso e una fitta presenza di canne che avrebbero impedito qualsiasi ‘‘ sbracciata ’’.
Comunque quelle ridotte dimensioni di quel mezzo erano le più indicate per passare in quell’ intrigante boscoso labirinto di canne lagunari.
Non conoscevo la sua barchetta, per me era la prima volta, ma sinceramente gli dissi con molta chiarezza che sarebbe stata anche l’ ultima.
‘‘ Marco sei sicuro che non affondiamo ? ’’. ‘‘ Perché ? ’’.
‘‘ Non mi sembra molto stabile, ondeggia molto e i bordi laterali sempre scendono fino al pelo dell’ acqua ! ’’.
‘‘ Non ti preoccupare, siamo entrati anche in quattro persone in questa barca e non è mai successo nulla.
Quello che devi evitare sono dei movimenti bruschi, per il resto goditi il panorama ! ’’.
Le sue parole mi tranquillizzarono, ma quella barchetta mi lasciò in panico diverse volte.
Non perché il nuoto non sia la mia specialità, me la cavo discretamente, ma una cosa è nuotare in una piscina, nel mare o in una parte pulita del lago, e una cosa era l’ idea di cadere in quell’ acqua mezza salmastra, con fondo fangoso e una fitta presenza di canne che avrebbero impedito qualsiasi ‘‘ sbracciata ’’.
Comunque quelle ridotte dimensioni di quel mezzo erano le più indicate per passare in quell’ intrigante boscoso labirinto di canne lagunari.
In quelle ore che passammo guardando quel galleggiante che raramente si muoveva, Marco mi raccontò di quei due giorni dell’ isola d’ Elba.
La visita alla villa napoleonica, i panorami meravigliosi dai punti più alti dell’ isola, la tranquillità delle spiagge, i ristoranti e il ‘‘ cacciucco maremmano ’’ che abbinò con un Chianti delle Colline Pisane.
Conosci quest’ ultimo, Giovanni ? – mi chiese.
‘‘ L’ ho assaggiato solamente una volta anni fa, in una vacanza con i miei genitori a Castiglione della Pescaia, però me lo ricordo poco ’’.
‘‘ È eccezionale Giovanni, deve essere composto almeno da cinque tipi di pesce, tanti quanto le lettere ‘‘ c ’’ presenti nel nome, più cozze e vongole e pane abbrustolito ’’.
‘‘ Oltre al ben mangiare non hai dato anche una ‘‘ occhiatina ’’ ai tuoi concorrenti vinicoli dell’ isola ? ’’.
‘‘ Ah si ! Chiaro ! Il sabato pomeriggio ho visitato una bella cantina di Portoferraio, la migliore dell’ Elba come ho sentito dire, e credo che sia proprio così visto l’ imponenza delle strutture e la vasta gamma di vini isolani che erano in produzione e a disposizione. Fu proprio là che comprai alcuni vini che ci ‘‘ scoleremo ’’ dopo, a pranzo ’’.
Dopo tre ore rientrammo ‘‘ sani e salvi ’’ a casa di Marco, ma con un bottino così magro che i genitori di Marco, pronti per un pranzo a base di pesce, optarono per delle più pratiche bistecche di maiale.
In quel pranzo con la moglie e i suoi genitori, Marco collocò in tavola un Rosso dell’ Elba e al termine, accompagnando una deliziosa e casalinga ‘‘ Torta Margherita ’’, degustammo uno dei principali capolavori enologici dell’ isola d’ Elba : l’ Ansonica Passito.
*
Nell’ isola d’ Elba, la terza d’ Italia per dimensioni, la coltivazione della vite ha origini millenarie.
Furono i Liguri ad abitarci fin dalla preistoria, successivamente gli Etruschi ne sfruttarono il sottosuolo ricco di ferro esportandolo in terraferma e lavorarlo per estrarne il metallo.
Gli Etruschi stessi prima e i Romani in seguito, cominciarono le prime coltivazioni viticole dell’ isola, percependo rapidamente che la composizione del suolo e la felice collocazione geografica di quel territorio favoriva la produzione di buon vino.
Il ritrovamento di numerose anfore nel fondo del mare, idonee al trasporto e alla conservazione di vino, testimoniano come erano intensi i commerci di quei tempi tra l’ isola e il continente.
Plinio il Vecchio definì l’ Elba ‘‘ Insula vinum ferax ’’, cioè l’ isola feconda di vino.
I Romani ci crearono una importante base navale e visto l’ ottima importanza strategica, oltre ai grandi giacimenti di ferro, l’ Elba fu molto contesa anche nel Medioevo da alcune delle Repubbliche Marinare come Genova e Pisa.
La visita alla villa napoleonica, i panorami meravigliosi dai punti più alti dell’ isola, la tranquillità delle spiagge, i ristoranti e il ‘‘ cacciucco maremmano ’’ che abbinò con un Chianti delle Colline Pisane.
Conosci quest’ ultimo, Giovanni ? – mi chiese.
‘‘ L’ ho assaggiato solamente una volta anni fa, in una vacanza con i miei genitori a Castiglione della Pescaia, però me lo ricordo poco ’’.
‘‘ È eccezionale Giovanni, deve essere composto almeno da cinque tipi di pesce, tanti quanto le lettere ‘‘ c ’’ presenti nel nome, più cozze e vongole e pane abbrustolito ’’.
‘‘ Oltre al ben mangiare non hai dato anche una ‘‘ occhiatina ’’ ai tuoi concorrenti vinicoli dell’ isola ? ’’.
‘‘ Ah si ! Chiaro ! Il sabato pomeriggio ho visitato una bella cantina di Portoferraio, la migliore dell’ Elba come ho sentito dire, e credo che sia proprio così visto l’ imponenza delle strutture e la vasta gamma di vini isolani che erano in produzione e a disposizione. Fu proprio là che comprai alcuni vini che ci ‘‘ scoleremo ’’ dopo, a pranzo ’’.
Dopo tre ore rientrammo ‘‘ sani e salvi ’’ a casa di Marco, ma con un bottino così magro che i genitori di Marco, pronti per un pranzo a base di pesce, optarono per delle più pratiche bistecche di maiale.
In quel pranzo con la moglie e i suoi genitori, Marco collocò in tavola un Rosso dell’ Elba e al termine, accompagnando una deliziosa e casalinga ‘‘ Torta Margherita ’’, degustammo uno dei principali capolavori enologici dell’ isola d’ Elba : l’ Ansonica Passito.
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Nell’ isola d’ Elba, la terza d’ Italia per dimensioni, la coltivazione della vite ha origini millenarie.
Furono i Liguri ad abitarci fin dalla preistoria, successivamente gli Etruschi ne sfruttarono il sottosuolo ricco di ferro esportandolo in terraferma e lavorarlo per estrarne il metallo.
Gli Etruschi stessi prima e i Romani in seguito, cominciarono le prime coltivazioni viticole dell’ isola, percependo rapidamente che la composizione del suolo e la felice collocazione geografica di quel territorio favoriva la produzione di buon vino.
Il ritrovamento di numerose anfore nel fondo del mare, idonee al trasporto e alla conservazione di vino, testimoniano come erano intensi i commerci di quei tempi tra l’ isola e il continente.
Plinio il Vecchio definì l’ Elba ‘‘ Insula vinum ferax ’’, cioè l’ isola feconda di vino.
I Romani ci crearono una importante base navale e visto l’ ottima importanza strategica, oltre ai grandi giacimenti di ferro, l’ Elba fu molto contesa anche nel Medioevo da alcune delle Repubbliche Marinare come Genova e Pisa.
Fu oggetto di attenzione anche da parte delle grandi potenze europee di quell’ epoca : Spagna, Francia e Inghilterra.
Nel 1595 Ferdinando I de’ Medici, per proteggere la produzione del vino emanò un decreto che impediva a ogni tipo di bestiame di avvicinarsi alle viti e rovinarne i grappoli.
Napoleone Bonaparte, quando ritornò a Parigi, dopo il periodo di permanenza forzata nell’ isola, dichiarò che gli abitanti dell’ Elba erano forti e sani, perché il vino da loro prodotto era molto salutare.
L’ agronomo Pullé, tra la fine del XIX º e l’ inizio del XX º secolo dichiarò sull’ Elba : ‘‘ La coltura dei vigneti nell’ isola è quella che fra tutte le industrie presenti nel circondario ha la massima importanza, visto che occupa circa un quarto della superficie e che da sola rende molto di più che tutte le altre attività messe insieme ’’.
Anche se i vitigni sono pressapoco gli stessi che vengono utilizzati in Toscana, nell’ Elba le produzioni sono abbastanza differenti ; infatti il Trebbiano e il Sangiovese, collocati in una isola ricca di ferro, argilla, calcare e sabbia e in un clima diverso da quello continentale, ci regalano dei vini con caratteristiche organolettiche non simili agli altri ( più famosi ma non per questo migliori ) prodotto con gli stessi uvaggi.
Le varietà più importanti dei vini dell’ Etna sono il Bianco ( Trebbiano Toscano minimo 90 % con eventuali aggiunte di altri vitigni a bacca bianca raccomandati ) al quale si aggiunge una versione Spumante, e il Rosso ( Sangiovese per il 75 % più aggiunte di Canaiolo e/o Biancone e/o Trebbiano Toscano in un massimo non superiore del 25 % ) al quale si affiancano il Rosso Riserva ( invecchiato due anni e due mesi ) e il Rosato, prodotto con le stesse del Rosso.
D.O.C. dal 1967, nel corso degli anni ai vini più tradizionali dell’ Elba si sono affiancate altre eccellenti produzioni che hanno ottenuto anche loro la riconoscenza ufficiale nel 1994 : l’ Ansonica dell’ Elba ( prodotto dal vitigno omonimo e molto diffuso nella Italia Meridionale ) del quale esiste anche una versione Passito, l’ Aleatico e il Vin Santo.
Il Rosso ha un profumo vinoso, intenso, il sapore è asciutto, leggermente aromatico, ben equilibrato.
Il Bianco presenta un aroma fresco, vinoso e delicato, sapore asciutto e armonico.
Il Rosato ha sempre un profumo vinoso, delicato, il sapore è asciutto, note fruttate, aromatico.
Gli abbinamenti, anche se prediligono tutti del pesce di mare in diverse preparazioni, sono quelli tradizionali dei vini Trebbiano e Sangiovese, il Rosato è un eccellente vino da tutto pasto.
Alla fine di un pranzo vale la pena sperimentare, con un dessert o come aperitivo, i due vini dell’ Elba che presentano la maggiore alcolicità, cioè l’ Ansonica Passito ( 15 º ) e l’ Aleatico ( 16 º ).
Napoleone Bonaparte, quando ritornò a Parigi, dopo il periodo di permanenza forzata nell’ isola, dichiarò che gli abitanti dell’ Elba erano forti e sani, perché il vino da loro prodotto era molto salutare.
L’ agronomo Pullé, tra la fine del XIX º e l’ inizio del XX º secolo dichiarò sull’ Elba : ‘‘ La coltura dei vigneti nell’ isola è quella che fra tutte le industrie presenti nel circondario ha la massima importanza, visto che occupa circa un quarto della superficie e che da sola rende molto di più che tutte le altre attività messe insieme ’’.
Anche se i vitigni sono pressapoco gli stessi che vengono utilizzati in Toscana, nell’ Elba le produzioni sono abbastanza differenti ; infatti il Trebbiano e il Sangiovese, collocati in una isola ricca di ferro, argilla, calcare e sabbia e in un clima diverso da quello continentale, ci regalano dei vini con caratteristiche organolettiche non simili agli altri ( più famosi ma non per questo migliori ) prodotto con gli stessi uvaggi.
Le varietà più importanti dei vini dell’ Etna sono il Bianco ( Trebbiano Toscano minimo 90 % con eventuali aggiunte di altri vitigni a bacca bianca raccomandati ) al quale si aggiunge una versione Spumante, e il Rosso ( Sangiovese per il 75 % più aggiunte di Canaiolo e/o Biancone e/o Trebbiano Toscano in un massimo non superiore del 25 % ) al quale si affiancano il Rosso Riserva ( invecchiato due anni e due mesi ) e il Rosato, prodotto con le stesse del Rosso.
D.O.C. dal 1967, nel corso degli anni ai vini più tradizionali dell’ Elba si sono affiancate altre eccellenti produzioni che hanno ottenuto anche loro la riconoscenza ufficiale nel 1994 : l’ Ansonica dell’ Elba ( prodotto dal vitigno omonimo e molto diffuso nella Italia Meridionale ) del quale esiste anche una versione Passito, l’ Aleatico e il Vin Santo.
Il Rosso ha un profumo vinoso, intenso, il sapore è asciutto, leggermente aromatico, ben equilibrato.
Il Bianco presenta un aroma fresco, vinoso e delicato, sapore asciutto e armonico.
Il Rosato ha sempre un profumo vinoso, delicato, il sapore è asciutto, note fruttate, aromatico.
Gli abbinamenti, anche se prediligono tutti del pesce di mare in diverse preparazioni, sono quelli tradizionali dei vini Trebbiano e Sangiovese, il Rosato è un eccellente vino da tutto pasto.
Alla fine di un pranzo vale la pena sperimentare, con un dessert o come aperitivo, i due vini dell’ Elba che presentano la maggiore alcolicità, cioè l’ Ansonica Passito ( 15 º ) e l’ Aleatico ( 16 º ).
CARATTERISTICHE DEI VINI DELL’ ISOLA D’ ELBA
GRADAZIONE ALCOLICA - Bianco 11 gradi Rosso 11,5 Rosso Riserva 12,5 Rosato 11
COLORE - Bianco – giallo paglierino limpido con riflessi dorati
Rosso – rosso rubino intenso e brillante, granato con l’ invecchiamento
TEMPERATURA DI SERVIZIO - Bianco 8 gradi Bianco Spumante 8 – 10
Rosso 16 Rosso Riserva 18
Rosato 12 – 14
Ansonica 8 – 10 Ansonica Passito 8 – 10 Aleatico 12 – 14
L’ improvviso invito di Marco non mi colse di sorpresa più di tanto.
Ero a conoscenza dei suoi numerosi contatti enologici con la Toscana, dovuti anche al fatto della prossimità della provincia senese dalla sua azienda vinicola.
Proprio nella bella cittadina termale, non distante da Siena, Marco aveva un suo amico che gestiva un ristorante collocato in una sala adiacente al cortile di una vecchia fortezza del Cinquecento.
Lo aveva conosciuto a una cena in un locale sulle rive del Lago Trasimeno dove Marcello, l’ amico di Marco, lavorava come maître qualche tempo prima, prima di spostarsi in terra toscana.
Da buon venditore di vini, il mio amico di Monte San Savino non perse inoltre l’ occasione di vendere del suo Colli del Trasimeno a quell’ elegante ristorante.
Quella degustazione, organizzata con la presenza di alcune Cooperative toscane, era prevista per le 20,00 di un sabato dell’ aprile del 1993.
Libero da impegni, il tardo pomeriggio raggiunsi Marco nella sua abitazione e da lì proseguimmo con la sua auto fino a Chianciano Terme.
Che vini verranno presentati ? – chiesi a Marco.
‘‘ L’ unico che sono sicuro è il Tignanello. Marcello mi ha detto che partecipano tre aziende vinicole di varie parti della Toscana, ma non so con quali vini ’’.
‘‘ Già con la presenza del Tignanello Marco, questa serata ne varrà realmente la pena ! ’’.
Quando arrivammo nei pressi del ristorante di Marcello, la grande quantità di automobili che occupavano tutti i parcheggi disponibili, ci fece capire che quella degustazione era particolarmente importante.
‘‘ Visto la buona cucina che si incontra qui, probabilmente una parte di queste auto sono dei clienti del ristorante. Resta il fatto comunque che questa è la quinta volta che vengo all’ ora di cena e non ho mai visto tante macchine come stasera ’’ – disse il mio amico.
Le favorevoli condizioni climatiche della serata permisero agli organizzatori di preparare il tutto proprio nel grande cortile.
E fu proprio qui che Marcello ci venne incontro offrendoci una calorosa accoglienza.
Era un ragazzo molto giovane, almeno cinque anni in meno di me e Marco, sfoggiava un elegante vestito nero con tanto di camicia bianca e ‘‘ papillon ’’.
‘‘ Benvenuti ragazzi, tra non molto comincerà la serata ’’.
Marco : ‘‘ Marcello portaci a fare un giro perché per Giovanni è la prima volta ! ’’.
Poco dopo ci accompagnò alla visita di quel bel locale.
Un misto di moderno – medioevale imperava su tutte e quattro le sale che componevano il ristorante.
‘‘ Quante persone può contenere ? ’’.
‘‘ La capienza massima Giovanni è di una cinquantina di posti, però in caso di ricorrenze speciali ho l’ autorizzazione all’ utilizzo del cortile, pertanto il numero può anche triplicarsi . Ma torniamo al cortile adesso perché sta per cominciare, a proposito vi chiedo scusa se non potrò stare con voi continuamente, ma questa sera dovrò dividermi tra la presentazione di vini e la clientela del sabato sera.
Non ti preoccupare Marcello, con tutte quelle belle bottiglie che abbiamo visto all’ entrata saremo in buona compagnia – gli disse Marco.
Nel cortile del vecchio castello erano presenti alcuni piccoli marciapiedi di pietra contornati da varie piante di lauro, delle panchine di legno molto eleganti, e due ‘‘ gazebo ’’, uno ospitante una vasta selezione di formaggi italiani, nell’ altro bottiglie di liquori, digestivi, più una macchina per il caffè espresso.
Nello spazio centrale del cortile, i presenti già contornavano il tavolo dei vini.
Assistemmo alla presentazione di un Tignanello, con regolare degustazione e commenti tra i vari invitati.
Tra questi erano presenti anche un sommellier inglese e un giornalista statunitense di una nota rivista americana di vini.
A quell’ incredibile vino seguì un altrettanto meraviglioso Bolgheri Sassicaia.
A quel punto la serata si concentrò in una ampia discussione sui grandi vini rossi della regione, sugli imminenti progetti di nuove vinificazioni e sul Disciplinare che, a seconda di molti dei presenti, non stava tutelando con lo stesso ritmo che i ‘‘ Super Toscani ’’ pretenderebbero.
Le nuove grandi creazioni infatti, nella Toscana si susseguono molto rapidamente, solo in quella serata io e Marco presenziammo a due nuovi uvaggi di Cabernet Sauvignon, Merlot e Sangiovese.
Tra quelle deliziose degustazioni, gli abbinamenti organizzati da Marcello oltre al ‘‘ gazebo ’’ dei formaggi, prevedevano tra l’ altro anche assaggi di agnello arrosto e filetto di vitello alla Rossini, serviti dai camerieri del ristorante dentro a dei piattini posti in eleganti vassoi d’ argento.
Ai super vini seguirono dei Chianti, che completarono quella degustazione di grandi livelli.
Tra le decine di presenti la maggioranza era composta da rivenditori di vini, come enotecari, grossisti o rappresentanti di alcune reti commerciali specializzate nel settore alimentare.
Tra tutti questi un simpatico proprietario di una enoteca di Grosseto, interessatissimo a quel Tignanello, che ci tenne compagnia per larga parte della serata, raccontandoci innumerevoli storie sul Sassicaia.
Per me e Marco la bella serata terminò verso le 23,30, visto che a quel punto stavano iniziando delle vere e proprie trattative commerciali tra gli espositori e buona parte degli invitati.
Dopo aver salutato e ringraziato per il cortese invito a quella serata Marcello, indaffaratissimo con il buon numero degli ancora numerosi clienti presenti nel ristorante, io e il mio amico del Trasimeno tornammo verso casa.
*
Il Tignanello è il capostipite dei vini denominati ‘‘ Super Toscani ’’, generalmente non a D.O.C. ma di valore assoluto.
Negli anni ’60 il Chiantigiano ( la zona della Toscana che ospita uno dei vini italiani più famosi nel mondo ) presentava un quadro viticolo ed enologico particolarmente deludente, dovuto sia al cambiamento climatico, sia all’ uso sempre più crescente di concimazioni chimiche ; questi fattori portarono ad un deciso e costante impoverimento dei vini del Chianti.
L’ azienda vinicola toscana ‘‘ Marchesi Antinori ’’, di antichissima tradizione vitivinicola, decise allora di sperimentare nuove vinificazioni per creare un prodotto di qualità superiore che rilanciasse tutta l’ economia locale.
Nacque così il Tignanello prodotto per la grande maggioranza da uve Sangiovese ma senza l’ apporto di vitigni bacca bianca come è consuetudine per il Chianti.
Questo esperimento ebbe un notevole successo, che se nel 1981 l’unico vigneto esistente contava circa 80 mila viti, pochi anni dopo erano quasi il doppio.
Prodotto nella zona del Chianti Classico, il Tignanello ha assunto una tale importanza che negli ultimi anni anche il Chianti stesso ne ha assorbito alcuni standard produttivi.
Come già accennato il Sangiovese con l’ 80 % è il vitigno predominante, a questo vengono associate le uve Cabernet Sauvignon ( 15 % ) e Cabernet Franc ( 5 % ).
È previsto un invecchiamento in botti di rovere per oltre un anno più un affinamento in bottiglia per 12 mesi prima della commercializzazione. È un vino molto longevo e può invecchiare dieci e più anni.
Ha un bouquet molto intenso, ampio, con sentore di vaniglia e note speziate, il sapore è asciutto, di buon corpo, pieno, elegante, ben strutturato, finale vanigliato e persistente.
È perfetto nei pranzi importanti, con selvaggina, carni rosse brasate, stufate o arrosto, e formaggi ben stagionati.
CARATTERISTICHE DEL TIGNANELLO
GRADAZIONE ALCOLICA - 13 gradi
COLORE - granato con sfumature violacee
TEMPERATURA DI SERVIZIO - 18 gradi
Votata da sempre anche alla vinicoltura, Bolgheri nei tempi più antichi fu una ricchissima cittadina.
Verso la fine del Trecento il castello e il borgo vennero distrutti per poi essere ricostruiti nei secoli successivi.
Solo nel 1700 però, grazie all’ impulso che diede il Conte Gherardesca, fondatore dell’ attuale cittadina, Bolgheri ritrovò l’ antico splendore.
La casata longobardo – toscana dei Gherardesca attivò una politica che diede slancio allo sviluppo economico della zona tanto da farla divenire una tra le più fertili e di maggiore produzione.
Bolgheri divenne un importantissimo centro agricolo e la viticoltura ebbe un notevole incremento.
Le testimonianze storiche relative a questa di produzione, ci descrivono : ‘‘ Vini rossi chiari e bianchi ’’ con caratteristiche organolettiche ben precise, mantenute ancora oggi in tutta la loro peculiarità.
Vini che le famiglie nobiliari toscane riscoprirono e rivalutarono, rivitalizzando la tradizionale produzione dei ‘‘ vini chiari ’’.
Bolgheri sino a qualche anno fa er aassociata al famoso poeta italiano Giosuè Carducci che vi abitò da fanciullo.
Agli inizi degli anni ’80 e più precisamente nel 1983, le produzioni di Bolgheri Bianco e Rosato vennero premiate con la D.O.C. .
Denominzione che non arrivò però per il Rosso, prodotto con le stesse uve del Rosato ( uvaggi pressapoco identici a quelli del Chianti ), in quanto destava ancora alcune perplessità.
Va sottolineato, a proposito del Rosso, che in un’ area di Bolgheri fuori dalla zona D.O.C., già negli anni ’40 il Marchese Mario Inciso della Rocchetta iniziò i primi esperimenti di vinificazione con l’ inedito vitigno francese Cabernet Sauvignon. Dopo anni di tentativi, negli anni Sessanta il Marchese cominiciò a commercializzare le prime bottiglie del suo nuovo vino : il Sassicaia.
Si trattava del primo Cabernet toscano e del primo vino italiano maturato in barrique di 225 litri.
Un vino elegante e armonico che non passò inosservato ( a dispetto dei vari dubbi esistenti sulla sperimentazione del Cabernet Sauvignon in territori dove il Sangiovese parla a voce alta ) e conquistò rapidamente una fama mondiale, al punto che molti produttori lo elessero come esempio.
Negli anni ’70 la rivista inglese ‘‘ Decanter ’’, una delle più autorevoli pubblicazioni di vini mondiali, indica il Sassicaia del 1972 come il migliore Cabernet Sauvignon del mondo tra quelli degustati.
Una soddisfazione immensa per il Marchese Incisa della Rocchetta indotto più volte nei primi anni delle vinificazioni a cessare le produzioni, in quanto le opinioni di vari intenditori locali sui primi assaggi di vini giovani risultarono assolutamente negative.
Nel 1994 la Bolgheri D.O.C. venne meritatamente allargata anche alla sottozona Sassicaia, comprendendo le tipologie Rosso e Vin Santo.
Il Disciplinare del 1983 ha dato quindi la sensazione di aspettare fiduciosamente gli esperimenti del Marchese Incisa della Rocchetta per collocare di fianco alle già famose D.O.C. Bianco e Rosato della zona, anche il nuovo potente Rosso di Bolgheri.
Oggi l’ idea innovativa del Marchese rappresenta la madre delle nuove produzioni ‘‘ alternative ’’ di tantissime aziende vinicole ; alle produzioni tradizionali si affiancano altre spesso limitate, affinate in barrique e che sovente sono il ‘‘ fiore all’ occhiello ’’ delle stesse aziende.
Il Sassicaia è vinificato con le uve Cabernet Sauvignon nella misura minime dell’ 80 %, completato con altri vitigni a bacca rossa. Prima della commercializzazione deve essere sottoposto a 26 mesi di invecchiamento, di cui almeno 18 in botti di rovere di 225 litri.
Ha un bouquet generoso, ricco, elegante, leggero sentore erbaceo, il sapore è asciutto, ben strutturato, equilibrato, vellutato caldo e corposo.
L’ accompagnamento ideale sono portate importanti, strutturate e saporite, come primi piatti con ragù di selvaggina, piatti corposi di carni rosse o cacciagione, stracotti, formaggi molto saporiti e particolarmente invecchiati.
CARATTERISTICHE DEL BOLGHERI SASSICAIA
GRADAZIONE ALCOLICA - 12 gradi
COLORE - rosso rubino tendente al granato con l’ invecchiamento
TEMPERATURA DI SERVIZIO - 18 gradi
*
Dopo le precedenti esperienze lombarda, veneta e romagnola, fu la volta della ‘‘ fuoriclasse ’’ Toscana, esattamente nel febbraio del 1997.
L’ occasione fu data con la presentazione da parte di alcune aziende vinicole di due nobili rossi della regione : la D.O.C.G. Carmignano e la D.O.C. Montecarlo.
Erano vini già posti in vendita dalla catena alimentare, quella partecipazione quindi aveva come funzione più che altro il rafforzamento della buona relazione commerciale esistente e un constatamento sulle nuove produzioni e prezzi.
Erano quindi delle degustazioni programmate e sistematiche, sia da parte dei venditori che dalla rete, riunioni d’ altronde che non accadevano esclusivamente nel settore vini, ma anche in altri numerosi prodotti alimentari.
Per guadagnare del tempo prezioso in alcuni casi, invece che direttamente nelle cantine produttrici, si preferiva una localizzazione neutra, con la presenza di più produttori.
Lucca era il luogo d’ incontro, più esattamente nella sala riunioni di un grande albergo della città.
Alla presenza di una trentina di invitati, nelle due ore che antecederono lo spuntino e la degustazione di quei vini, ci venne presentata la struttura delle aziende in oggetto : le loro impiantazioni, i vitigni, le cantine, i laboratori dove si appoggiavano per le varie analisi e nuove sperimentazioni, le capacità produttive, le loro tecniche di commercializzazione e gli obiettivi futuri.
Per i responsabili delle aziende produttrici se da un lato, come il mio ad esempio, il loro monologo fu tranquillo e scorrevole, dall’ altro, come nel caso di una mezza dozzina di possibili nuovi clienti, fu interrotto a più riprese da domande precise, con chiarificazioni su questo o su quello.
D’ altronde anche nel settore vinicolo esiste una situazione comune alla grande maggioranza di produttori dei più svariati prodotti alimentari e non : la concorrenza di alta credibilità non manca e per chi si espone gli argomenti convincenti devono essere sempre più forti.
Comunque dopo la degustazione e la presentazione dell’ offerta commerciale, l’ interesse da parte dei più ‘‘ scettici ’’ si trasformò in un brillante entusiasmo.
Questo non appena per la grande qualità di vini presenti ed eccellentemente serviti, ma anche per la presenza di uno storico della enologia toscana, ‘‘ intelligentemente ’’ invitato dai produttori e arrivato alla riunione nelle primissime ore del pomeriggio.
Il dottor Ermanno era un autentico ‘‘ mostro ’’ di cultura vinicola, specializzato nella sua regione d’ origine, ma profondo conoscitore anche della vitivinicoltura italiana in generale.
I suoi elogi ai due vini protagonisti furono affidabili e convincenti.
La descrizione di numerosi fatti storici, l’ esposizione di teorie, relazioni documentate, il ‘‘ curriculum ’’ di quelle aziende, tutto questo fece apparire delle sfumature su quei vini e su quei produttori che nessuno fino a quel momento immaginava.
Ad un certo punto del dibattito, probabilmente per non far apparire la sua relazione troppo ‘‘ faziosa ’’, il dottor Ermanno si allontanò dai vini della giornata, abbracciando altri capolavori vinicoli della Toscana.
L’ impressione generale in verità fu che dietro ad alcune ‘‘ piccanti ’’ domande, Ermanno volle chiarire con gli invitati che non era preparato appena su quei due vini, ma che la sua conoscenza era molto più ampia.
A quel punto mi affrettai all’ annotazione di più appunti possibili.
- Nella Maremma toscana a pochi chilometri dal confine con il Lazio, arroccata su uno sperone di roccia, sorge Pitigliano.
Questa antica cittadina, non distante dal Lago di Bolsena, è di origini etrusche e molte sono le testimonianze di quel periodo.
A Pitigliano la viticoltura è sempre stata per secoli l’ attività agricola preponderante, con ottimi risultati anche dal punto di vista qualitativo.
Una conferma al pregio del Bianco di Pitigliano è fornita dalle Comunità Israelitiche presenti là fin dal ‘500, che lo hanno scelto per la produzione del loro vino ‘‘ Casher ’’, utilizzato anche nelle cerimonie religiose.
- Nella pianura della Val di Chiana, nei dintorni di Arezzo, si produce un bianco molto gradevole : è la D.O.C. Bianco Vergine della Valdichiana.
Un tempo questa vallata er definita una ‘‘ palude infame ’’ tanto che gli abitanti del luogo vivevano in piccoli paesini arroccati sulle pendici delle colline circostanti.
Oggi, totalmente bonificata, la Val di Chiana si presenta come una vera e fiorente pianura, ricca di varie e ordinate colture tra le quali i fitti vigneti.
Le caratteristiche interessanti di questo bianco toscano sono validamente supportate anche dal fatto che nei primi anni del secolo scorso veniva esportato in grandi quantità ; in Francia addirittura per la preparazione dello Champagne.
In seguito questa pratica relativa ai grandi vini francesi, venne considerata illecita.
- La Val d’ Arbia, nella provincia di Siena, dove si produce un delicato e armonico vino bianco, è un nome ricco di fascino.
Questo gli è stato conferito dalla storia perché il nome Val d’ Arbia è ricordato nei secoli dalla fama derivante dalla terribile battaglia del settembre del 1260, tra le armate fiorentine e quelle senesi.
‘‘ Lo strazio e e il grande scempio fece l’ Arbia colorata in rosso … ’’
Così Dante Alighieri, nella sua Divina Commedia, descrive gli effetti dello scontro che oppose a Montaperti i Guelfi, padroni di Firenze, cui apparteneva lo stesso Dante, e i Ghibellini cacciati dalla città.
Questa battaglia vide vincitori i Ghibellini che, riunitisi successivamente a Empoli, proposero la distruzione di Firenze.
A ciò si oppose il ghibellino Farinata degli Uberti, che con tutta la sua autorità, evitò la città dalla distruzione.
Questa verde vallata così ricca di storia e di fascino inquietante, è oggi il nucleo di una prospera e più rassenerante produzione di vini bianchi di pregio.
- Il nome della D.O.C. Bianco Pisano di San Torpè deriva dal primo Santo martire di Pisa che insieme a San Ranieri ne è il compatrono.
L’ eroico centurione romano Torpè, venne decapitato a Pisa nel 68 d. C. .
Una leggenda racconta che il suo corpo venne trasportato con una barca sulla costa francese, dove oggi sorge Saint-Trophez, mentre la sua testa è ancora oggi conservata nell’ omonima chiesa nella città di Pisa.
L’ instancabile storico continuò nel suo affascinante monologo vinicolo, entrando anche in dettagli di due tra i migliori vini d’ Italia.
- Nella cittadina di Montepulciano, non molto distante da Siena, fu istituita nel 1983 la D.O.C. Rosso di Montepulciano che si affiancò alla più celebre D.O.C.G. Vino Nobile di Montepulciano.
Queste denominazioni si distinguono tra loro solamente per la resa per ettaro, gradazione alcolica e invecchiamento, mentre l’ area di produzione e i vitigni impiegati sono gli stessi, nel caso di quest’ ultimi appena delle piccole differenze di percentuali.
La facoltà ai singoli produttori di optare per una delle due denominazioni è data in considerazione dell’ esposizione dei terreni, dell’ andamento climatico della stagione e di tutti gli altri elementi che possono rendere più adatto l’ impiego delle uve per la produzione dell’ uno o dell’ altro vino.
- Un discorso più o meno analogo al Rosso di Montepulciano è il Rosso di Montalcino.
Anche lui D.O.C. dal 1983, questo vino è considerato il fratello minore della D.O.C.G. Brunello.
Senza dubbio minore come fama mondiale ma non per questo un vino trascurabile.
È infatti prodotto con lo stesso vitigno e nelle identiche zone del famoso Brunello ; l’ unica differenza è la resa delle uve per ettaro che nel caso del ‘‘ Rosso ’’ è maggiore.
Il Rosso di Montalcino riprende alcune caratteristiche del Brunello, però si preferisce degustarlo relativamente giovane, in quanto vino più immediato e meno impegnativo.
In considerazione del fatto che il ‘‘ Rosso ‘’ lo si degusta con largo anticipo, in un certo modo funge da anticipatore, permettendo ai produttori e ai consumatori di vino, di conoscere quale sarà il livello qualitativo del Brunello che verrà commercializzato tre anni dopo.
La relazione del dottor Ermanno terminò verso le 17,00, ben abbondantemente più tardi all’ orario finale previsto.
Nessuno manifestò una lamentela sul prolungarsi di quel dibattito.
E come lamentarsi.
Tra gli interessanti racconti del preparatissimo Ermanno e quei ripetuti assaggi di Carmignano e Montecarlo, abbinati per giunta a del pane toscano e bocconcini di lepre in salmì, da parte di tutti noi il pomeriggio poteva prolungarsi anche molto di più.
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Alcuni anni fa i viticoltori di Carmignano e Poggio a Caiano, in provincia di Firenze, chiesero di poter rinunciare per il loro vino alla denominazione ‘‘ Chianti ’’ e di ottenere la denominazione di origine ’’ Carmignano ’’.
La domanda di revisione fu accolta nel 1975 e da allora entrò in vigore il nuovo Disciplinare.
Le prime citazioni di un vino Carmignano risalgono al 1369 che prova come in quell’ epoca costasse quattro volte di più degli altri vini in commercio.
Nel 1716 il Granduca di Toscana, Cosimo III de’ Medici, decretò una legge con specifiche nome di produzione, con rigidi controlli anche in fase di commercializzazione e sulla repressione delle frodi, istituendo una ‘‘ Congregazione di Vigilanza ’’ a difesa dei vini toscani.
Si tratta senza dubbio del primo vero e proprio Disciplinare italiano in merito ai vini.
Dopo due secoli e mezzo è stato nuovamente utilizzato per fissare i confini del nuovo Carmignano e anche per ricostituire la ‘‘ Congregazione ’’ con lo scopo di tutelare e valorizzare l’ antica denominazione nell’ ambito della zona già fissata nel 1716.
Tra i 35 articoli che costituiscono l’ attuale ‘‘ Statuto della Congregazione ’’, riveste particolare importanza quello relativo ai controlli che vengono effettuati sugli impianti delle viti, sulle uve al momento della vendemmia e ripetutamente nelle cantine fino al momento dell’ imbottigliamento.
La zona di produzione è racchiusa esclusivamente nei due comuni di Carmignano e Poggio a Caiano in terreni di costituzione calcarei marnosi a una altitudine non superiore ai 400 metri.
Questa ristretta fascia delimita la produzione che annualmente raggiunge la ‘‘ piccola ’’ quantità di 5.000 – 6.000 ettolitri.
Nella vinificazione di questa eccellente D.O.C.G. toscana sono utilizzati vitigni normalmente riservati al Chianti : Sangiovese 45 – 65 %, Canaiolo Nero 10 – 20 %, Trebbiano Toscano, Canaiolo Bianco e Malvasia del Chianti da soli o congiuntamente tre il 10 e il 20 %.
Trovano spazio anche il Cabernet Franc e il Cabernet Sauvignon ( 6 – 10 % ), vitigni francesi che diversificano il Carmignano dal più celebre rosso della Toscana.
Oltre alla tradizionale varietà Rosso, il Carmignano è prodotto nella tipologia Rosato e Vin Santo.
Il Rosso, con invecchiamento obbligatorio di due anni, dei quali almeno uno in botti di rovere o di castagno ( invecchiamento che sale a tre anni dei quali almeno due in botti, per la versione Riserva ) è un vino da un bouquet intenso, vinoso, con note di viola mammola, dal sapore asciutto, pieno, armonico, morbido e gradevolmente vellutato.
Oltre alla tradizionale varietà Rosso, il Carmignano è prodotto nella tipologia Rosato e Vin Santo.
Il Rosso, con invecchiamento obbligatorio di due anni, dei quali almeno uno in botti di rovere o di castagno ( invecchiamento che sale a tre anni dei quali almeno due in botti, per la versione Riserva ) è un vino da un bouquet intenso, vinoso, con note di viola mammola, dal sapore asciutto, pieno, armonico, morbido e gradevolmente vellutato.
Accompagna ottimamente primi piatti saporiti con ragù speziati, carni bianche e rosse sia arrostite che in umido, brasati, nonché selvaggina di pelo e formaggi saporiti.
Il Rosato ( stesso uvaggio del Rosso ) dal profumo fruttato e dal sapore più delicato rispetto al fratello maggiore, è un vino da tutto pasto raffinato, carni bianche leggermente salsate, pesci in umido.
Il Vin Santo di Carmignano ( Trebbiano 65 – 75 %, Canaiolo Bianco e/o Malvasia del Chianti 15 – 35 % ) per il quale è previsto un invecchiamento minimo di tre anni ed è distribuito nelle versioni Dolce, Semisecco o Secco, è un vino da meditazone o da pasticceria secca.
Il Rosato ( stesso uvaggio del Rosso ) dal profumo fruttato e dal sapore più delicato rispetto al fratello maggiore, è un vino da tutto pasto raffinato, carni bianche leggermente salsate, pesci in umido.
Il Vin Santo di Carmignano ( Trebbiano 65 – 75 %, Canaiolo Bianco e/o Malvasia del Chianti 15 – 35 % ) per il quale è previsto un invecchiamento minimo di tre anni ed è distribuito nelle versioni Dolce, Semisecco o Secco, è un vino da meditazone o da pasticceria secca.
CARATTERISTICHE DEL CARMIGNANO
GRADAZIONE ALCOLICA - Rosso 12,5 gradi Rosato 11,5 Vin Santo 17
COLORE - Rosso– rosso rubino tendente al granato con l’ invecchiamento
Rosato - rosa più o meno carico
Vin Santo – dal giallo paglierino carico all’ ambrato
TEMPERATURA DI SERVIZIO - Rosso 16 – 18 gradi Rosso Riserva 18 – 20 Rosato 14
Vin Santo 12 – 14
Fu qui che si arroccarono i Ghibellini in perpetua lotta contro Firenze e i comuni guelfi.
Attualmente questo paese dalle origini bellicose è un’ oasi di pace fregiato da vigneti e oliveti che si estendono a perdita d’ occhio al centro abitato.
Attualmente questo paese dalle origini bellicose è un’ oasi di pace fregiato da vigneti e oliveti che si estendono a perdita d’ occhio al centro abitato.
Le origini vinicole di Montecarlo risalgono già all’ epoca romana, e in documenti anteriori all’ anno mille viene citato per la sua bontà.
Nel 1408 Papa Gregorio XII, che arrivò in visita nella zona, aveva la suo seguito anche il Cardinale di Ragusa Giovanni Dominici di San Sisto, noto nell’ epoca per la sua fama di ottimo intenditore e bevitore di vino.
Si narra che in quell’ occasione al Cardinale venne offerto il vino bianco di Montecarlo in gran quantità.
Il Dominici lo apprezzò così tanto al punto da fargli dimenticare il suo anello benedetto su un tavolo, regolarmente recuperato tempo dopo. Nel periodo dei liberi Comuni, i vini montecarlesi erano tra i più cari della regione.
Nel 1408 Papa Gregorio XII, che arrivò in visita nella zona, aveva la suo seguito anche il Cardinale di Ragusa Giovanni Dominici di San Sisto, noto nell’ epoca per la sua fama di ottimo intenditore e bevitore di vino.
Si narra che in quell’ occasione al Cardinale venne offerto il vino bianco di Montecarlo in gran quantità.
Il Dominici lo apprezzò così tanto al punto da fargli dimenticare il suo anello benedetto su un tavolo, regolarmente recuperato tempo dopo. Nel periodo dei liberi Comuni, i vini montecarlesi erano tra i più cari della regione.
A Firenze, infatti, principale città consumatrice, superavano i prezzi dei Trebbiano e i bianchi del Chianti e della Val di Greve.
Nel XV º secolo secondo una testimonianza dovuta al bottigliere da Papa Paolo III Farnese, il Montecarlo era molto gradito al palato del Pontefice.
Nel XV º secolo secondo una testimonianza dovuta al bottigliere da Papa Paolo III Farnese, il Montecarlo era molto gradito al palato del Pontefice.
Tutto questo successo indusse i produttori locali non solamente a incrementare le produzioni, ma anche a migliorarne l’ uvaggio per poterlo differenziare ancora un poco dagli altri vini locali.
Vennero così importati sia tecniche che vitigni stranieri.
In questa amena località oggi vengono prodotti un Rosso di buon prestigio, ma soprattutto un Bianco armonico ed elegante, capace di invecchiare con molta disinvoltura cinque e più anni.
Negli uvaggi del Montecarlo Rosso ( D.O.C. dal 1975 ) partecipano il Sangiovese ( 50 – 75 % ), il Canaiolo Nero ( 5 – 15 % ), il Ciliegiolo, Colorino, Malvasia Nera e Syrah, da soli o congiuntamente ( 15 – 20 % ).
Il vino ottenuto ha un profumo vinoso, intenso e caratteristico, dal sapore asciutto, armonico, ben strutturato, vellutato con l’ invecchiamento.
In questa amena località oggi vengono prodotti un Rosso di buon prestigio, ma soprattutto un Bianco armonico ed elegante, capace di invecchiare con molta disinvoltura cinque e più anni.
Negli uvaggi del Montecarlo Rosso ( D.O.C. dal 1975 ) partecipano il Sangiovese ( 50 – 75 % ), il Canaiolo Nero ( 5 – 15 % ), il Ciliegiolo, Colorino, Malvasia Nera e Syrah, da soli o congiuntamente ( 15 – 20 % ).
Il vino ottenuto ha un profumo vinoso, intenso e caratteristico, dal sapore asciutto, armonico, ben strutturato, vellutato con l’ invecchiamento.
È prodotto anche nella versione Riserva con invecchiamento minimo di 26 mesi.
Per quello che riguarda la versione più celebre, il Bianco appunto ( D.O.C. dal 1969 ), i suoi uvaggi sono costituiti dall presenza di uve Trebbiano Toscano ( 60 – 70 % ), Pinot Grigio, Pinot Bianco, Vermentino, Semillon, Sauvignon e il Roussanne, da soli o congiuntamente ( 30 – 40 % ).
Da notare in questa vinificazione, che tra i vitigni francesi come il Semillon e il Sauvignon ( celebri nella Gironda per lo Château d’ Yquem ), si trova anche il Roussanne ( vinificato in minime quantità nello Châteauneuf-du-Pape dove offre i suoi intensi aromi ), un vitigno presente in Italia esclusivamente nella zona di Montecarlo.
Il Montecarlo Bianco ha un profumo delicato, intenso, fragrante, il sapore è asciutto, armonico, pieno, con gradevole fondo amarognolo.
Il Rosso accompagna primi piatti saporiti, carni bianche e rosse e formaggi a pasta dura mediamente stagionati.
Il Bianco al momento della commercializzazione è eccellente con antipasti leggeri di crostacei e verdure, primi piatti a base di pesce, pesci in varie cotture e condimenti e verdure grigliate o ripiene.
Quando adeguatamente invecchiato, oltre agli stessi piatti di quelli più giovani, il Montecarlo Bianco è ottimo anche con carni bianche salsate, con formaggi a pasta semidura ben stagionati.
Per quello che riguarda la versione più celebre, il Bianco appunto ( D.O.C. dal 1969 ), i suoi uvaggi sono costituiti dall presenza di uve Trebbiano Toscano ( 60 – 70 % ), Pinot Grigio, Pinot Bianco, Vermentino, Semillon, Sauvignon e il Roussanne, da soli o congiuntamente ( 30 – 40 % ).
Da notare in questa vinificazione, che tra i vitigni francesi come il Semillon e il Sauvignon ( celebri nella Gironda per lo Château d’ Yquem ), si trova anche il Roussanne ( vinificato in minime quantità nello Châteauneuf-du-Pape dove offre i suoi intensi aromi ), un vitigno presente in Italia esclusivamente nella zona di Montecarlo.
Il Montecarlo Bianco ha un profumo delicato, intenso, fragrante, il sapore è asciutto, armonico, pieno, con gradevole fondo amarognolo.
Il Rosso accompagna primi piatti saporiti, carni bianche e rosse e formaggi a pasta dura mediamente stagionati.
Il Bianco al momento della commercializzazione è eccellente con antipasti leggeri di crostacei e verdure, primi piatti a base di pesce, pesci in varie cotture e condimenti e verdure grigliate o ripiene.
Quando adeguatamente invecchiato, oltre agli stessi piatti di quelli più giovani, il Montecarlo Bianco è ottimo anche con carni bianche salsate, con formaggi a pasta semidura ben stagionati.
CARATTERISTICHE DEI VINI DI MONTECARLO
GRADAZIONE ALCOLICA - Bianco 11 gradi Rosso 11,5 Rosso Riserva 12
COLORE - Bianco – giallo paglierino o giallo oro più o meno brillante
Rosso – rosso rubino tendente al granato con l’ invecchiamento
TEMPERATURA DI SERVIZIO - Bianco giovane 10 gradi Bianco invecchiato 10 – 12
Rosso 16 – 18 Rosso Riserva 18
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Per tradizione tra la vendemmia e il Natale di ogni anno, mi riferisco alla decada ‘80 e alla prima metà degli anni ’90, mio padre invitava una buona parte della nostra abbondante turma di parenti, per una cena a base di carne di maiale, funghi, castagne arrosto e vino rosso frutto della vendemmia dell’ anno anteriore.
Il povero animale era annualmente sacrificato da mio padre e lo zio Aldo, tra i mesi di ottobre e novembre.
Il 90 % veniva regolarmente congelato per l’ utilizzo familiare dei mesi seguenti, le parti destinate alla festosa cena erano le salsicce fatte al momento, il fegato e le costolette.
Per i funghi, o tartufi in qualche caso, il responsabile era mio zio Giuseppe, accanito frequentatore dei boschi umbri.
Il vino perfetto per una cena di quel tipo era appunto il rosso di mio padre e quello dello zio Aldo.
Entrambi nei loro vigneti avevano lasciato fin dalla prima impiantazione, un modesto spazio riservato a vitigni con bacca nera.
Il loro preferito era il bianco anche perché più facile da seguire durante il suo sviluppo, ma ogni anno si dilettavano alla produzione di alcune decine di litri di rosso.
Una specie di divertimento supplementare che li accomunava al momento della vinificazione e dei primissimi trattamenti, ma che li trasformava in ‘‘ agguerriti ’’ avversari durante l’ anno di affinamento e, specialmente, in quella gustosa serata dove avveniva la degustazione ufficiale alla quale partecipavano come media tra le 15 e 20 persone, tutte con una corretta e discreta preparazione gustativa.
Il definitivo pareggio tecnico magistralmente organizzato dai partecipanti neutrali ( e moralmente ‘‘ obbligatorio ’’ ), accontentava e rendeva felici entrambi i concorrenti.
Per quello che riguardava le castagne, gli addetti eravamo io e mio nipote.
Quasi tutti gli anni quindi, perlomeno con un mese di anticipo, io e Mirko ci recavamo nella nostra località preferita, Piancastagnaio, nei pressi del Monte Amiata, in piena Toscana, a un’ ora e mezza di auto dalla nostra casa.
Per chi adora quei particolari frutti di bosco, Piancastagnaio ( lo dice il nome ) è un autentico paradiso.
Ettari ed ettari coperti solamente da quelle piante, nel suolo un vero mare marrone di ‘‘ marroni ’’.
L’ unico sforzo era quello di selezionare i frutti sani e di collocarli in capienti sacchi.
Un giorno di questi fu più complicato del solito.
L’ improvviso acquazzone del giorno precedente se da una lato aveva favorito la caduta dei frutti nel suolo, dall’ altro nel terreno aveva creato una abbondante copertura di fango che disturbava e non poco la nostra raccolta e la nostra passeggiata tra i castagni.
Ma non fu una giornata con degli imprevisti riservati solamente a noi due.
Durante la raccolta e con i nostri stivali di gomma completamente sporchi di fanghiglia, si avvicinò un signore di più o meno 60 – 65 anni in chiara difficoltà.
‘‘ Ragazzi potete darmi una mano per favore ? ’’.
Era un contadino della zona che con il suo Ape, il curioso mezzo a tre ruote molto comune in Italia, stava approvigionando cibo per i suoi maiali ghiotti di castagne.
Ricordo che aveva un tuta di colore blu, ma il suo colore originale era quasi interamente coperto dalla terra bagnata, per non parlare del viso, il quale, solo a vederlo dava la sensazione che fosse appena uscito da una scena comica di un film.
Le tre piccole ruote erano state quasi completamente assorbite dal terreno e da solo non riusciva a rimuovere il mezzo.
In pochi secondi con il mio aiuto e del nipote, il problema venne risolto.
‘‘ Non so come ringraziarvi, se non incontravo voi due, forse rimanevo qui fino a stasera ! Dopo che avete terminato la vostra raccolta passate in quella casa colonica gialla chiara proprio in fondo a questo sentiero, non potete sbagliare, io e mia moglie vi aspettiamo per un caffè ’’.
Mirco rispose : ‘‘ Non ce n’ è bisogno, non si preoccupi, l’ avremmo fatto per chiunque ! ’’.
Ma il buon contadino, con quel suo spiccato e meraviglioso accento toscano, insistette così tanto che decisimo di accettare l’ invito.
Proseguimmo la nostra ‘‘ caccia ’’ alle castagne per più di un’ ora, ne avremmo colte molte di più se i nostri sacchi non fossero terminati e le ridotte dimensioni dell’ auto di Mirko ci impedirono in un maggiore immagazzinamento.
Quell’ enorme ‘‘ stock ’’ di castagne non era appena per le nostre famiglie, ci aspettava una vera e propria distribuzione, numerosi infatti erano gli amici e parenti che stavano aspettando il nostro ritorno.
Riempita l’ auto, andammo verso quella casa colonica gialla chiara, distante più o meno cinque chilometri.
‘‘ Pensavo che non sareste venuti più ! Entrate che fuori fa freddo e qui dentro c’ è un fuoco molto accogliente ’’.
Era una delle tipiche case rurali, ampia sala con pavimento cementato e mezzo ondulato, i semplici mobii erano tutti antichi e di legno, probabilmente di castagno visto l’ abbondanza della zona, nel lampadario di ferro battuto nero erano presenti alcuni punti di ruggine, le pareti erano screpolate dal tempo, nella cucina collocata in un angolo della grande sala la moglie del contadino stava preparando quel caffè promessoci.
Ci accomodammo in delle sedie rivestite di paglia che non si incontrano più, proprio davanti al grande caminetto dove un ricco fuoco scaldava benissimo tutto l’ ambiente.
‘‘ Prima del caffè vi faccio provare una mia produzione, il migliore Vin Santo di tutta la Toscana ’’.
Con quella bevanda iniziò un lungo dialogo sui vini, sul vigneto di mio padre e sulla sua mezza idea nel tentare di produrne perlomeno un poco.
Il contadino continuò : ‘‘ Secondo me dovrebbe provarci, soprattutto perchè i suoi vitigni sono quelli giusti per il Vin Santo più buono ’’.
A quel dolce e delizioso vino, evidente opera di un uomo esperto di viti e di uve, ci vennero offerti anche dei ‘‘ tarallucci ’’, dei biscotti dolci casalinghi, assolutamente perfetti come combinazione.
Gli chiesi la tecnica che lui praticava nella preparazione del suo Vin Santo.
Ne comprai una bottiglia, l’ intento era di stimolare ancor di più l’ interesse di mio padre e, perché no, anche dello zio Aldo.
Dopo il caffè salutammo la simpatica e arzilla coppia di ‘‘ campagnoli ’’ e tornammo verso casa.
A quella festa di poche settimane dopo, con un finale a sorpresa, io e Mirko raccontammo quella giornata a tutti i partecipanti, prendemmo un Panettone e quella bottiglia che avevamo nascosto fin da quella raccolta.
Sia il mio ‘‘ vecchio ’’ che lo zio in realtà sapevano molto bene come vinificare del Vin Santo, quello che gli mancava era la spinta per iniziare.
Non tardò ad arrivare visto che l’ anno successivo, entrambi ( tanto per cambiare ) decisero di prelevare una parte dei grappoli per la loro prima produzione di un nuovo vino.
Anni dopo, in una di quelle cene gustose a base di carne di maiale, funghi, castagne arrosto e vino rosso, i due ‘‘ agguerriti ’’ avversari avevano un prodotto in più da sfoggiare.
Da quell’ anno la ‘‘ degustazione di pace ’’ si duplicò : era nato il loro primo buon Vin Santo.
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Il Vin Santo è un vino che nasce con l’ utilizzo di uve lasciate appassire ; è prodotto in varie regioni italiane ma quello toscano è il più famoso al punto che lo si ritiene originario della zona circostante Firenze, presumibilmente nei secoli XI e XII.
Nell’ origine del nome ci sono due attendibili ipotesi.
La prima è che le uve, lasciate appassire qualche settimana, venivano pigiate nel giorno dei Santi, il vino veniva imbottigliato nella Settimana Santa, e spesso utilizzato nelle ritualità liturgiche.
La seconda risale da un fatto storico documentato.
La prima è che le uve, lasciate appassire qualche settimana, venivano pigiate nel giorno dei Santi, il vino veniva imbottigliato nella Settimana Santa, e spesso utilizzato nelle ritualità liturgiche.
La seconda risale da un fatto storico documentato.
Nel 1349 si svolse a Firenze un Concilio Ecumenico dove alla fine venne organizzato un banchetto durante il quale fu servito il ‘‘ Pretto ’’ ( termine locale indicante il Vin Santo e che significa puro e non annacquato ). Un dottore greco, presente al ricevimento, assaggiandolo trovò alcune somiglianze con il vino di Xantos, il vino dolce passito omonimo dell’ isola greca dove è prodotto.
I commensali sentendo pronunciare il nome dell’ isola, equivocarono con la definizione ‘‘ Santo ’’, nome che rimase fino ad oggi.
Un tempo questo vino era prodotto dai contadini per il proprio uso personale ; la tecnica strana e complessa che contraddistingue la produzione di questo vino faceva si che il prodotto ottenuto dai piccoli viticoltori locali poteva essere un vino di pregio, un passito modesto o addirittura un interessante aceto.
Oggi il sempre maggiore interesse del mercato ha coinvolto anche aziende vinicole maggiormente organizzate, riuscendo in breve tempo a collocare il Vin Santo all’ interno di numerose D.O.C. soggetto quindi ad un Disciplinare ben preciso.
I commensali sentendo pronunciare il nome dell’ isola, equivocarono con la definizione ‘‘ Santo ’’, nome che rimase fino ad oggi.
Un tempo questo vino era prodotto dai contadini per il proprio uso personale ; la tecnica strana e complessa che contraddistingue la produzione di questo vino faceva si che il prodotto ottenuto dai piccoli viticoltori locali poteva essere un vino di pregio, un passito modesto o addirittura un interessante aceto.
Oggi il sempre maggiore interesse del mercato ha coinvolto anche aziende vinicole maggiormente organizzate, riuscendo in breve tempo a collocare il Vin Santo all’ interno di numerose D.O.C. soggetto quindi ad un Disciplinare ben preciso.
In linea di massima le uve utilizzate per la produzione del Vin Santo toscano sono la Malvasia Toscana, il Grechetto Bianco e il Trebbiano Toscano.
Durante la vendemmia i grappoli migliori, esenti da qualsiasi difetto, vengono selezionati e lasciati appassire anche fino dopo Natale, in locali riparati dal sole ma non dal vento.
L’ uva appassita viene pigiata e il succo derivato viene posto in piccole botti di rovere o di castagno, alcune volte con un residuo di vino delle annate precedenti, favorendone la formazione dei lieviti.
Le botti, sigillate, vengono collocate in appositi locali denominati ‘‘ Vinsantaie ’’ posti nel sottotetto dell’ azienda vinicola.
Durante la vendemmia i grappoli migliori, esenti da qualsiasi difetto, vengono selezionati e lasciati appassire anche fino dopo Natale, in locali riparati dal sole ma non dal vento.
L’ uva appassita viene pigiata e il succo derivato viene posto in piccole botti di rovere o di castagno, alcune volte con un residuo di vino delle annate precedenti, favorendone la formazione dei lieviti.
Le botti, sigillate, vengono collocate in appositi locali denominati ‘‘ Vinsantaie ’’ posti nel sottotetto dell’ azienda vinicola.
Qui il vino subisce notevoli sbalzi termici tra il giorno e la notte, tra l’inverno e l’ estate, sbalzi che possono partire da sottozero fino a 40 gradi nei giorni estivi più caldi.
L’ invecchiamento previsto nelle Vinsantaie varia da un periodo di due, fino a sei o più anni.
Il Vin Santo nelle sue annate migliori presenta un profumo profondo, complesso, persistente, di frutta secca, il sapore può essere a seconda delle produzioni, secco, amabile o dolce, di ottima corposità e persistenza.
È un vino da meditazione, da gustare fuori pasto, ma lo si può abbinare, nelle varietà Amabile e Dolce, alla pasticceria secca.
L’ invecchiamento previsto nelle Vinsantaie varia da un periodo di due, fino a sei o più anni.
Il Vin Santo nelle sue annate migliori presenta un profumo profondo, complesso, persistente, di frutta secca, il sapore può essere a seconda delle produzioni, secco, amabile o dolce, di ottima corposità e persistenza.
È un vino da meditazione, da gustare fuori pasto, ma lo si può abbinare, nelle varietà Amabile e Dolce, alla pasticceria secca.
CARATTERISTICHE DEL VIN SANTO TOSCANO
GRADAZIONE ALCOLICA - generalmente intorno ai 15 gradi
COLORE - giallo dorato o giallo ambrato
TEMPERATURA DI SERVIZIO - Secco 12 gradi Amabile e Dolce 14